domenica 29 novembre 2020

La poesia di Umberto


                                                                                                  ph carlozanzi




Autunno

di Umberto Belardinelli



Stringimi forte,

ne ho bisogno ancora,

ora che la rondine è lontana

e la paura torna a visitarmi.

Stringimi forte,

mentre dischiude il riccio

e ha voce d'autunno il prato.

Tutto sfiorisce attorno a noi;

tutto sfiorisce, tranne le tue mani,

tranne l'amore, qui,

tra le tue braccia.


dalla raccolta 'L'albero del tempo'

sabato 28 novembre 2020

Il battesimo di Maddalena


 Felice anniversario di battesimo a mia figlia Maddalena

venerdì 27 novembre 2020

La poesia di Arnaldo

                                                                                                 ph carlozanzi



Là dove il tramonto colora di sangue la sera

e l'angelico suono vince dei demoni il coro

si rasserena il cielo

e trascolora il colle, e la pianura insieme, 

dal giallo al blu.

Quando già da tempo tace

il grido della battaglia e delle schiere.


Arnaldo Bianchi

novembre 1991


 

Carlo Meazza va a Remènch




 

Si intitola ‘Remènch-Transumanza in Lombardia’ il nuovo libro del fotografo professionista Carlo Meazza, uno dei fotografi più interessanti e sensibili del nostro territorio. Meazza, decenni di lavoro appassionato, oltre ottanta pubblicazioni al suo attivo, si è lasciato coinvolgere dal lavoro, che non conosce modernità, dei pastori lombardi, ha seguito per due anni (autunno 2017, autunno 2019) una decina di greggi, spostandosi di stagione in stagione dai monti al piano e toccando quasi tutte le province della Lombardia. Tutto inizia quarant’anni fa, quando Carlo Meazza firma un servizio sui pastori bergamaschi e lì incontra Pietro, giovane pastorello. Quel servizio piace a Pippo Baudo, che invita il fotografo a Domenica In. Molti anni dopo Meazza incontra Pietro e nasce l’idea del volume. Il fotografo varesino, come d’abitudine, non si è risparmiato: centinaia di foto, la vita condivisa con i pastori, il desiderio di capire, la gioia di trascorrere momenti preziosi nella natura, con lavoratori che perpetuano gesti antichi, essenziali. Partiamo allora dal titolo, ‘Remènch’, e ce lo spiega proprio l’autore: “Ho scelto il titolo in dialetto, nel dialetto gaì, che è il linguaggio noto ai pastori, utilizzato per non farsi capire dagli altri, proprio in segno di vicinanza alla loro vita. Andà a remènch, andare a ramengo, per i pastori non ha un significato negativo come per noi; vuol dire andare alla ricerca dei pascoli, una volta scesi dalla montagna e raggiunta la pianura.”

Ecco allora il libro, di grosso formato, edito da Pubblinova Edizioni Negri, duecento foto fra colori e bianco e nero, con introduzione di Enzo R. Laforgia e testi di Marta Morazzoni, Anna Carissoni, Giovanni Mocchi e Lucia Maggiolo. Si può ordinare presso l’editore (info@pubblinovanegri.it) ed è in vendita ad un prezzo davvero interessante, 39 euro. E’ possibile trovare ‘Remènch’ anche nelle librerie del nostro territorio.  

 

giovedì 26 novembre 2020

lunedì 23 novembre 2020

Una messa per Fabio


 Giovedì 26 novembre, ore 18, nella chiesa parrocchiale di Biumo Inferiore, verrà celebrata una Messa per Fabio Aletti, nel giorno del suo compleanno. 

George


 

«Nell'insieme non avrebbe proprio importanza se non avessimo mai fatto dischi o cantato una canzone. Non è importante quello. Quando muori avrai bisogno di una guida spirituale e di una conoscenza interiore che vada oltre i confini del mondo fisico. Con queste premesse direi che non ha molta importanza se sei il re di un paese, il sultano del Brunei o uno dei favolosi Beatles; conta quello che hai dentro. Alcune delle migliori canzoni che conosco sono quelle che non ho scritto ancora, e non ha neppure importanza se non le scriverò mai perché sono un niente se paragonate al grande quadro.»

George Harrison

domenica 22 novembre 2020

Auguri, Caterina


 Felice compleanno a mia figlia Caterina

L'albero del tempo

L’ALBERO DEL TEMPO

 

Umberto Belardinelli, poeta, autore della raccolta ‘L’albero del tempo’ (Scriptores edizioni), uscita nel novembre 2020, è una bella sorpresa nel panorama poetico letterario varesino. Non più giovanissimo, classe 1956, siciliano di nascita, varesino d’adozione, Belardinelli ha sempre scritto ma, riservato e umile qual è, non ha mai pensato di andare oltre la soglia della condivisione con pochi amici. E neppure il podio nel concorso di poesie Ozanam, anni addietro, lo ha convinto della qualità delle sue strofe. Poi, complice forse il bisogno di comunicare, la paura della solitudine, l’autore è uscito dall’anonimato pubblicando ‘La luce duplice del bene’, una silloge per santa Faustina Kovalska. Ed ora ecco ‘L’albero del tempo’: lasciamo che sia l’autore ad introdurci nella sua poetica, riproponendo qui la prefazione alla silloge:

“In questa raccolta di poesie che attraversano un lungo periodo della mia vita, ho immaginato di aver vissuto ogni stagione come un albero. Una sorta di uomo-albero radicato nella terra e con i rami protesi verso il cielo, ovvero il desiderio di poter toccare la volta celeste tessuta nel suo mistero, ma trattenuto dalle sue radici germogliate nella terra madre. In pratica, la curiosità naturale dell’uomo verso lo sconosciuto, verso il mistero racchiuso dalle distanze.

Ho ricordato e diviso in periodi questo mio tempo che voglio raccontare in versi, analizzando sentimenti, pensieri e stati d’animo comuni ad ogni anima terrena. Sembra quasi inevitabile giungere a questa analisi in età non più giovanissima, ma i frutti si assaporano di più quando raggiungono la giusta maturazione. Ciò che cambia in noi attraverso gli anni è la riflessione sul ricordo, poiché questo diviene preda di nostalgie, dispiaceri, ma anche di gioie e scelte che non avrei cambiato, neppure con la saggezza dell’oggi.

Questi anni sono trascorsi velocemente; anche se la sua misura non cambia, il tempo ci appare più rapido quando lo ricordiamo.

‘Dovevamo saperlo che l’amore brucia la vita e fa volare il tempo.’ Questi versi di Vincenzo Cardarelli fanno riflettere ed accendono ansie remote, ma ci lasciano incolpevoli di fronte al passato divenuto evento, anche se è soltanto in noi la causa che lo precede.”

Preceduto da una ricca introduzione del professor Vincenzo Capodiferro, la raccolta è divisa in sette capitoli: l’amore (sentimentale, affettivo, spirituale), il duplice volto della realtà (bene-male, gioia-dolore), città e paesaggi della memoria, il senso della vita e il nostro ruolo nell’universo, la perdita delle persone care, pensieri sparsi e la fede in Dio. Il volume si conclude con la biografia dell’autore, redatta da Gianfranco Galante.

La poesia di Belardinelli non ama la rima, la definirei ‘classica’, ricca di termini ricercati, colta, essenziale. Altre volte è ‘semplice’ e profonda, come in Autunno: Stringimi forte,/ne ho bisogno ancora,/ora che la rondine è lontana/e la paura torna a visitarmi./Stringimi forte,/mentre dischiude il riccio/e ha voce d’autunno il prato./Tutto sfiorisce attorno a noi;/tutto sfiorisce, tranne le tue mani,/tranne l’amore, qui,/tra le tue braccia.

Molto presente è la tematica religiosa. Belardinelli, anche in seguito a vicende dolorose negli ultimi anni, ha affinato la sua fede in Dio, risposta al bisogno di salvezza, di eternità.

E’ possibile acquistare il libro presso la cartolibreria GianPi di via Montebello 3 a Casbeno, Varese, oppure rivolgersi direttamente all’autore (u.belardinelli@alice.it)

 

 

giovedì 19 novembre 2020

Proroga scadenza Poeta bosino

  

POETA BOSINO 2020

 

Torna, organizzato dalla Famiglia Bosina, il concorso per poesie dialettali ‘Poeta Bosino’. Torna nonostante il Coronavirus e le difficoltà del momento, nella speranza di raccogliere abbondanti adesioni fra i rimatori varesini che amano il nostro bel dialetto. Si può partecipare senza tassa di iscrizione, con una o due poesie in dialetto bosino, da inviare (insieme alla traduzione in italiano) entro le ore 19 del 20 dicembre 2020 alla Libreria Antiquaria Canesi di via Walder 39, a Varese. Se fosse chiusa, lasciare il plico nella cassetta delle lettere. Attenzione al regolamento, per evitare di essere esclusi in partenza. La poesia deve essere anonima, non premiata in altri concorsi né pubblicata. Deve recare in calce un motto o pseudonimo. Quindi le 6 copie della poesia in dialetto (più le sei copie della traduzione in italiano) vanno inserite in una busta grande, da consegnare alla Libreria con la scritta Concorso Poeta Bosino 2019. In una busta piccola bisogna inserire un altro foglio con il motto scelto e i dati anagrafici, nome cognome, via, telefono….La busta piccola va nella busta grande e si chiude il tutto. In via del tutto eccezionale, causa virus, è possibile inviare le poesie anche via email, all’indirizzo segreteria@famigliabosina.it. In tal caso il formato deve essere in pdf e oltre alle poesie (massimo due) bisogna inviare anche scansione del foglio con nome, cognome, motto…

La premiazione dei primi tre con la proclamazione del Poeta Bosino avverrà durante la Festa du ra Giobia, ultimo giovedì di gennaio 2021. Ma attenzione: questo non è sicuro, sempre per via del virus. Se non fosse possibile organizzare la tradizionale cena con premiazione, la Famiglia Bosina troverà un’altra modalità.

Partecipate numerosi!!!!!

mercoledì 18 novembre 2020

Cicatrici


                                                                                                      ph carlozanzi



Vogliamo forse raggiungere l'altra sponda senza cicatrici? Il nostro corpo deve testimoniare che abbiamo vissuto.

martedì 17 novembre 2020

Auguri Carlo


 Felice compleanno al mio amico ed ex collega Carlo Pirani, maestro di tennis, uno fra i migliori over settanta al mondo!

Auguri, Gabriella


                                                            ph attilio aletti


Felice compleanno a Gabriella.

lunedì 16 novembre 2020

Gioia e frattura


 Stamani, verso le 10, sono salito in bici al Campo dei Fiori. Non ci andavo da sei mesi. Una grande gioia (foto). Dieci minuti dopo la foto, in discesa, sono caduto. Andavo a dieci all'ora. Eppure mi sono rotto la clavicola: frattura composta, per fortuna 

Questa è la vita: gioia e frattura.

venerdì 13 novembre 2020

Il commissario e la badante



 

Può un vecchio ex commissario della Polizia Cantonale ticinese (Giorgio Robbiani) accettare i consigli della sua badante, una giovane donna tunisina, musulmana (Zaynab Ammar), farsi aiutare nella soluzione di piccoli e grandi casi che, per caso, si trova a dover affrontare, sebbene in età della pensione? Possono due culture così diverse capirsi, collaborare, superare pregiudizi, soprattutto quelli regalati dalla rigidità della vecchiaia? Per scoprirlo bisogna leggere gli ottantacinque brevi racconti che Andrea Fazioli, svizzero con profondi legami varesini, ci regala nella raccolta ‘Il commissario e la badante’ (Guanda – euro 16.50).

Non è la prima volta che Fazioli, classe 1978, primo vincitore del Premio Chiara giovani, presidente della giuria del Premio Chiara per inediti, affronta la sfida impegnativa del racconto breve, anche se il giovane scrittore ticinese è conosciuto soprattutto per i romanzi gialli e per le gesta dell’ispettore privato Elia Contini: ‘Come rapinare una banca svizzera’, ‘Gli svizzeri muoiono felici’…tanto per citarne un paio. Ora ci riprova.

Si legge nel risvolto di copertina: ‘…Robbiani, ancora addolorato per la scomparsa della moglie, spesso viene contattato per piccoli problemi, furti, sparizioni, litigi, visto il suo fiuto da poliziotto affinato dall’esperienza. Zaynab, giovane donna segnata dalla fatica e dalla solitudine dopo la morte del marito nel Centro per richiedenti asilo di Chiasso, con la sua vivace intelligenza si rivela un’ottima assistente per le microindagini del commissario. Non potrebbero essere più diversi, eppure si completano a vicenda, anzi, sono la prova che solo la conoscenza reciproca consente uno sguardo adeguato sulla complessità del mondo…’

I libri di Fazioli, scrittore prolifico, sono tradotti in varie lingue e hanno vinto premi importanti. Andrea gestisce il blog andreafazioli.ch/blog.

Torna Jurenito con For Free



 

Torna Jurenito con For Free

 

E dopo Forty, 41 e Tea for Two, Jurenito tiene il ritmo di un disco all’anno uscendo, in questo 2020, con For Free. E partiamo dal titolo, che scherza sull’età del poliedrico cantautore cremasco (43 anni) e il senso del nuovo album, For Free cioè gratuitamente. E infatti è possibile ascoltare i quattro brani del nuovo cd senza spendere un euro, cliccando https://jurenito.bandcamp.com/album/for-free oppure visitando la pagina facebook di Jurenito. Quattro brani, a partire da Cross-country (An Opening), un pezzo campestre che deve molto al recente amore dell’autore per il country. Insistente il suono del banjo, un dolce brano che è un inno alla capacità di accettare il quotidiano (“Tuttavia, dopo tutto, non ho mai sperato di poter avere una vita come questa…”) e insieme la constatazione della bellezza del cambiamento (“Ho pensato che grazie a te la mia vita è cambiata così tanto, e poi è cambiata ancora ed ogni giorno continua a cambiare…”). E’ il pezzo che preferisco. Pizzica corde a me care anche la seconda canzone, quella che dà il titolo all’album: For Free, gratuitamente: “Perché gratuite sono tutte le cose migliori, fatta eccezione per scarpe, cappello, abiti e questa chitarra. Il resto è gratuito….”

Nel terzo pezzo,  ‘Let the music be your guide’ (Lascia che la musica sia la tua guida) torna Jurenito prima maniera, più rock, più ermetico, più duro da masticare: “Ci sarà sempre una linea di demarcazione e la musica è la guida. Altre linee guida sono eccellenti stronzate…” E’ l’ammissione, quindi, della dipendenza dalla musica che fa di Jurenito un musicista passionale, totale. Il Finale è solo musica e poche parole conclusive: “…Dunque, avrei soltanto voluto starmene sdraiato con mia moglie, la mia piccola figlia che saltella qua e là e ascoltare la musica di Ry Cooder per il resto della mia vita…” 

Abbiamo infine una diversa versione dei quattro brani, più familiare, acustica (A short film, For Free), e un video che si può trovare sulla pagina fb del cantante.

Il nuovo lavoro di Jurenito è nato nell’estate del 2019 in centro e sud Italia, è stato mixato fra l’inverno e la primavera del 2020 in Arata Recording House e masterizzato nel maggio 2020, in piena pandemia, da Peter Bassi. Le parole, in inglese, sono di Jurenito, Valentina Zanzi e Rebecca Zoe Bellodi. Musica di Jurenito, che ci mette anche la voce e una vasta gamma di strumenti. Foto e grafica di v.

Per ammissione del songwriter di Crema, il disco risente della presenza di autori quali Ry Cooder, Julia Cowans, David Crosby, Kris Kristofferson, Gene Parsons, The Pink Floyd.

Si legge in presentazione: “Questo è un download gratuito e permette di scaricare l’album nella sua interezza. Se vi sentite in colpa perché ‘la musica va pagata’ o cose simili, comprate uno degli album precedenti. Grazie di cuore. Jurenito.”

 

giovedì 12 novembre 2020

Calma e pazienza


 Stamani ero al supermercato. Un imprevisto mi ha messo in coda, in attesa. Benché sia in pensione, non abbia quasi nulla da fare, abbia tempo in avanzo e serenità interiore, mi sono innervosito. Ero impaziente: e perché mai? Nessun impegno urgente mi attendeva. Nessuna occupazione lavorativa. Nessun grana da risolvere. Perché i miei fratelli di coda erano diventati nemici? Perché la commessa tardava nel suo operare? 

Non si è mai vecchi abbastanza per adagiarsi nella saggezza, che predica calma e pazienza. 

Non ha fretta l'acqua, che scava lentamente la roccia. 

mercoledì 11 novembre 2020

Marco, 5 anni dopo - 41


 

Commiato

 

Tutto finisce. Speriamo non la vita di Mock e non la nostra. Speriamo nell’Eternità. Faccio mia la speranza grande di mio fratello Marco.

Come concludere questa storia? Ieri sera, domenica 28 febbraio 2016, gli Amici di Mock hanno onorato la memoria del loro compagno di avventura, in un caso anche del proprio padre, con un concerto alla Vecchia Varese. C’ero, avvolto più dalla malinconia che dalla gioia, più da un senso di ingiusta mancanza che da una confortante visione di paradisi e di musica che ancora suona lassù. C’ero e cercavo di fare mio l’entusiasmo (almeno apparente) di Cecilia, di Stefano, di Franco, di Annina, la loro voglia di volare. Guardavo le magliette Time to fly again che indossavano i camerieri, mi commuovevo al pensiero della sua dedizione, della sua lotta, del suo sorriso contenuto, frenato dalla consapevolezza del limite.

Mock non se ne va. Anche a volerlo scacciare -perché bisogna pur vivere, e certe lontananze non facilitano- lui resiste. Stamani era con me, come tutti i giorni, qui nella fredda palestra della mia scuola, alle sette e trenta del pesante lunedì mattina, era nella sua musica di ‘Compasses and Maps’, a tenere il ritmo dei miei tiri a canestro. C’è la sera, nel mio letto, quando insieme al rosario stringo il suo PeeBee, c’è ogni volta che non volo (cioè sempre) e lui mi richiama, lo ritrovo quando ho paura di morire e lui mi dice che non solo lo si deve fare, non c’è alternativa, ma che lo si può fare bene, con dignità, con classe, persino con attimi di soddisfazione e di stupore. E’ vento nella mia apatia, è talento nella mia mediocrità, è limite che conforta il mio limite, è fratellanza che popola di gradimento la solitudine. Semplicemente, è mio fratello che se ne è andato troppo presto, recidendo legami forti. Strappi che fanno male.

Si inventano frasi carine in questi casi, ci si impegnano anche personaggi illustri, come Sant’Agostino, con la frase cult dei funerali: “Non ti chiedo perché me l’hai tolto, ma ti ringrazio perché me l’hai donato.” No, niente affatto, io ancora mi chiedo perché ci debbano essere certe ingiustizie. Poi mi calmo, perché Marco mi riprenderebbe: “A cosa è servito il mio esempio, caro fratello mio, se la tua fede non ne ha tratto giovamento?” E allora rifletto, prego, chiedo scusa e vado avanti.  

Si chiudono queste pagine. Non mi illudevo di riuscire a portarvi Marco nella sua completezza. Ho lasciato tracce scritte della sua fragile bellezza. Scrivendolo ci siamo fatti compagnia, abbiamo anche pianto insieme, sorriso, suonato e cantato. Ora abbraccio Mock, nella speranza che mi dica: “Bravo Carlo, hai fatto un buon lavoro.”  


41-fine  

    

 

 

La Lombardia di Meazza



 

La Lombardia di Meazza

 

Puntuale, nel mese di novembre, arriva in libreria il Calendario Meazza, una tradizione consolidata e attesa dai molti estimatori del fotografo varesino. Carlo Meazza quest’anno ha voluto rendere omaggio alla sua regione, la Lombardia. ‘Cara Lombardia’ è infatti il titolo del Calendario Meazza 2021, che si può trovare nelle librerie varesine oppure prendendo contatto con l’autore (meazzacarlofoto@gmail.com).

“Carlo Meazza, varesino, classe 1945, è fotografo di luoghi” scrive nell’introduzione Enzo R. Laforgia. “Benché la sua professione lo abbia portato in giro per il mondo, dall’India al Sudamerica, dall’Africa al Tibet, è sempre restato fortemente radicato nella sua terra, la Lombardia…”

Ecco allora le province lombarde, monumenti e paesaggi, con almeno due immagini che meritano da sole l’acquisto del Calendario: un tramonto sul Monte Rosa e una luna adagiata sulla croce del campanile della Madonna del Monte. Conclude La Forgia: “…I calendari, per definizione, ci proiettano verso il futuro…ma le immagini, in questo caso, ci spingono a guardare indietro, perché necessariamente sono state realizzate in un tempo che è già stato. Questo dialogo, mese per mese, tra passato e futuro ha il sapore oggi di un invito e apre le porte alla speranza…” E abbiamo bisogno di speranza in questo tempo di covid, che sta flagellando l’Italia, il mondo e che pare incattivirsi proprio nelle terre lombarde.

martedì 10 novembre 2020

Marco, 5 anni dopo - 40


 

Dolore assoluto

 

Non ho mai provato il dolore assoluto;

l’ho visto, lo vedo. Oggi, piegato

imploro dall’Alto tutto l’aiuto

che, sordomuto, il Cielo ha negato.

 

Solo di striscio il dolore potente,

oggi il mio oro non vale più niente.

Non posso scacciarlo per dirmi felice,

non posso evitarlo, è dentro, più atroce

 

di un taglio profondo, del buio più fondo;

s’incolla e non molla, con presa tenace.

 

Il bello ha smarrito diritto di casa,

il riso non trova le labbra, non osa;

il tempo conduce a quell’unica attesa,

scordare il dolore è ignobile offesa.

 

3 gennaio 2015

 

 

Erba gramigna

 

La vita, erba gramigna, infesta il lutto,

succhia vorace l’humus del ricordo,

soffoca la memoria benedetta,

smorza il volume alla parola amata.

 

Trascorsa ‘la prima notte di pace’,

notte –poeta Goethe- senza sogni,

la vita prepotente picchia i pugni,

blatera: “Ciò che è stato è del passato.”

 

La vita, erba gramigna, invade il campo,

strappo quest’intrusione, non ho fretta,

se la sopravvivenza non cancella

sosto con lui, fraternamente assente.

 

18 agosto 2015

 

 

 

Invasione

 

La mia tristezza striscia come lava,

non brucia, avanza cupa nel silenzio

oggi che la mia tana è stata invasa,

il mio spazio di quiete, il mio rifugio.

 

Dal buco della chiave è penetrata

un’ombra nera, che sale sopra il muro.

Non basta il sole, non regge la preghiera

se al centro soffre una felicità negata.

 

29 agosto 2015

 

 

 

Io che mi aggrappo

 

Io, che mi aggrappo

ad ogni corpo vivo

non ho più il tuo,

braccia vuote nell’aria,

 

e la preghiera per te

suona stonata.

Come fiamma nel buio

ti invento ora per ora.

 

Io, sigillato

contro un corpo caldo

tremo nel freddo,

labbra di ghiaccio

sulla fronte di marmo.

 

Io, che non vivo

senza un corpo nudo

sono nudo di te,

presente e assente.

 

26 settembre 2015

 

 

 

 

 

Nessuno sa i pensieri di chi muore

 

Nessuno sa i pensieri di chi muore,

mistero nel mistero del mistero.

Oltre gli occhi sbarrati e il fiato corto,

disperazione, silenzio o la pazienza,

 

amaro e secco pane quotidiano

di chi, tradito dal suo corpo avaro,

su un letto attende che tutto sia compiuto.

 

Immagina i pensieri di chi muore

ma non oltrepassare quella soglia

perché non sapresti più morire,

arte d’eroi, di santi, arte di folli.

 

Nessuno sa i pensieri di chi muore,

protetti da un silenzio che è già eterno.

 

10 agosto 2015

 

 

 

 

 

Utumana

 

‘Rivi a cà, gh’è nissün su l’utumàna;

büti là ul me paltò e la strachèza.

Sa sent dumà la tele di visìn,

buià da can, ‘na machina, ul me fiàa.

 

Vardi su l’utumàna, te ghe sètt,

la vöia da vidètt t’ha purtà in cà,

la vöia da sentìtt t’ha metüü lì,

giùina, bela, düü öcc dumà par mi.

 

“Pödi vegnì lì in brasc? Pödi basàtt?

G’ho frècc, g’ho i òss giazà e ‘na tristèza.”

Te fe cito, i tò brasc slüngà par mi,

ma seti giò, g’ho vöia da capì

 

perché te me lassà sul püssée bèll,

düü neudìtt da specià, lì, a pochi dì.

G’ho da savè perché sunt grand e gròss

ma vöri turnà fiö, vöri sta chi,

 

ul cò tacà al tò mòrbid, al prufüm.

“Petènam i cavèj cunt i tò man,

cünta sü ‘na quài storia, fàmm sugnà,

fàmm mia pensà, l’è méi dimenticà…

 

Pütòs, e lü indùa l’è? L’è no cun ti?

Perché te set vegnüvu dumà ti?

Gh’è post par trìi, stasìra, l’utumàna

l’è granda assée, ma strèngi, piscinìn.

 

 

Dimm mia ca te se no indùa l’è ‘naj,

famm crèed che lü al ghè anmò, cumpàgn da ti.

Ma piang ul cöör, ma manca ‘l fiàa, stasìra

riesi mia a supurtà sta vita grama.

 

M’han strepà via la màma e ‘l me fredèll,

g’ho dèntar ul magùn e la buriàna.”

 

“Al sona anmò, carö, l’è inséma a mi.”

 

Sènti la müsica, adèss, su l’utumàna.

 

 

 

 

 

 

Ottomana

 

Arrivo a casa, non c’è nessuno sull’ottomana;

butto là il mio cappotto e la mia stanchezza.

Si sente solo la televisione dei vicini,

abbaiare di cani, un’automobile, il mio fiato.

 

Guardo sull’ottomana, ci sei,

il desiderio di vederti ti ha portato in casa,

la voglia di sentirti ti ha messo lì,

giovane, bella, due occhi solo per me.

 

“Posso venire lì in braccio? Posso baciarti?

Ho freddo, ho le ossa gelate e una tristezza.”

Non parli, le tue braccia allungate per me,

mi siedo, desidero capire

 

perché mi hai lasciato sul più bello,

due nipotini da aspettare, lì, a pochi giorni.

Devo sapere perché sono grande e grosso

ma desidero tornare bambino, voglio stare qui,

 

la testa appoggiata al tuo morbido, al profumo.

“Pettinami i capelli con le tue mani,

raccontami qualche storia, fammi sognare,

non farmi pensare, è meglio dimenticare…

 

Piuttosto, e lui dov’è? Non è con te?

Perché sei venuta da sola?

C’è posto per tre, stasera, l’ottomana

è grande abbastanza, mi stringo, piccolino.

 

Non dirmi che non sai dove è andato,

fammi credere che c’è ancora, come te.

Mi piange il cuore, mi manca il fiato, stasera

non riesco a sopportare questa vita grama.

 

Mi hanno strappato via la mamma e mio fratello,

ho dentro il magone  e la tempesta.”

 

“Suona ancora, figlio, è insieme a me.”

 

Sento la musica, adesso, sull’ottomana.


40-continua