martedì 2 gennaio 2018
Categorie
Leggendo il libro che Marco Antonetti ha dedicato al figlio Luca, morto a soli 26 anni, ho pensato che ci si può dividere in svariate categorie (ricchi e poveri, magri e grassi, alti e bassi eccetera), e una di queste separa chi ha subìto un lutto estremo (come la perdita di un figlio) e chi no, chi ha una ferita insanabile, un pianto dentro che non si arresta, una cicatrice che comunque sanguina, e chi invece può solo immagine un simile dolore, ma sarà sempre lontano, lontanissimo dal reale. Questo secondo gruppo (che continuo a considerare più fortunato rispetto al primo) è a sua volta diviso in chi proprio non ci pensa che potrebbe capitare a lui (e questo sono i più sereni) e chi invece ci pensa più o meno continuamente (e questi non se la passano benissimo) ma anche costoro non possono vivere 'carnalmente' la sofferenza di chi invece è segnato da questo destino. L'evento paradossale è che gli appartenenti alla seconda categoria spesso si lamentano, si lagnano per i risibili disservizi della vita.
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