mercoledì 20 febbraio 2019
Umberto e Matteo
ph carlozanzi
Umberto Bossi, classe 1941, fondatore della Lega Nord, uomo politico a suo modo innovativo, sta male ma pare non più in pericolo di vita. Pensando a lui mi è venuto il confronto con Matteo Salvini, leader attuale della Lega, uomo politico che ha fatto 'innamorare' la maggior parte degli italiani, soprattutto chi bramava la pensione.
Una sola volta ho avuto modo di avvicinarmi a Bossi e di parlare con lui. Era il 1994, era appena uscito il libro che ho scritto su Roberto Bobo Maroni, andammo in un gruppo a bere un caffè allo Zamberletti di corso Matteotti, lì regali il libro al senatur che mi guardò di traverso, disse qualche parola roca e mi snobbò totalmente. Maroni mi aveva detto che Umberto non aveva preso bene quel libro su di lui: era Bossi il capo, e nessuno poteva permettersi di metterne in dubbio l'egemonia. A quel tempo Bossi era inavvicinabile, non riuscii nemmeno ad intervistarlo per il libro. Nel 2004 Bossi rischiò di andarsene definitivamente, a soli 63 anni. Lo salvarono prendendolo per i capelli, restò segnato a vita da quell'ictus, fu l'inizio della sua fine politica. In una delle sue prime interviste dopo la malattia, ebbe a dire che negli anni precedenti era andato come una macchina, nessuno lo fermava, dormiva pochissimo, viaggiava tantissimo, si sentiva eterno, indistruttibile, potente e salvatore della Patria (non usò precisamente questi termini ma tale era in concetto). La malattia lo sorprese. Lo fotografai il 29 settembre del 2008, giorno dei Mondiali di ciclismo a Varese (vedi foto). Naturalmente aveva ripreso a fumare.
Mi pare che Salvini stia seguendo la stessa strada di Bossi. Fossi suo padre, lo inviterei a darsi una calmata.
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