Ogni volta che termino una corsetta o un giro in bici o una camminata
ringrazio (non so bene chi) per il dono di questo movimento, ancora possibile
alla mia età. Muovermi mi fa star bene. Ci sono miei coetanei (e amici anche
più giovani) che non praticano più attività motoria perché non riescono ad
ottenere i risultati di un tempo: piuttosto che accettare il peggioramento (del
tutto fisiologico) preferiscono rinunciare. Li capisco ma insieme non li
capisco e li invito a ravvedersi. Accettare il decadimento non è facile ma è
essenziale. Non abbiamo alternative. Fra i miei molti limiti almeno non ho
questo. Mi accontento e godo: ‘così così’ direbbe Ligabue. Ma sono convinto che
anche il noto cantante (più giovane di me) sia già nella fase di accettazione,
un cammino inevitabile. Si gioca al ribasso, si valorizza ciò che rimane, si
indora la pillola, ci si adatta a fare altro, si chiude un occhio (a volte
anche due, cercando di non andare a sbattere), ci si sopporta, non si invidia considerando
il molto che ci resta e il poco che magari altri devono accettare. E così il
tempo scorre abbastanza sereno. Lo scrittore Andrea Camilleri si stupiva di
come alcuni vecchi si sorprendessero dei loro acciacchi, come a dire: pensavano
forse di arrivare intatti alla meta? E lui era praticamente cieco.
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