ph carlozanzi
unomaggio
di carlozanzi
Profumo e candore di un attimo,
il tempo s'accorge e si disseta.
Il bianco ingiallisce, il profumo svanisce,
quattro occhi bugiardi ignorano il poi.
martedì 30 aprile 2019
lunedì 29 aprile 2019
Mendicare
ph carlozanzi
Osservavo, in questa ultima mattina d'aprile -quando i colori sembrano irreali, il mondo irreale- i fiori di corniolo. A fine estate cadranno i frutti, piccole bacche rosse; oggi le sottostimiamo per il sapore acidulo ma un tempo erano sfruttate per succhi di frutta, marmellate...Più che osservare contemplavo. Mi è tornato alla mente il cardinale Carlo Maria Martini, che diceva così della vita: prima si impara, poi si insegna, poi si contempla, infine si mendica. Mendica, cioè quando il corpo è nemico e doloroso e si è costretti a mendicare una presenza che ti aiuti, anche nel semplice sopravvivere. E questo è altro dolore che si aggiunge. Credo di essere nella terza fase, la contemplazione, in ciò aiutato dal mio stato di pensionato. Non solo azione ma anche contemplazione. Soprattutto contemplazione.
Osservavo, in questa ultima mattina d'aprile -quando i colori sembrano irreali, il mondo irreale- i fiori di corniolo. A fine estate cadranno i frutti, piccole bacche rosse; oggi le sottostimiamo per il sapore acidulo ma un tempo erano sfruttate per succhi di frutta, marmellate...Più che osservare contemplavo. Mi è tornato alla mente il cardinale Carlo Maria Martini, che diceva così della vita: prima si impara, poi si insegna, poi si contempla, infine si mendica. Mendica, cioè quando il corpo è nemico e doloroso e si è costretti a mendicare una presenza che ti aiuti, anche nel semplice sopravvivere. E questo è altro dolore che si aggiunge. Credo di essere nella terza fase, la contemplazione, in ciò aiutato dal mio stato di pensionato. Non solo azione ma anche contemplazione. Soprattutto contemplazione.
Il grande Fausto
ph cristina dei poli
Il 16 aprile scorso il Panathlon Club Varese ha organizzato un incontro, per ricordare il grande Fausto Coppi, a 100 anni dalla sua nascita. Grazie all'esperto Sergio Gianoli e al presidente del Panathlon, Enrico Stocchetti, sono stati invitati Faustino Coppi (figlio del campionissimo), Beppe Conti (voce ben nota ai telespettatori), Gianni Bugno e Mauro Vegni (direttore del Giro d'Italia, della Milano-San Remo e del Giro di Lombardia). Con loro anche i varesini (in foto a sinistra) Maurizio Gandini e Amedeo Colombo, alias Mister Shimano. Chissà se in tale occasione Enrico Stocchetti ha ricordato il padre Sandro, che ho conosciuto e che ricordo sempre con piacere, perché Sandro ricevette in dono, subito dopo la guerra, una bici proprio da Fausto Coppi, che ancora riposa nel garage Stocchetti.
Il 16 aprile scorso il Panathlon Club Varese ha organizzato un incontro, per ricordare il grande Fausto Coppi, a 100 anni dalla sua nascita. Grazie all'esperto Sergio Gianoli e al presidente del Panathlon, Enrico Stocchetti, sono stati invitati Faustino Coppi (figlio del campionissimo), Beppe Conti (voce ben nota ai telespettatori), Gianni Bugno e Mauro Vegni (direttore del Giro d'Italia, della Milano-San Remo e del Giro di Lombardia). Con loro anche i varesini (in foto a sinistra) Maurizio Gandini e Amedeo Colombo, alias Mister Shimano. Chissà se in tale occasione Enrico Stocchetti ha ricordato il padre Sandro, che ho conosciuto e che ricordo sempre con piacere, perché Sandro ricevette in dono, subito dopo la guerra, una bici proprio da Fausto Coppi, che ancora riposa nel garage Stocchetti.
Onda
ph carlozanzi
Onda
di carlozanzi
Il corpo quieto oggi m'asseconda,
disteso lascio voce alla mia onda
che canta del passato e del presente.
La pace è dentro me, non chiedo niente.
30 aprile 2019
Onda
di carlozanzi
Il corpo quieto oggi m'asseconda,
disteso lascio voce alla mia onda
che canta del passato e del presente.
La pace è dentro me, non chiedo niente.
30 aprile 2019
domenica 28 aprile 2019
Avra
ph carlozanzi
La differenza fra un bravo giocatore, un giocatore professionista, e un atleta di livello ancora superiore sta nella continuità di rendimento ma soprattutto nella capacità di dare il meglio, di esaltarsi, di esplodere quando gli altri se la fanno sotto.
Questo è Aleksa Avramovic.
La differenza fra un bravo giocatore, un giocatore professionista, e un atleta di livello ancora superiore sta nella continuità di rendimento ma soprattutto nella capacità di dare il meglio, di esaltarsi, di esplodere quando gli altri se la fanno sotto.
Questo è Aleksa Avramovic.
OJM Varese-Pesaro: 81-75
ph carlozanzi
Pesaro doveva vincere per sperare di restare in A, Varese doveva vincere per sperare nei play-off: c'è sempre un'ottima ragione che giustifica la vittoria. Pesaro si è rinforzata proprio per non annegare, noi siamo al completo ma perdiamo Archie alla fine del primo quarto: e non è una bella notizia. Si sapeva che sarebbe stata una partita tirata, in questo campionato l'equilibrio è alto e anche la penultima in classifica può far male. E lo fa, soprattutto nel primo quarto, quando il vantaggio dei marchigiani è un +8 (9-17). Danno limitato alla fine del quarto: 19-22. Avramovic è marcato a vista, non ha spazio, è braccato. Il secondo quarto vede la nostra resurrezione: Pesaro comincia a sbagliare, noi serriamo le maglie in difesa e con un parziale di 17-2 (propiziato soprattutto da Cain e da Avra, i soliti due) ci portiamo su un 38-30 che fa ben sperare. Ma il terzo quarto per noi è sofferenza pura, soprattutto in attacco, con 6 palle perse (dicasi 6), mentre dall'altra parte i rossi scaldano la mano dalla lunga distanza, soprattutto con Blackmon e Lyons, mentre il lungo Mockevicius fa il prepotente sotto i canestri. Insomma, finisce il terzo quarto con Pesaro avanti: 57-58. E si trema. 57-61: Pesaro scappa? Niente affatto, una tripla di Ferrero ci fa respirare. Ma l'equilibrio regna, ogni azione è pesante, Avra trova spazi di libertà, ci portiamo un po' avanti (70-62) e incredibilmente Caja toglie Avra, il migliore in campo in un momento delicato. Infatti Pesaro torna sotto (70-69), Avra torna subito in campo, giusto in tempo (dopo 2 punti di capitan Ferrero) per iniziare il suo personalissimo e attesissimo show: due punti con un'entrata fulminea, quindi due triple di fila da distanza siderale (la seconda non netta, la palla ballonzola sul ferro ma infine entra) e Pesaro affonda nel 'mare' varesino. Finisce: 81-75. Caja guarda in alto, verso l'Olimpo dei play-off: c'è speranza.
Varese, non precisa da fuori, non si perde d'animo di fronte a avversari mai domi, in difesa non molla un centimetro, Pesaro è battuta soprattutto ai rimbalzi, perde anche a causa di percentuali bassissime dai liberi ma è arrivata a un passo dalla vittoria. Che però questa volta tocca alla OJM.
Forza Varese!
Pesaro doveva vincere per sperare di restare in A, Varese doveva vincere per sperare nei play-off: c'è sempre un'ottima ragione che giustifica la vittoria. Pesaro si è rinforzata proprio per non annegare, noi siamo al completo ma perdiamo Archie alla fine del primo quarto: e non è una bella notizia. Si sapeva che sarebbe stata una partita tirata, in questo campionato l'equilibrio è alto e anche la penultima in classifica può far male. E lo fa, soprattutto nel primo quarto, quando il vantaggio dei marchigiani è un +8 (9-17). Danno limitato alla fine del quarto: 19-22. Avramovic è marcato a vista, non ha spazio, è braccato. Il secondo quarto vede la nostra resurrezione: Pesaro comincia a sbagliare, noi serriamo le maglie in difesa e con un parziale di 17-2 (propiziato soprattutto da Cain e da Avra, i soliti due) ci portiamo su un 38-30 che fa ben sperare. Ma il terzo quarto per noi è sofferenza pura, soprattutto in attacco, con 6 palle perse (dicasi 6), mentre dall'altra parte i rossi scaldano la mano dalla lunga distanza, soprattutto con Blackmon e Lyons, mentre il lungo Mockevicius fa il prepotente sotto i canestri. Insomma, finisce il terzo quarto con Pesaro avanti: 57-58. E si trema. 57-61: Pesaro scappa? Niente affatto, una tripla di Ferrero ci fa respirare. Ma l'equilibrio regna, ogni azione è pesante, Avra trova spazi di libertà, ci portiamo un po' avanti (70-62) e incredibilmente Caja toglie Avra, il migliore in campo in un momento delicato. Infatti Pesaro torna sotto (70-69), Avra torna subito in campo, giusto in tempo (dopo 2 punti di capitan Ferrero) per iniziare il suo personalissimo e attesissimo show: due punti con un'entrata fulminea, quindi due triple di fila da distanza siderale (la seconda non netta, la palla ballonzola sul ferro ma infine entra) e Pesaro affonda nel 'mare' varesino. Finisce: 81-75. Caja guarda in alto, verso l'Olimpo dei play-off: c'è speranza.
Varese, non precisa da fuori, non si perde d'animo di fronte a avversari mai domi, in difesa non molla un centimetro, Pesaro è battuta soprattutto ai rimbalzi, perde anche a causa di percentuali bassissime dai liberi ma è arrivata a un passo dalla vittoria. Che però questa volta tocca alla OJM.
Forza Varese!
Giuseppe, Mattia e la balena
Brillante e soleggiata edizione del Trofeo della Balena stamani a Brinzio, patria del laghetto e della ipotetica balena. Panorama d'incanto, quasi 9 km fra asfalto, sterrato, sassi, qualche fiumiciattolo da saltare, una ripida discesa (per fortuna senza fango), percorso mosso e tanto divertimento per i molti 'tapascioni' come me e per qualche atleta di buon livello: se non ottimo, se parliamo in prospettiva futura di Mattia Zen, classe 2003, che ha vinto la gara in poco più di mezz'ora. Una promessa davvero interessante, se avrà pazienza e saprà coltivare il talento come si fa con una pianta preziosa e delicata. Alla partenza, passato forse un po' in sordina, nelle retrovie, sempre sorridente anche un grande atleta (questo sì) del passato, Giuseppe Beppe Maffei, partecipazione fra l'altro alle Olimpiadi di Sydney, uno capace di 8'11" nei 3000 siepi. Classe 1974, ancora in perfetta forma, ieri sera era in pizzeria a Brinzio, ha visto i cartelli della corsa e oggi era alla partenza. Nessun intento agonistico per lui, puro sport per la salute. Beppe e Mattia, il passato e il futuro...e fra i due il sottoscritto, il trapassato remoto, ritmo oltremodo blando ma tanto divertimento.
Grazie agli organizzatori (Sci Nordico Varese, Centro Fondo Brinzio, Pro Loco, Comune di Brinzio, sponsor....): mi hanno regalato una mattina con tanto sole, fuori e dentro.
sabato 27 aprile 2019
In cosa credo?
Ieri, alla Messa vespertina alla Kolbe, don Gabriele Castelli (lo conosco, siamo cresciuti insieme a Biumo Inferiore, lo ricordo agli inizi degli anni Ottanta prete di borgata a Roma) si è posto la domanda: "Ma io credo veramente nel Cristo risorto?"
Proprio ieri mattina io mi ponevo la domanda, più alla larga: "Ma io in cosa credo?"
Vi invito a porvi la stessa domanda.
Dieci anni senza Carlo
ph silvia d'ambrosio e carlozanzi
Carlo Chiodi, giornalista di Radio Missione Francescana, è morto da dieci anni. Più volte mi ha invitato alla sua trasmissione 'Cappuccini e brioches' per presentare un mio nuovo libro. Lo ricordo con stima. Nella foto in alto è in Salone Estense, alla presentazione di Agenda Varese.
Oggi, domenica 28 aprile, Radio Missione Francescana lo ricorda con due momenti, alle 11 e alle 19. Lunedì 29 aprile alle 10.05 e alle 21.45.
Carlo Chiodi, giornalista di Radio Missione Francescana, è morto da dieci anni. Più volte mi ha invitato alla sua trasmissione 'Cappuccini e brioches' per presentare un mio nuovo libro. Lo ricordo con stima. Nella foto in alto è in Salone Estense, alla presentazione di Agenda Varese.
Oggi, domenica 28 aprile, Radio Missione Francescana lo ricorda con due momenti, alle 11 e alle 19. Lunedì 29 aprile alle 10.05 e alle 21.45.
venerdì 26 aprile 2019
Sole
ph carlozanzi
Il ritorno del sole dopo giorni di pioggia....bello come il piacere del ritorno a casa dopo una vacanza...bello perché ha superato la prova della nostalgia...bello come l'amico ritrovato e una ciliegia che ci riporta a quell'albero, a quel cortile...
Il ritorno del sole dopo giorni di pioggia....bello come il piacere del ritorno a casa dopo una vacanza...bello perché ha superato la prova della nostalgia...bello come l'amico ritrovato e una ciliegia che ci riporta a quell'albero, a quel cortile...
The Danish girl
Ieri sera ho visto su Netflix un bel film: 'The Danish girl', regia di Tom Hooper, con Eddie Redmayne e Alicia Vikander. E' la trasposizione cinematografica di una storia vera (e del libro omonimo), quella di Einar Wegender, pittore danese che visse il conflitto dell'identità sessuale, divenne donna (Lili Elbe) e fu il primo uomo a sottoporsi ad un intervento chirurgico (siamo negli anni Trenta) per il cambio di sesso, con altissimi rischi per la vita.
Film raffinato, ottimi attori, un tema attuale e drammatico e la scoperta per me di una nuova, giovane e brava attrice, Alicia Vikander, che nel film è la moglie di Einar, Gerda. In effetti vengo poi a sapere che per quella parte ha vinto l'Oscar come attrice non protagonista. Un film che merita.
Rosa
ph carlozanzi
Rosa, rosae, rosae, rosam, rosa, rosa....all'inizio è tutto un po' più facile...il latino e la vita...all'inizio...
Rosa, rosae, rosae, rosam, rosa, rosa....all'inizio è tutto un po' più facile...il latino e la vita...all'inizio...
giovedì 25 aprile 2019
25 aprile
25 aprile: è anche San Marco, quindi buon onomastico a mio fratello Marco...buon compleanno a mio suocero Elio, avrebbe compiuto oggi 94 anni....un abbraccio a quanti sanno essere coraggiosi, capaci di scelte rischiose, capaci di idealità...già, perché c'è il 25 aprile del 1945...una data che festeggio riconoscente....perché non basta il coraggio, non basta l'ideale, perché c'è ideale e ideale, non sono tutti uguali...ci sono ideali nobili ed altri molto meno, persino ignobili.
Oggi ho messo il maglione rosso.
L'angelo del San Martino
L’angelo
del San Martino
di carlozanzi
Giunto
in bici a Cuveglio guardò alla sua destra, oltre le case, nel bosco, sino al
confine fra il verde e l’azzurro. Doveva salire là in alto, a San Martino in
culmine. Svoltò a destra, nella stretta via in salita, all’inizio della quale i
cartelli indicavano senza dubbio la sua meta. Si fermò sui gradini di una casa.
Si sedette. Slacciò le scarpe, si tolse i pantaloni lunghi e rimase in braghe
corte da ciclista. Sfilò anche la maglia pesante, il caschetto, i guanti che lo
avevano riparato lungo la discesa del Brinzio e sulla provinciale della
Valcuvia, ancora fresca nonostante la carezza di un bel sole d’aprile. Mandò
giù un paio di sorsi di acqua minerale frizzante, ruttò con la sordina, tornò
in sella e fece il segno della croce.
Era
arrivato lì da Gurone e lo faceva tutti gli anni, in aprile, possibilmente non
lontano dal venticinque. Era il suo pellegrinaggio da atleta alla memoria dei martiri
del San Martino e, più in generale, di tutti i morti in guerra seguendo un
ideale di libertà, giustizia, Patria.
Sino
a Duno fu un sollazzo, un’estasi, un pedalare al sole senza fatica, assaporando
la gioia di un fisico che ancora rispondeva ai suoi comandi, docile e
collaborativo. Cercava la concentrazione per non offendere con distrazioni i
partigiani, gente molto più giovane di
lui che s’era fatta ammazzare su quel foruncolo silvestre nel novembre del
millenovecentoquarantatré. Ma la distrazione era nell’aria, nel canto degli
uccelli, nel verde che luccicava, nella dolce Valcuvia che s’allontanava, case
piccole, auto invisibili, il massiccio del Campo dei Fiori di fronte, Cuveglio,
Cuvio…e Cuvio lo condusse su uno dei tanti letti descritti da Piero Chiara. Il
pretore Augusto Vanghetta salì in sella con lui (Chiara avrebbe scritto ‘sulla
canna’) e cominciò a raccontargli dei suoi amori, del fascino delle donne,
belle o brutte non importa, del suo diritto a tornare in loro, poiché da loro
era saltato fuori, in carne e già voglioso.
Lo
strappo di Duno, un chilometro davvero impegnativo, lo costrinse a far scendere
dalla bici il grasso e lascivo pretore di Cuvio. La fatica giunse ad
intossicargli le gambe, salì sui pedali, si pentì di aver scelto un rapporto
troppo duro e ora, al colmo della pendenza, non poteva cambiare. Ma anche
quella sofferenza finì, trasformandosi in una fatica più sopportabile.
Saliva,
oltre Duno, entro un bosco troppo carico di robinie per essere piacevole,
alberi infestanti, spinosi. Ogni tanto qualche faggio o castagno addolciva la
scena. La strada era malconcia, la pendenza sempre notevole, tornò la preghiera
al Cristo sofferente, che gli insegnasse il coraggio di arrivare sino alla
meta. Tornarono le immagini della guerra, di quei morti, della loro audacia e
anche a loro chiese un aiuto, per non mettere il piede a terra, da pavido. Si
vergognò: paragonare quella sua salita cicloturistica alla morte partigiana, ad
una fucilazione per mano dei crucchi era un’offesa a chi l’aveva subìta. Tornò
Piero Chiara e la sua ostinata predilezione per le donne. Gli venne un paragone
fra le due femmine della sua vita: le donne e la bicicletta. Si convinse che
era preferibile, a conti fatti, la seconda: più fedele, silenziosa, sottomessa.
Perché lamentarsi di lei? Eccola, obbediente al ritmo della sua pedalata, seguire
con il sibilo metallico della catena la strada che ora, dopo il bivio e una breve
discesa, tornava a salire non più fra robinie ma in un bosco di faggi e di
castagni, abbellito da bassi pini silvestri. Guardò a sinistra, il largo
panorama che s’apriva alla sua fatica sopportabile, le Alpi innevate, la
purulenta ferita della cava del cementificio di Gemonio, addolcita dall’azzurro
intenso delle acque del lago Maggiore. Doveva fare attenzione ai sassi e alle
buche, ricordi dell’inverno dei mille metri.
Al
sacrario pregò intensamente, si impegnò per soddisfare le esigenze dell’ultimo
strappo, sbucò nel sole intenso della cima, guardò la chiesetta di San Martino,
fermò il cronometro, controllò il riscontro, sorrise compiaciuto, posteggiò l’amata
bici, fece un segno di croce e si riposò.
***
Aveva
da poco oltrepassato, in discesa verso Cuveglio, il cartello metallico con la
scritta Duno, quando si distrasse pensando alle ginestre, un fiore che amava:
aveva notato alla sua destra alcuni cespugli del fiore leopardiano. Prese una
buca, sentì uno scoppio, frenò ma la strada
era sporca di ghiaia minuta, perse l’equilibrio, scivolò, finì con la testa
riparata dal caschetto contro un basso muretto sul bordo della via. Non perse
mai i sensi ma ebbe molta paura. Le abrasioni sulla coscia destra bruciavano,
un dolore alla spalla destra gli fece pensare alla frattura della clavicola, aveva
male al mento. Cercò di rialzarsi ma l’adrenalina della paura non fu
sufficiente.
Marzia
Calori, di Duno, era uscita a fare una passeggiata col cane. Aveva visto
l’incidente. Si era avvicinata al ferito, redarguendo Buddy che s’era messo ad
abbaiare. Aveva appena concluso la telefonata con un suo amante di Canonica.
Teneva ancora il cellulare in mano ma non chiamò il 118, preferì valutare prima
le conduzioni del ciclista, temendo comunque il peggio. Era una donna pratica e
affettuosa.
Ciò
che avvenne poi è riassumibile con una frase: amorevoli cure femminili.
Lui
guardò la bici con astio, Marzia come un angelo.
martedì 23 aprile 2019
Miriam e Marco
ph robi bof
Questa foto è stata scattata da Roberto Bof lunedì dell'Angelo, durante le finali del 40° Memorial Garbosi. Abbiamo Miriam Garbosi, moglie di Enrico, classe 1926, e Marco Bussetti, attuale Ministro della Pubblica Istruzione. Questa immagine mi ha riportato a volo d'angelo negli anni Novanta, quando i due lavoravano insieme nell'Ufficio Educazione Fisica, coordinato da Mimmo Zagonia. L'ufficio, dal Provveditorato, si era trasferito alla Vidoletti, la mia scuola, quindi spesso salivo a chiedere notizie in anteprima e a salutare il 'capo' Mimmo e gli altri prof. Lì ho conosciuto Miriam e Marco. E' passato un quarto di secolo. A me pare l'altro ieri.
Questa foto è stata scattata da Roberto Bof lunedì dell'Angelo, durante le finali del 40° Memorial Garbosi. Abbiamo Miriam Garbosi, moglie di Enrico, classe 1926, e Marco Bussetti, attuale Ministro della Pubblica Istruzione. Questa immagine mi ha riportato a volo d'angelo negli anni Novanta, quando i due lavoravano insieme nell'Ufficio Educazione Fisica, coordinato da Mimmo Zagonia. L'ufficio, dal Provveditorato, si era trasferito alla Vidoletti, la mia scuola, quindi spesso salivo a chiedere notizie in anteprima e a salutare il 'capo' Mimmo e gli altri prof. Lì ho conosciuto Miriam e Marco. E' passato un quarto di secolo. A me pare l'altro ieri.
Le due prove di coraggio
Il coraggio dovrebbero metterlo come materia obbligatoria sin dalle elementari. Non è vero che 'se uno non ha coraggio, non se lo può inventare'. Anche il coraggio si può allenare. Si deve allenare. Sono tante le prove di coraggio che la vita ci regala, ma due fondamentali. Una è obbligatoria, ci tocca: la morte. Ieri vedevo una testimonianza di Indro Montanelli, che diceva: 'Non ho paura della morte ma ho paura di non saperla affrontare con dignità, di viverla da codardo...' Cacciari dice: 'Della morte me ne frego', una frase ad effetto, spavalda, che non fa onore al filosofo. La morte è un passaggio per tutti e ci vuole tanto coraggio per guardarla negli occhi. Poi c'è una prova di coraggio facoltativa: mettere al mondo un figlio. E ce ne vuole di coraggio: il solo pensiero che possa nascere 'ferito gravemente', a vita, che possa morire prima del genitore...certo, ci sono le notti insonni, lo stress quotidiano, ma sono niente rispetto a ciò che potrebbe capitare...eppure è un atto di coraggio direi 'obbligatorio', se non vogliamo anticipare la fine del mondo. E poi mentre la morte non ti regala nulla prima (se non la liberazione, se uno soffre troppo, oppure una Vita Eterna, per chi ci crede...ma arrivano comunque dopo) un figlio ti può regalare tantissimo, gioie indicibili e un senso al tuo esistere.
lunedì 22 aprile 2019
Pioggia
ph carlozanzi
PIOGGIA
di carlozanzi
Pioggia
e il sangue del mondo ferito,
ragnatela
di grigio imprigiona il cammino,
in
piedi, passivo, in attesa del peggio
e
gomme di auto che lasciano il segno
nell’acqua
sottile che lucida asfalti.
Sotto
la gronda è pigra la rondine,
dietro
le nuvole è timido il sole,
gocce
che nutrono eppure si muore,
dall’alba
al tramonto molto è dolore.
23
aprile 2019
sabato 20 aprile 2019
Dono
Fra i molti messaggi di auguri pasquali che ho letto su fb, uno mi è rimasto impresso, di un amico che ama i libri. Ha scritto più o meno così: a chi crede nella resurrezione buona pasqua, e a chi crede a un altro genere fantasy, buona pasquetta. Non mi è piaciuta l'ironia rivolta verso i credenti in Cristo risorto. Ogni fede merita rispetto. Poi ieri sera, alla Veglia Pasquale, il sacerdote nell'omelia ha esordito dicendo che la fede nella resurrezione è un dono quindi -dico io- i doni non si comprano, uno lo riceve e uno no. E già qui c'è una certa ingiustizia. Poi ha detto (con un certo distacco, quasi di sopportazione) che i dubbi nella fede sì ci stanno, ma non si può dubitare della resurrezione, che è la verità somma. Senza il Cristo risorto, nulla avrebbe senso.
Io, da molti anni ormai, sto nel mezzo, fra il sospetto di fantasy e la speranza che non sia solo fantasia. Se uno dubita dubita certamente anche sulla verità della Resurrezione. Miliardi di fratelli in umanità non credono nella Resurrezione di Cristo eppure danno senso alla loro vita. Quindi se dico Buona Pasqua, a me e a chi mi legge, intendo: spero che anche tu possa ricevere, non so in che modo e non so in virtù di quale privilegio, il dono della fede nel Risorto.
venerdì 19 aprile 2019
Miriam Garbosi
ph carlozanzi
E' in pieno svolgimento la 40^ edizione del Trofeo Enrico Garbosi, basket giovanile di alto livello. Ricordo soprattutto di andare a vedere le finali, Lunedì dell'Angelo, al mattino, al Palazzetto di Masnago (oggi Enerxenia Arena), ingresso libero. Ieri pomeriggio sono andato un salto al Campus e ho visto giocare la Robur et Fides (maglia bianca), una formazione che certamente sarà fra le migliori. C'era in tribuna anche Miriam Garbosi, moglie di Enrico. Così ho scambiato quattro chiacchiere con lei, che è stata mia collega di educazione fisica. Nata nel luglio del '26, Miriam aveva 17 anni quando entrò in una palestra di Como e vide per la prima volta ragazze che giocavano a basket. Amore a prima vista, nel 1947 già nella Comense, poi arrivò come coach Enrico, quattro scudetti di fila (dal 1950 al 1954), anche una presenza in Nazionale, l'amore con il suo allenatore, quattro figli e una vita nello sport. Enrico è morto giovane, lei di tanto in tanto sfoglia i ritagli di giornale, guarda le foto, ricorda ed è felice.
E' in pieno svolgimento la 40^ edizione del Trofeo Enrico Garbosi, basket giovanile di alto livello. Ricordo soprattutto di andare a vedere le finali, Lunedì dell'Angelo, al mattino, al Palazzetto di Masnago (oggi Enerxenia Arena), ingresso libero. Ieri pomeriggio sono andato un salto al Campus e ho visto giocare la Robur et Fides (maglia bianca), una formazione che certamente sarà fra le migliori. C'era in tribuna anche Miriam Garbosi, moglie di Enrico. Così ho scambiato quattro chiacchiere con lei, che è stata mia collega di educazione fisica. Nata nel luglio del '26, Miriam aveva 17 anni quando entrò in una palestra di Como e vide per la prima volta ragazze che giocavano a basket. Amore a prima vista, nel 1947 già nella Comense, poi arrivò come coach Enrico, quattro scudetti di fila (dal 1950 al 1954), anche una presenza in Nazionale, l'amore con il suo allenatore, quattro figli e una vita nello sport. Enrico è morto giovane, lei di tanto in tanto sfoglia i ritagli di giornale, guarda le foto, ricorda ed è felice.
Sabato Santo
SABATO
SANTO
di carlozanzi
Sono
nel tempo che non ha più tempo,
respiri
numerati, ultimi tocchi
e
briciole di foto dentro gli occhi,
quando
è vietato dire: “Ancora un po’.”
Consumata
la legna c’è l’attesa
di
nuovo fuoco, o solo di un gran buio;
giorni,
giorni su giorni ma ora muoio,
troverai
solo un’ombra e la mia resa.
E
se oltre il sepolcro c’è la luce
mi
vedrai sempre incredulo e felice,
ma
al momento c’è il Verbo e ciò che dice.
Il
prete, come sempre, benedice.
20
aprile 2019
giovedì 18 aprile 2019
Venerdì Santo
ph carlozanzi
Questa breve poesie non c'entra nulla con il Venerdì Santo. Nel giorno della morte, questo è un inno alla vita. Ma la vita è così, si può essere felici anche nel tempo cristianamente votato alla tristezza. Forse sono già arrivato alla Pasqua. Ho fretta di vedere il lieto fine.
VENERDI’
SANTO
di carlozanzi
Quieto
è il mio corpo
come
bimbo che dorme,
liberato
dal morbo
pensa
soltanto a me.
Calmo
è il respiro,
confortante
il pensiero,
così
fatto mi ammiro,
non
rimpiango chi ero.
Nel
giorno della Croce
la
croce arriverà;
oggi
ho tutt’altra voce,
non
penso all’al di là
Ora
mi sento bene,
il
corpo dice: ‘Vivi.’
La
speranza rinviene,
mentre
ieri morivi.
19
aprile 2019
Venerdì
Santo
Cammino
ph carlozanzi
CAMMINO
di carlozanzi
Cammino nel silenzio, solo e grato
fra
pini, asfalto e un sole indefinito;
in
una mano il molto che mi è dato,
nell’altra
tutto quello che ho perduto.
Cammino
lieve, come senza morte,
il
tempo passa, torna, sta sul posto;
non
c’è dolore e fine alla mia sorte,
conservo
questo stato ad ogni costo.
18
aprile 2019
Maria ai piedi della Croce
ph carlozanzi
Ave Crux - Lux Mundi...interessante spazio di meditazione presso il battistero di Velate, davanti ad un prezioso crocifisso ligneo del millecinquecento, recentemente restaurato da Rossella Bernasconi. Introdotta da Carla Tocchetti, la cantante Maria Consigli ha proposto questo pomeriggio canti medioevali. La bella voce di Maria, favorita anche dall'ottima acustica del luogo, ha propiziato la meditazione dei presenti.
La bella iniziativa (che prevede anche l'esposizione di pitture fotografiche di Christian Cremona) continua anche domani, venerdì 19 aprile (ore 16.30) e Sabato 20 aprile (ore 11 e 16.30).
Ave Crux - Lux Mundi...interessante spazio di meditazione presso il battistero di Velate, davanti ad un prezioso crocifisso ligneo del millecinquecento, recentemente restaurato da Rossella Bernasconi. Introdotta da Carla Tocchetti, la cantante Maria Consigli ha proposto questo pomeriggio canti medioevali. La bella voce di Maria, favorita anche dall'ottima acustica del luogo, ha propiziato la meditazione dei presenti.
La bella iniziativa (che prevede anche l'esposizione di pitture fotografiche di Christian Cremona) continua anche domani, venerdì 19 aprile (ore 16.30) e Sabato 20 aprile (ore 11 e 16.30).
mercoledì 17 aprile 2019
I vincenti
ph carlozanzi
Interessante incontro ieri sera, mercoledì 17 aprile, in Sala Campiotti alla Camera di Commercio di Varese, organizzato in occasione dei 40 anni del Trofeo Garbosi e dei 30 anni del Torneo Giovani Leggende, basket giovanile che fa di Varese in questi giorni pasquali un luogo di eccellenza sportiva. Moderati e intervistati da Gianni Chiapparo, hanno preso la parola Charlie Recalcati, Marcelo Damiao e Adreas Brignoli. Recalcati, cioè un ottimo giocatore di basket soprattutto a Cantù, poi coach da serie A e da nazionale: era lui in panca quando Varese vinse nel 1999 il suo ultimo scudetto. Tema della serata: 'Cosa significa essere vincenti'. Per Charlie il vincente è uno che fa il proprio dovere sino in fondo, si può vincere e si può perdere, dipende anche dalla forza dell'avversario, ma non deve rimanere il sospetto che non si sia fatto tutto il possibile. Interessanti anche le vicende umane e sportive di Damiao e Brignoli. Marcelo, brasiliano che tentò l'avventura italiana da ragazzo, che venne accolto con benevolenza e simpatia da tutti, che restò a giocare da noi in Italia oltre vent'anni (compresa la maglia azzurra, a Varese un anno solo, poi Bologna, Cantù...) ora a Campinas, vicino a San Paolo, insegna ad un'ottantina di ragazzi come si può vincere non solo nello sport, ma nella vita, uscendo dalle favelas e da una vita di miseria per trovare una strada dignitosa e vincente. E sulla stessa lunghezza d'onda si è presentato Andreas Brignoli, che a tredici anni, già alto 1.93, lasciò la natia Germania scappando da una situazione davvero dolorosa (non conobbe mai suo padre), venne accolto da una nonna che abitava a Varese, trovò subito il basket, Marino Zanatta e tanti altri amici che lo accolsero, e da lì partì il suo riscatto. E' emerso chiaro un concetto: il vincente non è colui che batte un avversario, ma uno che vincendo o perdendo resta ancorato a valori essenziali, per affrontare un lavoro, una famiglia, responsabilità educative.
Assente giustificato (oggi ha un Consiglio dei Ministri a Reggio Calabria) Marco Bussetti, ministro della pubblica istruzione, varesotto che giocò a basket e allenò: sarebbe stata interessante anche la sua versione dei ricordi.
Marco e Michele
Oggi ho visto finalmente (da un po' avevo in animo di visitarla) la redazione di VareseNews, quotidiano online che leggo giornalmente. E ho avuto la fortuna di incontrare direttore e vice, alias Marco Giovannelli e Michele Mancino. Seguo l'avventura del giornale dai suoi esordi, in quel di Bosto, oltre vent'anni fa. Un'avventura coraggiosa e vincente, pur con tutte le difficoltà che si possono incontrare nel mondo della comunicazione. A loro va la mia stima.
martedì 16 aprile 2019
Uomodonna
ph carlozanzi
Uomo e donna: guardano nella stessa direzione ma i pensieri? Sono gli stessi? Non credo.
Uomo e donna: guardano nella stessa direzione ma i pensieri? Sono gli stessi? Non credo.
Per me, il Garbosi
Nel libro NOI DEL GARBOSI di Gianni Chiapparo è compresa anche una mia breve testimonianza, che qui di seguito pubblico:
Enrico,
Paolo e il vittorioso Garbosi
Per
quanto ne so, Paolo Vittori è il
Trofeo Enrico Garbosi.
40
anni...non so se Paolo ci sia dalla prima edizione ma immagino di sì. So che da
quando ho iniziato a seguire questa manifestazione, Poalo è sempre stato il
prim’attore.
Ma
andiamo con ordine, perché mi piace ricordare il numero 9 della grande Ignis
agli inizi degli anni Settanta, quando per qualche tempo mi sono innamorato di
questi ragazzoni e li seguivo regolarmente al Palazzetto. Vittori, in arrivo dal
Simmenthal (le odiate scarpette rosse), non è mai stato allenato da Enrico Garbosi,
che se n’era andato via prima. No, Vittori non era in assoluto il mio idolo,
che si chiamava Manuel Navarro Raga, ma a ben pensarci li amavo tutti, e quando
Vittori si esibiva nel suo numero preferito (arresto, tiro oltre la linea dei
6.25, che ancora non c’era, quindi valeva solo 2 e non 3), tiro frontale a
canestro, era ciuff quasi sempre. Poi per lunghi anni ho lasciato il Palazzetto
e di Vittori non ho saputo più nulla. Ma come docente di educazione fisica ho
sempre dato largo spazio al basket, e spesso i miei alunni mi raccontavano di
questo Trofeo Garbosi. Tornavano dopo le vacanze pasquali e c’erano i vinti e i
vincitori, Varese e Robur.
La
scuola media dove ho insegnato per 34 anni, la Vidoletti, vicinissima al tempio
del basket cittadino, ha sempre abbondato in alunni iscritti nelle squadre del
basket giovanile varesino, quindi non mancavano mai i partecipanti al Garbosi.
E questo è un dato. Ma un secondo elemento mi ha portato ad incontrare di
persona Paolone Vittori: il basket femminile. Sono stato fra i pochi docenti in
provincia che per anni ha preso parte ai Giochi della Gioventù con una squadra
di pallacanestro in ‘gonnella’, convinto che anche le ragazze potessero
divertirsi maneggiando la palla a spicchi. E così trovai Paolo, pronto ad
incoraggiarmi e a seguire le partite, nella speranza di trovare qualche buona
mano. Frequentandoci mi invitò al Garbosi e quindi ho potuto seguire di persona
questo evento coinvolgente, che avrà anche distratto un poco gli alunni dai
compiti delle vacanze pasquali, ma ha permesso loro di vivere un’esperienza
educativa, non solo sul fronte sportivo. La socializzazione, obiettivo
importante alle scuole medie, al Garbosi ha trovato modo di concretizzarsi, con
la formula della famiglia ospitante: un tristino di qua, un pesarese di là, un
canturino a Sant’Ambrogio, un milanese a Biumo Inferiore e così via. Doppio lavoro per i genitori e i nonni, ma si
sa: cosa non farebbe un padre, una madre, un nonno per il proprio figlio e
nipote?
Avanti
col Garbosi, allora: ad multos annos.
Enrico
(l’allenatore del primo scudetto della Pallacanestro Varese, 1960-1961) e Paolo
si sono conosciuti di persona? Immagino di sì. Ma se anche non fosse avvenuto, certamente
Paolo ha fatto in modo di onorarne la memoria, regalando attimi indimenticabili
a tanti, tantissimi ragazzi.
Il libro di Gianni
Gianni Chiapparo, giocatore di basket, docente di educazione fisica, poi coach (anche da serie A), allenatore per dieci anni fra l'altro dell'attuale Ministro della Pubblica Istruzione Marco Bussetti (pare fosse ottimo in attacco ma piuttosto 'lazzarone' in difesa), anima del Trofeo Garbosi, per i 40 anni del torneo ha voluto fare un regalo speciale a Paolo Vittori e a Miriam Garbosi: un libro. Titolo: NOI DEL GARBOSI (Sunrise Media). Sottotitolo: Racconti, ricordi, emozioni, curiosità sul Trofeo Garbosi.
Emozionato Gianni, emozionati Paolo e Miriam, che il libro hanno ricevuto inaspettatamente e con gioia.
Tante foto a colori e parole, un ricordo importante, perché i tanti amici del Garbosi possano crescere ancora di più.
Il libro si potrà acquistare (10 euro) durante le partite, presso il negozio Triple di via Manin e dall'editore SunRise Media.