Domenica
8 settembre 2019. Aspettavamo mio papà Mario per mezzogiorno, come ogni
domenica. Lo aspettavamo in arrivo in via Vico con la sua Punto bianca tutta
acciaccata. Sarebbe passato prima a prendere Anita in via Oriani, insieme
avrebbero pranzato da noi, poi lui come d’abitudine sarebbe tornato a casa, in
viale Belforte, per il riposino, che a volte durava anche un paio d’ore. Ma il
campanello suona verso le 11. Chi sarà? E’ papà Mario, da solo. Ha posteggiato
l’auto al solito posto, ma non è bene allineata con il marciapiede, un
posteggio malfatto e sbilenco. Come mai così in anticipo? Sul volto i tratti di
alcuni piccoli tagli, come di chi si è rasato senza molta cura. Il collo della
camicia è malmesso. Mio papà cerca di dire qualcosa ma è confuso, le parole
zoppicano, non si capisce il significato. Ma noi capiamo subito che la
situazione è seria. Lo facciamo distendere sul letto, chiamiamo l’ambulanza,
inizia così la parabola discendente di una vita che, da questo momento e per
oltre cinque anni, non si risolleverà più.
E
qui interrompo il viaggio del Mario. Saranno anni di prove, sofferenza e
davvero rari momenti forse sereni, sino alla morte, il 20 novembre 2024.
Chi
vuol bene a mio padre potrà sapere ancora qualcosa di lui. Nel mio nuovo
romanzo, ‘Corpi imperfetti’, che uscirà in primavera, ho immaginato due storie
parallele, e una racconta ancora del Mario, di ciò che (forse) ha provato da
quell’infausto 8 settembre alla primavera del 2023. Un racconto in prima
persona.
Papà
mi manca, ma è spesso con me: nei sogni, nel ricordo, nella scrittura che
incide solchi sul terreno della dimenticanza, nelle foto, nei video, nella
preghiera.
Lascio
un’ultima foto, scattata da mio fratello Paolo durante la permanenza del Mario
nella RSA di Induno Olona. E’ il tempo del Covid. Papà Mario saluta.
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- fine
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