Una rivista che ha il profumo delle nostre Prealpi, dei nostri laghi e della nostra gente.
clicca sulla foto per ingrandirla
Una rivista che ha il profumo delle nostre Prealpi, dei nostri laghi e della nostra gente.
clicca sulla foto per ingrandirla
Quando papà Mario iniziò a cantare per la Corale San Vittore? Anche qui non posso essere
preciso. Dopo l’esperienza fatta con la Corale parrocchiale di Biumo Inferiore,
dotato di una voce normale ma certamente intonata, si lasciò convincere (non so
da chi, forse dall’amico Antonio Monti) e prese la via di San Vittore sul
finire degli anni Ottanta, strada che seguì per molto tempo, momento di
socializzazione, di amicizia e anche di viaggi, come quello in Belgio, Olanda e
Lussemburgo del 1991 (foto) e in Ungheria (foto).
6
– continua
Nonostante
la presenza di figli e nipoti, con Paolo ancora in casa, mio papà certamente
faticò a vivere senza mia mamma, ebbe momenti di tristezza e solitudine. Non mi
è possibile risalire con precisione alla data, ma verosimilmente fra il 1985 e
il 1986 partì per il suo primo viaggio. Lui, amante del volo, con il sogno di
diventare pilota, non era mai salito sopra un aereo. Un giorno prese la
decisione, andò in una Agenzia di viaggi e disse: ‘Voglio partire. Ditemi voi
per dove…Datemi un consiglio, una meta.’ E partì. Per dove? Probabilmente per
Palma di Majorca. Ma non ho certezze né foto a riguardo. Certamente andò con Emanuela
e Paolo, nel luglio del 1989, a Vienna e Salisburgo (foto). Da quel primo
viaggio la vita di mio papà Mario ebbe una svolta, non rivoluzionaria ma
certamente importante. Da allora mise in programma e attuò, per almeno un
ventennio, due viaggi lunghi all’anno, dei quali brevemente riferirò in questa
cronaca.
5 – continua
Marco Tullio Cicerone
Sembra che vogliano togliere il sole dal mondo coloro che tolgono l'amicizia dalla vita.
Ho
scelto questa immagine, scattata sul colle di Villa Mirabello, per parlare
della varesinità di papà Mario. Qui è con la nipote Valentina, nell’estate del
1986. Nativo di Sant’Ambrogio Olona, ha sempre amato la sua città, anche se non
era il tipo da associazioni (penso ad esempio alla Famiglia Bosina…), né ha mai
mostrato ambizioni di carriera politica. Sebbene amante della parola orale, a
suo modo era un tipo riservato, e si è lasciato convincere solo dalla Corale
San Vittore, dall’Università della Terza Età e dalla sua classe, il 1926 (ne
parleremo). Però amava il suo territorio, stare all’aria aperta, camminare nei
nostri boschi, frequentare le vie del centro, la biblioteca. Non è mai stato
tipo da bar, pur avendo lavorato, soprattutto agli esordi della sua carriera di
pasticciere, al caffè Garibaldi di corso Matteotti (che quando ha iniziato lui,
nel 1938, si chiamava corso Vittorio Emanuele) e lì serviva anche al bar.
4 – continua
Ma perché il nostro desiderio di serenità, di pace va in una direzione, e il destino a volte in un'altra? Come se il mondo andasse alla rovescia? A testa in giù? E se non ci tocca direttamente, ci sfiora e allora ci scansiamo, giriamo la testa per evitare il trauma. O forse è la nostra mente che si rifiuta e chiude la porta, si barrica?
Pianto e preghiera iniziano con la stessa lettera.
Credo
che mio papà sia stato aiutato, nei mesi successivi alla morte della moglie,
dalla nascita delle sue prime tre nipotine: Silvia l’8 gennaio 1985, Valentina
il 16 gennaio 1985, Marta il 23 maggio 1985. Giovani vite che lo hanno
confortato, offrendogli uno sguardo fiducioso verso il futuro. Nelle tre foto
vediamo (dal basso verso l'alto) l’arte pasticciera del Mario, un dolce speciale preparato per la festa
di battesimo di Valentina e Silvia, febbraio 1985. La seconda foto, estate
1985, papà con le due nipotine in vacanza in montagna con la comunità Shalom.
Infine (e qui c’è anche Marta in braccio a papà Marco) Natale 1985, riunione di
famiglia a casa mia. Vedremo anche in seguito che mio papà non è certo stato un
nonno a tempo pieno, ma quando c’era una urgenza non si è mai tirato indietro.
3
– continua
Stavo per intraprendere la stesura di questo breve post in tono negativo: Ezio Motterle, mio coscritto, e allora stavo scrivendo che ho l'età che ormai mi porta a dover salutare amici del '56, persino più giovani...E invece no: questa foto, la pipa, il sorriso di Ezio, il bel sole arancio al tramonto che si stampa sulla villetta di fronte alla mia finestra...e invece no, voglio un pensiero positivo, come direbbe Salvatore Furia. Ravano, cerco, mi impegno, non è facile.
E se non fosse solo un'invenzione questa storia della Vita Eterna?
'Proviamo anche con Dio, non si sa mai...' canta Ornella Vanoni.
Ma sì, proviamo anche con Dio...e questo mi consola...pensando a te, caro Ezio, e a me.
In
quel finire del 1984, così triste, abbiamo cercato, noi suoi figli, di stare
vicino a papà, e lui stesso apriva la sua casa per ospitarci, come si nota in
questa foto, probabilmente del periodo natalizio 1984. Per molti anni ci siamo
trovati spesso a casa sua o nelle nostre, in principio addirittura tutti i
mesi, con la Messa per mamma Ines, poi i momenti familiari collettivi si sono
diradati ma mai del tutto interrotti. Papà Mario è rimasto con Paolo, ancora in
casa, che da subito ha ricevuto dal genitore il compito di seguire le vicende
burocratiche che lo riguardavano, compito che prima svolgeva soprattutto mia mamma, essendo
lui poco incline a far conti, girare per uffici, pagare bollette eccetera.
Paolo (e qui lo ringrazio pubblicamente) si è messo sulle spalle un impegno non
da poco, che ha condotto per quarant’anni con competenza e amore.
2
– continua
Riparto
da dove avevo smesso 'Ines & Mario story'. Riparto con i viaggi del Mario,
perché mio papà, da quel 21 agosto 1984 (foto), da quel funerale e dal saluto a
mamma Ines nel camposanto di Sant’Ambrogio Olona (Mario aveva 58 anni), ha
vissuto altri quarant’anni. Cercherò di sintetizzarli brevemente, qualche
parola e qualche immagine. Lo faccio anzitutto per me. E’ il mio modo di
stargli accanto in questa sua nuova dimensione. Lo faccio per le mie figlie, i
miei nipoti, i miei fratelli, per tutti coloro che hanno conosciuto mio papà e avranno
piacere di scorrere queste frasi. Il viaggio del Mario: perché questo titolo?
Perché ha viaggiato per altri quattro decenni, dopo la morte della sua amata
Ines. Viaggiato in senso ampio, e viaggiato proprio nel senso di turismo, dato
che per una ventina d’anni almeno due volte l’anno partiva per lunghi viaggi,
due settimane, più altri viaggetti.
Riparto:
buona lettura.
1-continua
Apprendo in questo istante che è morto il mio amico, collega e coscritto, giornalista Ezio Motterle. Sapevo che era malato, ma certamente non così grave. Puntuale come sempre mi aveva fatto avere il suo contributo per il Calandàri dra Famiglia Bosina 2025. Mi diceva che ero il suo ultimo direttore, e questo mi faceva sorridere ma insieme mi inorgogliva, io, giornalista pubblicista, di fronte a lui, professionista. Ci siamo scambiati l'ultimo messaggio il 16 novembre. Gli ricordavo la presentazione del Calandàri il 15 dicembre, e lui così rispondeva: 'Sono in ospedale per un'infezione agli occhi. Speriamo di rivederci presto.'
Se penso a Ezio penso al suo piccolo ufficio, di fronte al Tribunale di Varese. Anche lui Cairolino come me, Ezio era nel corso B, io in C. Ma non ci siamo conosciuti al Classico. Ci siamo incontrati negli anni Novanta, quando ho cominciato a pubblicare libri. Allora andavo regolarmente a portargli una copia, 'implorando' un suo pezzo su Il Giorno. Lui era il responsabile delle pagine di Varese. E lui mi accontentava. Poi ha cominciato a dire: 'Ma ancora? Un altro libro?' E comunque mi accontentava lo stesso. Quando ho cominciato a lavorare per il Calandàri, una decina di anni fa, ho chiesto anche la sua collaborazione, e non ha mai saltato un numero. Poi è venuta fuori questa storia del direttore. La foto che vedere me l'ha data pochi mesi fa, chiedendomi di cambiare quella che si trova in copertina al Calandàri. Non gli piaceva più quella che lo ritraeva con la sua immancabile pipa. Ci si vedeva spesso il sabato mattina, al Bologna. Lì trovavo lui, Franco Tettamanti e Robertino Ghiringhelli. Io accompagnavo mia moglie al lavoro, loro dialogavano seduti al caffè. Un saluto veloce, le ultime novità, le solite considerazioni sull'età, sul tempo che passa (sì, anche i giornalisti sono banali nei loro dialoghi), sul fatto che fossimo entrambi del '56 eccetera. Pochi mesi fa, quando gli chiesi al solito il pezzo, mi disse che non stava bene, qualcosa ai polmoni, ma che mi avrebbe ancora una volta accontentato. E il pezzo è arrivato. Poi l'ultimo messaggio.
Ciao Ezio.
...E se una mano è occasione di scandalo e di violenza tagliala. E' meglio entrare nel Regno dei Cieli monco, che bruciare nel fuoco della Geenna...
La Bibbia
Noi, tuoi figli, abbiamo cercato di esaudire i tuoi desideri per il funerale, caro papà Mario: quattro rose rosse e la musica del tuo amato Astor Piazzolla. E poi tanti amici, i canti, la tua chiesa di Biumo Inferiore.
Come volevi tu, papà.
(foto di Ezio Ermoli)
Quando ho scritto questo racconto brevissimo, recentemente pubblicato da VareseNews, non pensavo certo che mio padre potesse morire dopo pochi giorni. Oggi mi sento di dire che mio papà Mario ha vissuto con dignità, ed è morto con dignità.
DIGNITA’
“Dammi qualche consiglio, qualche dritta. La morte s’avvicina e non sono preparato. Sei un amico.”
L’altro
sorrise ma non disse nulla.
Lui
scacciò una mosca dal braccio, pensò allo sterco che quell’insetto aveva
calpestato ma dal pensiero disturbante tornò alla sua reale preoccupazione. “Mi
pare un compito impossibile per me, una montagna altissima, una parete di
ghiaccio, un’impresa che non riesco neppure a immaginare…dico della morte…ma mi
ascolti?”
L’altro
disse sì con il capo, sorrise di nuovo ma non fece altro. Restò in attesa che
lui continuasse.
“Sei
il mio amico più fidato. L’unico che mi è rimasto. Dimmi qualcosa.”
L’altro
si accarezzò il naso, si grattò la fronte: “Lo sai che soffro d’insonnia?”
“Lo
so.”
“L’altra
notte, dopo due ore di veglia, saranno state le tre, stavo per svegliare
Giovanna, che si prendesse una parte della mia pena, che mi aiutasse, che
condividesse. No, dovevo farcela. Ho cominciato a ripetere: dignità, dignità,
dignità…”
“Dignità?”
“Sì,
dignità. Lei aveva tutto il diritto di dormire. Dovevo cavarmela da solo. Non è
dignitoso chiedere agli altri di fare la tua parte. Anche la morte è una
questione di dignità…e comunque nessuno può sentirsi capace di affrontarla.”
“Quindi?”
“Accontentati
di stringere una mano, quando verrà quell’ora tremenda. Spera di non essere
solo. Sogna un paradiso qualsiasi.”
“Mi
stai dando un contentino?”
“Ti
sto dando il massimo in mio potere.”
“Vorrei
non dover morire mai.”
“Anch’io.”
“Mi
abbracci?”
Sorrise
con mezzo abbraccio già pronto.
Giuseppe
entrò nel bar. Vide i due uomini abbracciati. Pensò fossero amanti ma i
pensieri si sommano, sgomitano, rettificano: ‘No, così in pubblico…gay no,
forse non si vedevano da tanto tempo, oppure una buona notizia o una cattiva o
semplicemente un saluto affettuoso, un arrivederci...’ Ordinò un caffè. Seguì i
due che si avvicinavano all’uscita. Sentì uno dire all’altro: “Goditi la vita.”
Si può salutare papà Mario in sala del commiato di via Mulini Grassi 10 a Sant'Ambrogio sino alle 9.30 di domani, sabato 23 novembre. Poi si scenderà per il funerale. 10.30 Rosario, 11 il funerale nella chiesa parrocchiale di Biumo Inferiore.
La prima neve della stagione porta luce dentro questa mia nera sera di tristezza.
Scivola più facilmente la preghiera.
Io e miei fratelli stiamo ricevendo molti attestati di vicinanza e di stima verso papà Mario. La cosa non mi sorprende. Sapeva farsi voler bene. Era spesso sorridente e ottimista. Non pochi varesini d'antan lo ricordano in bici anche dopo i 90 anni. Pedalava non per sport, ma per comodità e per non inquinare la sua amata Varese.
Ora nostra padre si trova presso la Casa del Commiato, alle onoranze funebri Sant'Ambrogio di via Mulini Grassi 10, a Varese. Orario continuato: 8-18.30.
Mio papà Mario ha avuto una lunga vita, ma un figlio non è mai pronto al distacco. Questa foto è del 2006, festa per gli ottant'anni di mio papà. Era, per lui, un momento felice. Mio papà ha avuto un solo hobby: la famiglia. Lavoro, moglie e figli. Eravamo il suo vanto. Non perdeva occasione (lui, gran chiacchierone) per parlare di noi.
I funerali di papà Mario saranno sabato 23 novembre, ore 11, chiesa parrocchiale di Biumo Inferiore.
Il vento gelido di questo mercoledì di novembre mi ha portato la notizia della morte di papà Mario.
L'ho visto ieri pomeriggio. Dormiva. Ogni tanto apriva gli occhi, occhi tristi e stanchi. Li richiudeva. Oggi credo fosse il suo ultimo saluto. L'infermiere mi aveva tranquillizzato, stava migliorando rispetto a sabato. Ma la morte fa quello che vuole.
Ora ho solo voglia di pregare.
Come mai le albe a volte sono gialle, altre volte rosse? Stamani, ad esempio, abbiamo un'alba gialla. Certo dipenderà dalla particolare inclinazione dei raggi. Mi informerò.
Questo è il tempo dei tramonti. Amiamo i tramonti per i colori, ma di per sè il tramonto è il prologo del buio, della notte. A meno di essere foscoliani, la fatal quiete (e la sera sarebbe la sua immagine) non è il massimo. Sarebbe un po' la fine di tutto. Anche chi crede nella resurrezione non è che accolga la morte con grande entusiasmo. Anche chi si affida al piacere di essere ricordato, preferisce gustare il sapore della vita, benché non sempre tale nostro pellegrinaggio sia il massimo del godimento.
Gigi Riva diceva che quando si vince 4 o 5 a 0 i gol hanno un valore aggiunto minore, ma se si vince 1 a 0 allora quel gol pesa. Sicché il gol di Samuele Bonaccorsi, segnato oggi sul prato sintetico di Lavagna, Città di Varese contro Lavagnese, al 40° del primo tempo, pesa una tonnellata. I biancorossi vincono 1 a 0 e non perdono di vista la capolista Brà. perché per salire dalla serie D al mondo del professionismo da serie C bisogna vincere il girone: vale solo il primo posto. Molto bene allora, bravo Samuele, che alla fine lascia il terreno di gioco coi crampi, sfinito e vincente, come tutti i suoi compagni.
Forza Città di Varese!
Ecco la ricchezza del Calandàri dra Famiglia Bosina par ur 2025, cioè i collaboratori, coloro che scrivono regalando la loro competenza ai varesini.
Presentazione domenica 15 dicembre, ore 10.30, sede ANCE di via Cavour 32, a Varese.
La palla gira, il ferro a volte tradisce, una sera va bene e un'altra un po' meno, e così la stupenda vittoria di una settimana fa della OJM Varese contro Bologna (risolta con il favore degli ultimi due minuti) ieri sera, a Scafati, l'esito è stato opposto. La frittata si è girata, cioè dopo una partita sostanzialmente in parità (Varese avanti nei primi tre quarti, 25-27, 49-50, 68-71) negli ultimi sei minuti la OJM spreca tutto, il vento gira, loro segnano e noi no, e così finisce 94-85. Già si è smarrito l'effetto Bologna, e gli acciacchi di Varese sono tornati ad indolenzire la squadra. Poche idee in attacco, utilizzo sostanzialmente dei tiri da tre, qualche rimbalzo in più grazie all'innesto di Alex Tyus (foto)...e quando le percentuali delle bombe si abbassano, è la fine. E' vero, Hands alla fine ha sommato 23 punti, ma con 8 su 21; Alviti 15 punti, ma 5 su 15...e anche capitan Librizzi non ha ritrovata la mano magica di domenica scorsa. Peccato. Teniamo conto che alla fine Scafati ha sommato 9 punti in più di noi che potranno essere preziosi in caso di lotta per non 'morire' in serie A2, visto che con buona probabilità la Givova Scafati sarà fra le formazioni che, con noi, lotterà per non retrocedere. Ora 15 giorni di pausa e poi si ricomincia da Masnago.
Forza Varese!