venerdì 31 ottobre 2025

Felice compleanno a Rebecca Zoe


 

E così, cara nipotina Rebecca Zoe, siamo arrivati a 12 anni. E quindi dovrei dire nipote. Ma preferisco dire nipotina. Fammi una promessa: non crescere troppo in fretta! Se vuoi leggere la poesia che ti ho scritto quando sei nata, devi cliccare due volte sull'immagine. Già, ma è in dialetto bosino e tu non lo capisci. Quando ci vedremo te la traduco. Tanti tanti auguri. 

Amuùr a sesant’ann

 

A sesant’ann ma sunt inamurà,

in trüscia ‘l cöör anmò par una dona,

ma sunt spusà, a gh’ho tri fiö par cà

e ‘na prumesa dananz a la Madòna.

 

Epüür ul cöör al cùur e le l’è bela,

düü ugìtt ca fan passà tucc i magàgn,

dent ul me cò la brila me ‘na stèla,

ga pensi ‘l dì e la nott: destin vilàn.

 

Un nasin ‘me ‘n puntìn, e ‘na buchìna…

cent e mila surìs dumà par mi,

e l’è giùina, dulza e peverìna;

sa gh’è le gh’ho curàgg, sun mia stremìi.

 

Da paròll na fa pòcch, l’è mia ‘na miée,

preferìs stà visìn, i mè basìn,

i mè brasc, i carèzz, insema a le

vùga ‘l temp, cùur la vita, bel facìn.

 

Ga pias andà a balà, ga pias viagià,

durmì e vess ninàda me’n fiurìn.

E mi bali cun le, vöri pensà

dumà al so bèn, dumà a restag visìn.

 

La so vùus l’è ‘n amuùr, la ta dislèngua,

i manìn paran fai da purcelàna,

i cavei curt e d’or, gh’è mia ‘na lengua

par dì, cunt i paròll, la mè matàna.

 

Ma par da viv dabùn un gran bel sögn,

cumànda le, smurfiùsa e piscinìna;

la me dona da piang gh’ha no bisögn:

sunt ul so nònu, e le la me neudìna.

                                                   Ecco, così si legge meglio

Ciao don Fabio




 Questa grigia giornata mi porta altra tristezza, con la notizia della morte di don Fabio Fantoni, a soli 62 anni. Da anni non sapevo più nulla di lui, da qualche tempo parroco a Sesto San Giovanni, ma c'è stato un tempo, molti anni fa, nel quale i nostri percorsi si sono incontrati. Ecco cosa scrivevo nel 1991, sulla rivista 'Sul Sagrato' di Sant'Ambrogio Olona, in occasione dell'ordinazione sacerdotale di don Fabio (vedi foto di Alessio Diolisi).

"Ricordo molto bene il mio primo incontro con don Fabio Fantoni. Si esauriva l'estate del 1984. Da pochi giorni era morta mia madre, e un indecifrabile e potente bisogno di Dio e di preghiera mi conducevano ogni giorno alla chiesa di Sant'Ambrogio, per la Messa delle ore 9. Fabio, a casa in quel periodo, era solitamente molto attento alla vita della parrocchia. In modo particolare seguiva un gruppo di giovani, utilizzava una buona dose del suo tempo libero dialogando con loro. Non sfuggì la mia presenza in chiesa, tutti i giorni. Pur abitando in parrocchia da 3 anni, non ero mai entrato nel vivo della vita parrocchiale. Fabio non mi conosceva. Ricevetti una telefonata, venne a trovarmi, mi regalò un libro  ('Vita Comune' di Karl Rahner), si parlò di noi, dei giovani, della fede. Ci vedemmo altre volte. Mi colpì la sua serietà, il suo parlare sempre controllato, misurato, meditato. Ma mi colpì anzitutto la sua voglia di essere prete della Chiesa di Dio..."

Don Fabio venne ordinato sacerdote l'8 giugno del 1991, Prima Messa in Sant'Ambrogio Olona il 9 giugno. 

Tornò a Varese molti anni dopo, alla Brunella, infine a Sesto San Giovanni. 

Ciao, don Fabio.  Grazie per quel libro e per quel dialogo.

La villa di Laura Veroni


 


LA VILLA   di Laura Veroni

 

Laura Veroni non cambia genere letterario. Resta sul colore giallo, il suo preferito, dato che i suoi romanzi sono tutti gialli, ambientati nella sua e nostra provincia di Varese. Non si sposta dalla Città Giardino e dintorni, facendo tesoro dei suoi ambienti…che non sono certo quelli della Questura, ma sono quelli scolastici (essendo lei docente di scuola media) e sportivi, in particolare le palestre dove si pratica body-building. Qui però dalle medie si passa alle scuole superiori: tre studenti di 15 anni scompaiono. Allontanamento volontario o sequestro? Che fine hanno fatto Luca, Marta e Mirella? Il compito investigativo spetta al commissario Emma Verdelli, in forza alla Questura di Varese (già conosciuta nella precedente storia, sempre edita da Morellini, titolo ‘L’uomo dalla sciarpa blu’) che ben presto chiederà rinforzi persino ad una task-force romana, data la gravità della situazione. Qui il titolo è invece più sintetico, ‘La villa’, una villa non proprio ospitale, come vedrà il lettore. La giallista (che fa parte della nuova generazione di gialliste varesine: Angela Borghi, Giancarla Giorgetti, Barbara Zanetti…) tocca l’argomento dei social, delle feste giovanili con sballo, del revenge-porn allargato, dei rischi connessi a questo mondo virtuale, che inganna i giovani e accentua le ossessioni degli adulti, regalando nuovi strumenti, che corrono rapidi sulla cattiva strada. Il sesso non è argomento secondario nel romanzo, e del resto la Veroni non è nuova ad introdurre questo argomento. Una cinquantina di brevi capitoli, un continuo cambio di scena e di personaggi, una prosa semplice, giornalistica, dialoghi serrati, una trama che regge. Laura Veroni non è al primo romanzo, e con gli anni ha affinato la tecnica, perché il genere giallo, amato dai lettori, ha le sue regole, richiede apposite accortezze. E’ facile slittare e picchiare il naso contro il palo dell’ovvietà.


giovedì 30 ottobre 2025

Ciao, Elio


 

Il 30 ottobre del 2012 moriva, a 87 anni, mio suocero Elio. Essendo del '25, avrebbe compiuto cent'anni. Eccolo agli inizi degli anni Sessanta, appena arrivato a Varese dalle Marche. Gran lavoratore e risparmiatore (insieme alla moglie Anita) devo a lui se da quando mi sono sposato ho avuto il privilegio di abitare in un bell'appartamento dal 1981 al 2022 e in una graziosa villetta ora. Sapeva come risparmiare e come investire. Uomo di poche parole, per lo più in dialetto marchigiano, non amava molto raccontare del suo passato ma lo stesso sono riuscito a sottoporlo ad alcuni 'interrogatori', raccogliendo le sue memorie e romanzandole in 'Fuggiaschi'. 

Ciao, Elio.

mercoledì 29 ottobre 2025

Oh, finalmente un bel romanzo


 


Oh, finalmente un gran bel romanzo! Già perché non basta ripetere che bisogna leggere, che i libri, i libri...Ci sono certi libri che non avrebbero mai dovuto nascere. Questo no. Certamente no. 'La cattiva strada' di Sébastien Japrisot. E pensare che è arrivato in casa mia per caso, non perché l'avessi scelto io. Ma era destino che lo incontrassi. E' una travolgente storia d'amore. Forse si scrivono storie d'amore travolgenti per imparare come dovrebbe essere l'amore, o forse no. E' però certo che l'amore che strappa i capelli ci piace assai. Qui forse siamo un po' ai limiti, perché questo amore assoluto e scandaloso è fra una suore di 26 anni (suor Clotilde) e un ragazzino di 14 anni (Denis). Detto così, verrebbe da scrivere: bisogna essere proprio bravi per mettere in pista una simile avventura, senza cadere in qualche grosso guaio narrativo. Ma Japrisot è bravo, evidentemente. Siamo in Francia, durante l'occupazione tedesca, ma la grande storia compare - come piace a me - in piccoli accenni. La storia è un'altra. E ci sono temi a me cari, oltre all'amore. C'è Dio, le domande su Dio, su quanto stia dalla parte della religione canonica, delle regole, delle rinunce, dei precetti, o non piuttosto dalla parte del sentire, del vivere senza preconcetti, percorsi già scritti. La presunta cattiva strada è davvero la via peggiore? 

Comunque, tanto per dire che non è piaciuto solo a me, questo romanzo, che uscì nel 1950, vinse nel 1966 il Priz de l'Unanimité, scelto da una giuria che comprendeva Sartre, Aragon e Adamov.    

martedì 28 ottobre 2025

Autunno




 

Autunno brilla nell'aria e nelle foglie (benché morenti) esulta! 

domenica 26 ottobre 2025

Sara in Grigna





 

Ultima ascesa di stagione per la mia amica alpinista (ex alunna Vidoletti) Sara Bianchi. Con la guida Luca Moroni ha affrontato la cresta Segantini, una classica della Grigna, una via molto panoramica.

Ora riposo. Ma la mente di Sara non riposa e già immagina il programma per il 2026. 

'Fiori per la danza macabra' di Angela Borghi


 


Fiori per la danza macabra

 

A poco più di un anno dal suo ultimo romanzo giallo (L’uomo che guarda il lago), Angela Borghi saluta il suo nuovo romanzo, sempre per Morellini editore, e sempre nella collana Delitti di lago. Cambia però il lago: non quello di Varese ma il Maggiore, dove si compie il duplice delitto, evento scatenante la trama de ‘Fiori per la danza macabra’. I due attori principali sono sempre quelli de ‘L’uomo che guarda il lago’ e cioè Teodolinda Caretti detta Teo (medico legale amante della corsa e delle indagini, anche se non richieste) e Arno Brandstatter, commissario altoatesino distaccato alla Questura di Varese. Il titolo fa riferimento all’affresco della Danza macabra, che si trova all’Eremo di Santa Caterina del Sasso (dove viene rinvenuto a pelo d’acqua il cadavere di una giovane donna), mentre i fiori, presenti sul lago, vicino al corpo della prima ma anche della seconda vittima (sempre giovane donna, sempre capelli rossi, sempre vicino a riva distesa in acqua) paiono far riferimento al noto quadro ‘Ophelia’ di Millais. La storia è ricca di attori secondari, alcuni già conosciuti nella vicenda ambientata sul lago di Varese, altri ovviamente del tutto nuovi, rispetto ai quali il lettore dovrà fare uno sforzo di memoria per districarsi, perché i nomi sono tanti. Ma la Borghi sa come scrivere per non rendere ardua la lettura, che per contro scorre quieta, e a tratti burrascosa, come ben sa chi vive sulle sponde del Verbano. Angela Borghi sfrutta tutte le sue competenze (studi classici, professione di medico internista, amore per la lettura e per lo sport, per la natura e per i cani) e tesse una trama che convince, evitando sbavature o ingenuità che possono rovinare una buona idea. Vi è da dire che l’immaginazione non manca a questa prolifica scrittrice varesina, e del resto una delle sue certezze è la seguente: l’immaginazione è il modo più alto di pensare. Immaginazione che è ‘arte’ di Teo, perché il freddo commissario Arno è meno incline alla divagazione e più rigido nei suoi ragionamenti. L’unione di entrambi i metodi di indagine aiuterà i protagonisti a trovare il bandolo della matassa. Ma sarà, fra Teo e Arno, una vicinanza non solo ‘professionale’? La lettura scioglierà anche questo nodo. O forse no. Chissà.     


L'Aquila artiglia il Galletto biancorosso?


 


L'Aquila Trento è dunque calata dai monti, per artigliare il Galletto varesino e papparselo in pace, lei e i suoi cuccioli, nel nido? Visto il risultato finale (74-85) questa potrebbe essere una tesi verosimile, ma il risultato è un po' bugiardo (sebbene Trento sia più forte di Varese), e la partita si è decisa negli ultimi, disgraziati tre minuti finali. Quarta partita di campionato, Varese viaggia con una vittoria e due sconfitte, Masnago palpita e vuole altri due punti. Parte play Librizzi, ormai Moody (che giocherà poche e male) ha la valigia pronta, arriverà il nuovo play Iroegbu (altro cognome scioglilingua). Ed è proprio il capitano che dà una mano all'ottimo inizio varesino, bim bum bam 10 a 1, noi azzecchiamo tutto (triple al 100%) loro sbagliano quasi tutto. Ma il bel gioco dura poco, Trento risale e finisce il primo quarto 22-17. Il secondo quarto è Librizzi show, tre triple di fila, già 16 punti sul groppone, e per fortuna c'è lui perché gli altri biancorossi faticano assai, mentre Trento aggiusta la mira e soprattutto mostra tutta la sua consistenza, in difesa e in attacco, con giripalla vertiginosi e penetrazioni a prova di difesa. La muraglia dei nostri non regge, è fragile, il massiccio Jones detta legge, è immarcabile. Infatti a metà partita Trento è avanti di uno (40-41). La ripartenza è uno schiaffo per noi: 40-47. Si teme il peggio e invece no, Varese reagisce, doppia schiacciata (di Moore e di Nkamhoua che chiamerò Mou), tripla di Libro, schiaccione di Moore che disintegra la retina, tripudio fra i tifosi, 57-52 per noi. Trento non molla e torna avanti: 58-62 alla fine del terzo quarto. Ultima fatica: una doppia tripla di Mou ci illude, Trento ha più uomini, è meno in affanno, è più lucida. Ci avviciniamo sino al - 1 (68-69) poi è la fine. Una tripla di Jones fa il 70-78, risaliamo un po' (74-80) ma l'ennesima tripla sul ferro di Alviti spegne la lampadina. Finisce 74-85. 24 punti di Mou e 23 di Librizzi, 47 punti su 74 in due, Moore elettrico, una palla magica che vola di qua e di là ma spreca un po' troppo, il lungo Renfro pare un po' spaesato, Alviti si salva con i rimbalzi e gli assist ma mancano i punti. In attacco non riusciamo ad andare oltre le triple, e se non stiamo sul 50% da tre non si vince. Solo Mou cerca soluzioni sotto canestro. Freeman non bene, Assui sulla sufficienza. Non disperiamo, Varese ha retto sin quasi alla fine, Trento è un'ottima squadra, quindi restiamo in attesa di partite più abbordabile, dove non dovremo fallire.
Forza Varese!

sabato 25 ottobre 2025

Fausto Coppi secondo Alfredo Bonariva


 



Stamani, in occasione della presentazione del libro 'Fausto, il mio Coppi' ho avuto modo di conoscere Alfredo Bonariva. Classe 1934, una somiglianza spiccata con mio papà Mario, Bonariva fu gregario di Fausto Coppi nel 1957/1958. Grazie alla sua memoria formidabile e alla sua lucidità, Alfredo (nella sede della Società Binda, e lui se si chiama Alfredo lo devo al papà, ammiratore del Campione di Cittiglio) ha catturato la mia attenzione con aneddoti molto interessanti. Abitava in via Varesina, alle porte di Milano, molto vicino al Vigorelli, e lì si allenava soprattutto su pista. Prese parte alle Olimpiadi di Melbourne del 1956 (mio anno di nascita) nelle gare su pista, gareggiò anche nella Binda (eccolo in foto, alla destra della valletta di Mike Bongiorno, Edy Campagnoli) e per oltre un anno fu alla Bianchi, proprio con il Campionissimo (in foto, Giro del Piemonte del 1958, Alfredo passa la borraccia a Fausto). Nella Tre Valli Varesine del 1958 Coppi, ormai al termine della carriera, aveva bisogno di un buon piazzamento, per poter partecipare ai Mondiali di Reims. Così aveva detto il commissario tecnico, Alfredo Binda. In quella Tre Valli fu proprio Bonariva ad aiutarlo, passandogli la ruota dopo una foratura. Fausto arrivò nei primi dieci, si meritò la convocazione. Ai Mondiali del '58 vinse Ercole Baldini, e nel 1959 Bonariva andò proprio alla Ignis del cumenda Giovanni Borghi, alle dipendenze di Ercole. Perché lasciò Coppi? "Fu anche per questioni economiche" dice Alfredo, "ma non solo. In verità ero molto indeciso. Coppi era al termine della carriera, Baldini all'apice. Avrei guadagnato di più ma mi dispiaceva lasciare Fausto, eravamo amici. Poi ci pensò la Dama Bianca..." In che senso? "Andai da Fausto per risolvere la questione, ma Giulia neppure mi fece entrare in casa. Era così. Era in un certo senso gelosa degli amici di Fausto." Così Bonariva andò con Baldini. "La Dama Bianca voleva Fausto tutto per sè. Noi gregari di Coppi non l'abbiamo mai avuta in simpatia. Qualcuno addirittura malignò, incolpandola di essere la causa della morte di Coppi, perché ritardò la ricerca della diagnosi corretta e della cura." A questo proposito val la pena di leggere il bel libro 'Giulia e Fausto' di Alessandra De Stefano (Rizzoli), perché da queste testimonianze la Dama Bianca esce non proprio candida, e probabilmente la verità sta nel mezzo. Ciò detto, torniamo al simpatico Bonariva, che invece ha ammesso stamani di avere un debole per le donne, tanto da diventare uno fra i dirigenti-allenatori che più si diede da fare, per far nascere in Italia, negli anni Sessanta, il ciclismo femminile. "Morena Tartagni, grande campionessa, abitava a 50 metri da casa mia. A parte la pioniera Alfonsina Strada, che gareggiava con i maschi, diciamo che la Tartagni, con i suoi successi, ha contribuito alla nascita del ciclismo femminile. Vi è da dire che ho sempre trovato difficoltà, a livello di Federazione, ad organizzare gare per le ragazze. Mi dicevano di lasciar perdere, era meglio puntare sulle categorie maschili. Ma a me piacevano le donne!" Considerazione indiscutibile, ed è grazie a personaggi come Bonariva se oggi il ciclismo femminile sta vivendo la sua primavera.

Fausto, il mio Coppi


 




In via Carrobbio 2, centro di Varese, sede della Società ciclistica Alfredo Binda (che organizza la Tre Valli Varesine) Fausto Coppi, il grande Fausto, è tornata d’attualità, grazie al libro di Luciana Rota, ‘Fausto, il mio Coppi’, presentato stamani, sabato 25 ottobre. Fausto, il mitico pedalatore, moriva nel 1960, a 40 anni, ma in realtà non è morto mai, e ci sono oltre 120 libri a ricordarcelo. E allora perché un altro volume? Perché questa storia romanzata non è mai stata scritta, meglio, mai scritta così, perché in verità il diario segreto di Bruna Ciampolini, moglie di Coppi, tradita perché l’eccelso pedalatore se ne andò con Giulia Occhini, la Dama Bianca, lasciando anche la bimba Marina, venne pubblicato dopo la morte di Fausto, a puntate su una rivista che oggi non esiste più. Ma qui l’autrice, figlia di Franco Rota, addetto stampa ante litteram di Coppi, amico di famiglia, amplia il diario, lo rende romanzo. E così sappiamo dalla viva voce della scrittrice (intervistata stamani dal giornalista e scrittore Paolo Costa) che Fausto e la moglie si incontravano di notte, in auto, e che Coppi, uomo buono (non certo uno con il pelo sullo stomaco, come si direbbe oggi) visse la sua storia d’amore con Giulia (che portò anche alla nascita del figlio Faustino) con sensi di colpa, incertezze, sofferenze e non solo gioie. Dalle pagine scritte da Bruna, una donna che morirà giovane, triste, mai dimentica del suo unico sposo, che non tradirà, abbiamo l’immagine di Fausto che non riesce a risolvere, in cuor suo, una cosa più grande di lui, e che addirittura pensa al suicidio. Coppi non è dunque, nel privato, un campione invincibile, ma un uomo se vogliamo fragile, sensibile, incerto, deciso a rischiare per un amore nuovo, ma nello stesso tempo consapevole dell’alto prezzo che avrebbe dovuto pagare, e che pagò, senza mai riuscire a trovare la serenità, la gioia che certamente gustò sulla sua amata Bianchi. Presenti stamani, oltre al padrone di casa Renzo Oldani (presidente della Binda) un ex gregario di Coppi, Alfredo Bonariva, che fu con il campionissimo nel 1957/1958. Classe 1934 Bonariva, a 91 anni, conserva una lucidità sorprendente, e ha arricchito la mattinata con aneddoti davvero interessanti (vedi altro post).


giovedì 23 ottobre 2025

Una Bibbia da fiaba



Avete mai pensato che, in fondo, la Bibbia molto ha a che spartire con le fiabe? Ebbene, anche di questo argomento (insieme a tanti altri) hanno dialogato ieri sera i soliti quattro amici, non al bar ma nella casa di uno di loro, riuniti per la tradizionale risottata stagionale, cioè autunnale. 
 

Sul luogo del 'delitto'


 

L'assassino torna spesso sul luogo del delitto, come due prof di ginnastica, più o meno felicemente pensionati, tornano volentieri nella loro scuola, a respirare profumo di palestra e di giovinezza, ad ammirare l'entusiasmo dei ragazzi, impegnati nelle loro prime garette, nel caso in questione la corsa campestre della scuola media Vidoletti. 

mercoledì 22 ottobre 2025

I sette re di Roma

 




Ciro varcò la porta della trattoria ‘Romolo e Remo’, zona San Giovanni in Laterano, con un’urgenza: pulirsi il cappellino blu con la scritta Budapest, lordato da una cagata di parrocchetto. Il verde pappagallo alieno, volatile che stava infestando Roma e molte altre metropoli europee, aveva sganciato la sua bomba fecale in un parco davanti al Palazzo di Giustizia, centrando Ciro, pellegrino laico giunto nella capitale della cristianità per migliorare il suo stato spirituale. Con lui altri sette amici e un prete, che a Roma risiedeva e ben volentieri aveva accettato l’invito a cena di quel gruppo di turisti sui generis. Le gambe, e soprattutto i piedi di Ciro avevano parecchio da lamentarsi. Da tre giorni non facevano che camminare, salire e scendere scale verso la metropolitana, varcare porte più o meno sante, incolonnarsi in paziente attesa perché molti erano i pellegrini come loro, sollecitati verso l’Urbe da un anno giubilare.

‘Bene’ pensò, ‘finalmente ora mi riposo, pulisco ‘sta cagata, mi lavo le mani, faccio pipì e poi magno, perché dicono un gran bene di questa trattoria tipica romana. Almeno stando alle recensioni su google. Ma ci si potrà fidare? Mah…’

L’operazione in bagno (fuori c’era scritto latrina) fu rapida.

Le pareti dei locali erano tappezzate di foto con campioni dello sport, attori famosi, gente della televisione. Immagini tutte della stessa dimensione, in cornici identiche, un ordine simile a quello della processione dei Papi, appesi nei tondi a San Paolo fuori le mura. Ogni personaggio si accompagnava ad un tipo tondeggiante, basso e sempre sorridente. Un volto simpatico sopra una pancia esagerata. Ed eccolo il protagonista delle foto. Era il proprietario, un certo Orazio, che ci tenne a mettere subito le cose in chiaro: “Romolo e Remo, no, non sono li personaggi della storia de Roma. So’ i nomi de chi ha aperto sto locale, due fratelli, Romolo e Remo, rivati dall’Umbria a cercà un po’ de fortuna. Ecco er vostro tavolo.”

Subito appresso arrivò una signora magra, scattante, non bella ma nemmeno brutta, che si dimostrò attenta alle loro esigenze: “Che ve porto? ‘Na focaccetta carda? Del carciofo fritto? E da bere?”

Ora potrei tirarla per le lunghe, entrare nei particolari, attardarmi, perché ce ne sarebbe da scrivere sul concerto di spaghetti cacio e pepe, rigatoni con pancetta e carciofi, e poi carciofi alla Giudia, e trippa e coratella e lasagne e saltimbocca e l’immancabile cicoria cotta, il tutto in ammollo nel vino bianco e nel rosso, acqua a volontà, dolci, commenti lusinghieri ad ogni piatto, estasi negli occhi e gaudio nella gola. Vado veloce e arrivo al dunque. Quando si trattò dell’ora (infausta) del conto, tornò Orazio, sempre con il medesimo sorriso e neppure dimagrito di un grammo. Casomai ingrassato. Forse s’era fatto uno spiedino in cucina. “Che me dite? V’è piaciuto?”

Persino il prete lodò quell’accoglienza, stanco della cucina ecclesiale.

“Ve devo dà ‘na bella notizia. Bella non so, magari alla fine è pure brutta!”

Il gruppo restò basito.

“’Na vorta al mese, non si sa che giorno, e il giorno è questo, chi si siede prima delle otto al tavolo numero sette, giusto il vostro, può tornarsene a casa senza pagà ‘na lira…n’euro, si capisce, so’ rimasto indietro.”

Ciro guardò Orazio, e quello sguardo voleva dire: ‘Ma che diavolo stai a dì!’

“Vi farò tre domande, e chi le indovina tutte e tre regala ai suoi amici ‘sta cena gratis.”

Il prete sogghignò, era uomo di vasta cultura.

A quel punto Orazio chiamò una cameriera decisamente carina, giovane e impreziosita da un sorriso largo come il Cupolone. La ragazza giunse con un grosso contenitore. Vi erano bende per gli occhi e cuffie per sopprimere l’udito. Tutti vennero bendati e incuffiati. Uno alla volta restava senza cuffia, per ascoltare la domanda.

Anche qui andrò alla bersagliera, di corsa. La prima domanda era l’elenco dei sette re di Roma, in ordine di successione dinastica. Nessuno dei primi otto azzeccò la lista. Chi partì con un Romolo e Remo, chi sbagliò l’ordine temporale, chi confuse solo qualche lettera, chi addirittura non azzeccò neppure il primo. Toccò dunque a Ciro, che ravanò nelle sue memorie della scuola elementare e non sbagliò un colpo: Romolo, Numa Pompilio, Tullo Ostilio, Anco Marzio, Tarquinio Prisco, Servo Tullio e Tarquinio il Superbo.

“Molto bene…per voi” disse Orazio. “Il più è fatto. Le altre due sono facili.”

“Sono pronto” disse Ciro, con aria vittoriosa e insieme timorosa.

“Bisogno sapè la storia antica, ma nun se pò dimenticà quella de oggi. Ora mi devi dì chi è er sindaco de la nostra grande Roma. Me basta il cognome, te vojo dà ‘na mano.”

Ciro era un po’ scarso in tutto, e la politica non era certo il suo forte. Partì il tempo: aveva un minuto per rispondere. Più pensava, più gli veniva da dire Rutelli, ma sapeva che il belloccio non era più sindaco da tempo. Come gli venne alla mente Gualtieri resta ancora un mistero. Sparò e ancora una volta azzeccò.

Orazio non mutò la serenità del volto, ma in cuor suo fece quattro conti: erano in nove, avevano mangiato con una certa abbondanza, diciamo almeno una trentina di euro a testa, tre per nove ventisette, duecentosettanta euro….insomma, non poco. Pensò di cambiare l’ultima domanda ma volle mantenere la tradizione del locale, che prevedeva la prima domanda sempre uguale (quelle dei sette re) ma le altre due variabili, però erano decise prima, non all’ultimo. E la domanda scelta per quella sera era facile.

“Dunque, signori, anzi, signore, visto che gli altri non sentono e non vedono. T’è rimasta l’ultima domanda. Mò tu me devi dì er nome di quel pappagalluccio verde de merda che cià ‘na voce che te spacca li timpani e li cojoni. Via col tempo!”

Ciro sorrise: “Questa la so, anche perché ha lasciato l’impronta sul cappello magiaro, regalo di mia figlia.”

“Guarda che er tempo core!”

“Hai ragione…Parrucchetto!”

Il volto di Orazio divenne radioso: “E qui casca l’asino, senza offesa naturalmente! Parrocchetto, parrocchetto. Vedi la vita? Basta sconfonne ‘na o con ‘na u e sta vitaccia te frega.”

Velocemente, la bella ragazza liberò gli avventori dall’impiccio delle bende e delle cuffie. Gli amici capirono che nemmeno Ciro ce l’aveva fatta.

“Però la vita nun te lassa a bocca secca. Camì, portace la bottiglietta che sai!”

Camilla (la bella figliola) tornò con una bottiglia di amaro Nerone.

“Questa ve la offre la casa, per non farve stà con l’amaro in bocca. Bevete alla salute vostra” e Orazio se ne andò traballando su gambe non proprio atletiche, pensando che per un altro mese la cassa era salva.  

 

 


martedì 21 ottobre 2025

Mò te magno


 

Mò te magno. Consigli culinari: trattoria 'Romolo e Remo', zona San Giovanni in Laterano. Mò te magno, direbbe Alberto Sordi. Io dico solo: buon appetito! (foto Ezio Ermoli) 

Corsa campestre Vidoletti

 










Come ogni anno, torno volentieri alla corsa campestre della scuola media 'Vidoletti': qualche foto, ma soprattutto la 'carezza' della gioventù e l'incontro con ex colleghi ed ex alunni. Ho rivisto con piacere, ad esempio, Marco Trevisanut, il mio unico alunno che riuscì, in terza media, a scendere sotto i tre minuti nei 1000 metri. Ecco i campioni di istituto: per le terze Simone Cutuli (3E) e Raffaella Origgi (3H). Per le seconde Daniel Giroldi (2E) ed Elena Pra Floriani (2G). Per le prime Giulio Segato (1E) e Anna Freri (1F). 
Complimenti ai prof di ginnastica (pardon: Scienze Motorie e Sportive), che danno seguito alla tradizione Vidoletti, la scuola delle due esse, cioè Sport e Studio! 



lunedì 20 ottobre 2025

Mezza maratona di Roma


 


Domenica 19 ottobre, Half Marathon of Rome. La marea rosa lascia il Palazzo di Giustizia (abbandonando molte spugne) e si avvia verso Piazza del Popolo. Averlo saputo avrei corso anch'io. 

Parrocchetti romani


A Varese i parrocchetti non sono ancora arrivati, ma Roma è piena di questi pappagalli, specie aliena che si sta diffondendo in molte città non solo italiane. Fanno un gran baccano, riempiono i parchi, alloggiano sugli alberi con nidi anche di notevoli dimensioni (possono raggiungere i cento chili). Importati come animali da gabbia e da compagnia, grazie ad alcuni pionieri che si sono liberati (o sono stati liberati), in questi decenni si sono riprodotti in grande abbondanza.