venerdì 3 aprile 2020

Saul & The Infinite Inside




                                                                                          ph valentina zanzi

The Infinite Inside

Non si ferma la vena creativa di Saul Bertoletti, nome d’arte Saul. Dopo ‘In Between Things’, ecco un nuovo cd, dieci brani scritti (parole e musica) da Saul: ‘The Infinite Inside’. Il quarantenne cantautore luinese-scozzese (per vent’anni in Scozia) propone, come nel precedente lavoro, brani rock-pop (i primi 6) e canzoni che richiamano con più convinzione il genere folk-country (le restanti 4). Testi in inglese, musica di ottima fattura, grazie al contributo di Guido Zanzi (che è anche il produttore del cd), Umberto Bellodi, Andrea Perino, Riccardo Cugnasco, Sara Mainardi, Gino Mancuso, Alessandro Grisostolo e Alessandro Pioppo. Grafica e foto di Valentina Zanzi.
Incontriamo Saul a Varese, presso i Toeplitz Recording Studio, dove sono stati registrati i brani, fra l’ottobre del 2019 e il gennaio del 2020. Detto del genere musicale, ci interessa capire soprattutto i testi, perché le parole sono nota fondamentale nel lavoro di Saul, che punta molto sul contenuto non solo musicale.
“The Infinite Inside” spiega Saul, “l’infinito dentro…sì, il fil rouge di tutte le canzoni del mio nuovo album è l’infinito. La mia fonte di ispirazione è stata l’Infinito di Giacomo Leopardi, sono stato di recente a Recanati. Importante è stato anche l’incontro con Davide Rondoni e la sua lettura dell’Infinito leopardiano. Ho cercato di immaginare come tutto e tutti noi facciamo parte di una linea che ci unisce; dovremmo essere più critici su come spendiamo il tempo di queste nostre vite brevissime. L’album contiene anche riferimenti alla mia visione agnostica dell’infinito. Ci si può sentire parte di qualcosa di infinito, senza credere nell’al di là? Sì, perché nascita e morte sono piccolissime gocce nell’oceano dell’infinito.”
Vediamo allora, in sintesi, il significato dei testi dei singoli brani.
“La prima traccia è Weapons, armi” spiega Saul. “Riprendo qui alcuni contenuti del mio primo album, cioè la mia reazione all’era dell’informazione tecnologica. I social network sono come dare una pistola ad un bambino, possono distruggere la realtà in pochi secondi. La ricerca della verità è falsata, le opinioni sono ormai l’unica verità. Abbiamo poi Underclass of 92, che è la traccia più amarcord dell’album. Parla dei miei vent’anni e della fortuna di vivere ancora il rocknroll come stile di vita, prima dell’era digitale. Il 1992 è stato l’anno dove la controtendenza UK ha cambiato la musica dance in rock, e vederla cambiare con gli occhi da teenager è stata come l’esperienza dell’arrivo del rock negli anni ’60.
Greasy surface, superficie grassa, è una metafora che mi piaceva sviluppare. Su una superficie oleosa l’acqua forma piccole gocce che non si incontrano, un po’ come le nostre vite: siamo connessi o è solo una sensazione e in realtà non ci si incontra mai?
Me, no one or someone else, cioè io, nessuno o qualcun altro: è una riflessione sul nostro futuro. Quando andremo sotto terra, saremo solo un mucchio di ossa? Forse saremo davvero solo cibo per vermi. Dico nel testo: per dimostrare la mia teoria, vieni e scuoti la mia bara, il suono che sentirai saranno solo ossa marce.
Poi abbiamo la traccia che dà il titolo all’album, The infinite inside. La domanda retorica nel ritornello (Come potrei? Giuro che sento l’infinito) si riferisce al fatto che la nostra spiritualità a volte è così forte che non riusciamo nemmeno a respirare, una forma di sublime che continua, come l’oceano o il vento che ci fa sentire parte di qualcosa di immenso. Si vivono due sensazioni: la vita è preziosa, ma nel contempo ci si sente vulnerabili.
Il concetto di Quicksand, sabbie mobili, è un po’ questo: sii felice non solo per te stesso ma anche per gli altri, perché l’infelicità porta di solito ad essere crudeli e conduce gli altri nelle tue sabbie mobili dell’infelicità.     
Amo Shakespeare, il bardo ha ispirato il mio brano To Thine Own Self, sii vero con te stesso, frase che pronunciò Polonious in Hamlet. Cerchiamo di essere onesti almeno con la nostra anima. E siamo al brano numero otto, The Circle of Neglect, il circolo dei trascurati. Mi immagino un girone dantesco, persone trascurate sono in costante moto di poco amore per se stessi e non riescono ad uscirne, facendo del male a loro stessi e agli altri. Vivere la vita in modo coraggioso non è da tutti, molti preferiscono scendere a scomodi compromessi e poi sfogarsi con il prossimo.
Afterlife (Vita dell’aldilà) è una canzone ironica: le religioni puntano sull’aldilà, ma si dimenticano che la vita dell’aldiqua va vissuta e amata. Infine ecco The Wind and the Crows, il vento e I corvi: è un brano allegorico, il vento è simbolo dell’infinito, i corvi -secondo molte culture- rappresentano la precarietà della vita, quindi senti il vento come forma di eterno, e osserva i corvi come costante richiamo alla brevità del nostro esistere.”

Purtroppo il Coronavirus ha interrotto sul nascere la presentazione del nuovo cd di Saul al pubblico. Al momento abbiamo una data, sabato 6 giugno 2020 all’Auditorium di Maccagno, ma tutto è in forse. Torneremo sull’argomento, aggiornando in merito alle date del tour.  

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