Conosco
Anna Lina Molteni dal gennaio del 1992, quando mi autografò, con dedica, il suo
romanzo ‘La stagione del gufo dorato’. Avevamo partecipato entrambi al premio
Montblanc per giovani narratori, lei arrivò in finale, io no, lei vide il suo
libro pubblicato dalle Paoline, io dovetti aspettare altro tempo. La invitai,
negli anni successivi, a presentare alcuni miei lavori, lei venne molto
gentilmente, dimostrando di saper scrivere, ma anche di saper leggere gli
scritti altrui e di dare interpretazioni interessanti. Poi un lungo silenzio di
anni, non ci siamo più incontrati ma abbiamo continuato a dare seguito alla ‘malattia’
dello scrivere, completando, arricchendo i nostri mestieri (lei veterinaria, io
insegnante) con romanzi e racconti. Di Anna Lina posso citare ‘Falsa staffa’ e
poi i romanzi recenti, che l’hanno condotta dalla brughiera e dal suo amore per
i cavalli sino alle montagne, con una particolare attenzione alle figure
femminili e alla loro condizione nella storia. Ecco allora ‘L’ombra dei Walser’,
‘Lo specchio verde-I libri e le montagne di Giovanna Zangrandi’, ‘Nient’altro
che un nome’. E sul mondo dei Walser la Molteni è tornata con ‘Il Walser dell’imperatore’
(MonteRosa edizioni). Si legge nel risvolto di copertina: ‘…è un romanzo
ispirato alla straordinaria epopea di Antonio De Toma (1821-1895), ragazzino
walser che, partito dalla Valsesia a undici anni come semplice garzone
gessatore, divenne il più celebre stuccomarmista dell’Europa Centrale. Conteso
dai sovrani, gli affidarono la decorazione dei propri palazzi Oscar I di
Svezia, Ludwig II di Baviera, Francesco Giuseppe d’Austria. De Toma fu
profondamente legato alle proprie radici walser e orgoglioso delle origini mai
dimenticate, al punto da continuare a usare il titszchu come lingua di scambio
con i propri collaboratori valsesiani.’ Rivelata la trama, dirò che la prosa della
scrittrice varesina è una prosa ‘classica’, con ciò intendendo un corretto uso
di grammatica e sintassi (non è sempre scontato), un narrare accurato senza
essere ricercato, una scorrevolezza che facilita la lettura. Ecco un esempio: ‘Hai
mai pensato che l’autunno viene solo per il bosco ceduo? E’ bastata una mattina
di vento perché gli aghi che ancora resistevano sui rami dei larici si
staccassero definitivamente e ora sul sentiero dello chalet De Toma c’è un
pavimento di fiammiferi gialli, regolari nella forma, ma mischiati in una
distribuzione casuale, come tessere di uno dei tanti mosaici veneziani che hai
composto negli anni in cui sei stato il più abile decoratore d’Europa.’

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