Ma la fine dell'estate 2013 è anche -e per fortuna- una bella notizia, cioè l'uscita del nuovo cd della PBB, 'Back to the country'. Non trovo di meglio che riproporre la bella recensione del critico musicale Pierangelo Valenti.
l
progetto Piedmont Brothers Band di Ronald Martin e Marco Zanzi è arrivato al
quarto traguardo. Una grande idea di collaborazione tra Vecchio e Nuovo
Continente, basata su una solida fraterna amicizia e gusti musicali comuni, si
è ormai da tempo concretizzata ed ha prodotto opere pregevoli in ambito country
rock ed oltre. Quasi un lustro di vita, considerando il genere preso in esame,
le difficoltà artistiche e materiali, organizzative e finanziarie, specie in
Europa, è di per sé un successo straordinario. E tutto ciò si deve sì al coraggio
ed alla tenacia di chi ha voluto questa avventura, ma anche alla bontà e alla
grande serietà della proposta musicale.
Parlando di covers il repertorio d’oltreoceano, da dove tutto è partito, sembra pressoché infinito: sta proprio al buon gusto dei professionisti scegliere il materiale opportuno e qui la raffinatezza del ricercatore si è prodigata in tre vere e proprie perle. Brani come “Colorado” ed “In My Own Small Way” di Rick Roberts e “And Settlin’ Down” di Richie Furay (qui presentata in duetto con la figlia Jesse Furay Lynch), oltre ad aver contribuito a scrivere la storia del country rock, non hanno mai perso una nota del loro fascino a più di quarant’anni dal loro apparire sulle scene americane proposte dai Flying Burrito Brothers e dai Poco, due dei primi gruppi storici del genere.
Ma dove l’intero lavoro trova quasi la sua ragione d’essere e la sua linfa vitale sono nelle composizioni originali dei membri della PBB, i due fondatori e la cerchia sempre più allargata e vitale dei collaboratori accomunati dalla medesima passione, e la partecipazione di parecchi musicisti che il country rock l’hanno creato, scritto e vissuto in prima persona. E qui la lista dei nomi dei vecchi leoni è impressionante per qualità e quantità. In compagnia di Roberts (FBB, Firefall) e Furay (Buffalo Springfield, Poco, Southern-Hillman-Furay Band) spuntano Gene Parsons (Nashville West, Byrds, FBB, Parsons Green), Buddy Cage (New Riders of the Purple Sage, session man in un’infinità di albums di altri artisti), Patrick Shanahan (Stone Canyon Band di Rick Nelson, New Riders of the Purple Sage) e Stephen A. Love (Stone Canyon Band, New Riders Of The Purple Sage, Roger McGuinn). Il loro contributo strumentale e vocale in parecchie tracce dell’album risulta spesso determinante ed il loro tocco, confidenziale, rassicurante e sempre a proposito, una garanzia per l’appassionato di lungo corso. A parte un ispirato omaggio al cantautore Hugh Moffatt, i brani scritti da Ron Martin e Marco Zanzi, coadiuvati e aiutati di volta in volta da Ray O’ Neil, Katherine Walczyk, Mike Gallivan e Rita De Cillis, sono di per se stessi una delle vere sorprese dell’intero lavoro: composizioni mature, pregnanti, contenenti il seme del genere musicale prediletto, ma del tutto emancipate ed originali, a volte mediate da sapori ed atmosfere angloscotoirlandesi per completare e chiudere il cerchio ideale e geografico.
I due amici promotori, ormai a loro completo agio con l’argomento e padroni della materia, si prodigano in un paio di gioielli che non sfigurerebbero affatto in una hit parade di singoli senza tempo (e che probabilmente finiranno per trovare la loro giusta collocazione proprio in quella sede). “Back To The Country”, titolo di per sé un programma, è un lavoro affascinante, frutto di amore, passione e grande professionalità, di tecnica e di gusto, che nulla ha da invidiare a realizzazioni d’oltreoceano miracolate da un budget mirabolante. Lasciate scorrere le prime note, con vostra grande sorpresa in brevissimo tempo vibreranno all’unisono col vostro cuore.
Pierangelo Valenti – Agosto 2013
Parlando di covers il repertorio d’oltreoceano, da dove tutto è partito, sembra pressoché infinito: sta proprio al buon gusto dei professionisti scegliere il materiale opportuno e qui la raffinatezza del ricercatore si è prodigata in tre vere e proprie perle. Brani come “Colorado” ed “In My Own Small Way” di Rick Roberts e “And Settlin’ Down” di Richie Furay (qui presentata in duetto con la figlia Jesse Furay Lynch), oltre ad aver contribuito a scrivere la storia del country rock, non hanno mai perso una nota del loro fascino a più di quarant’anni dal loro apparire sulle scene americane proposte dai Flying Burrito Brothers e dai Poco, due dei primi gruppi storici del genere.
Ma dove l’intero lavoro trova quasi la sua ragione d’essere e la sua linfa vitale sono nelle composizioni originali dei membri della PBB, i due fondatori e la cerchia sempre più allargata e vitale dei collaboratori accomunati dalla medesima passione, e la partecipazione di parecchi musicisti che il country rock l’hanno creato, scritto e vissuto in prima persona. E qui la lista dei nomi dei vecchi leoni è impressionante per qualità e quantità. In compagnia di Roberts (FBB, Firefall) e Furay (Buffalo Springfield, Poco, Southern-Hillman-Furay Band) spuntano Gene Parsons (Nashville West, Byrds, FBB, Parsons Green), Buddy Cage (New Riders of the Purple Sage, session man in un’infinità di albums di altri artisti), Patrick Shanahan (Stone Canyon Band di Rick Nelson, New Riders of the Purple Sage) e Stephen A. Love (Stone Canyon Band, New Riders Of The Purple Sage, Roger McGuinn). Il loro contributo strumentale e vocale in parecchie tracce dell’album risulta spesso determinante ed il loro tocco, confidenziale, rassicurante e sempre a proposito, una garanzia per l’appassionato di lungo corso. A parte un ispirato omaggio al cantautore Hugh Moffatt, i brani scritti da Ron Martin e Marco Zanzi, coadiuvati e aiutati di volta in volta da Ray O’ Neil, Katherine Walczyk, Mike Gallivan e Rita De Cillis, sono di per se stessi una delle vere sorprese dell’intero lavoro: composizioni mature, pregnanti, contenenti il seme del genere musicale prediletto, ma del tutto emancipate ed originali, a volte mediate da sapori ed atmosfere angloscotoirlandesi per completare e chiudere il cerchio ideale e geografico.
I due amici promotori, ormai a loro completo agio con l’argomento e padroni della materia, si prodigano in un paio di gioielli che non sfigurerebbero affatto in una hit parade di singoli senza tempo (e che probabilmente finiranno per trovare la loro giusta collocazione proprio in quella sede). “Back To The Country”, titolo di per sé un programma, è un lavoro affascinante, frutto di amore, passione e grande professionalità, di tecnica e di gusto, che nulla ha da invidiare a realizzazioni d’oltreoceano miracolate da un budget mirabolante. Lasciate scorrere le prime note, con vostra grande sorpresa in brevissimo tempo vibreranno all’unisono col vostro cuore.
Pierangelo Valenti – Agosto 2013
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