sabato 31 dicembre 2022

mercoledì 28 dicembre 2022

A Enrico


 

Dedico questa mia poesia all'amico Enrico Piazza, che l'ha letta nella primavera 2018 davanti agli alunni della Vidoletti.



La banchèta dul tramunt

 

Gh’è ‘na panca da prea pasà la Setima,

la gran Capela du la flagelaziùn,

a l’è la me banchèta dul tramunt,

ma seti giò, par mi gh’è pü nissün.

 

Vo lì quand cal fa frecc e tira vent,

cunt l’aria fina i niul in partì;

vo lì par imparà ma sa fa cito,

parché ma piass sentì sa diss ul dì;

 

ul dì quand l’è vegnüü ‘l mument da nà,

quand gh’è pü temp par dì: ‘Sa vedarà’.

E ‘l dì al sa fa ross par la vargogna

di robb trasà, dul ben dismentegà.

 

Ma l’è bell chel culur dra verità,

föögh frecc, fiama pizava pasà ‘l lagh.

E quand ul su l’è naj ma vegn da dì:

‘Sa l’è inscì bel murì, vörì murì.’

 

Ma ‘n boff da vent gerà pizìga i oss:

‘Vegn nott, vegètt, camina cal fa frècc.’

Inscì, mia tant persuas, ma drizi in pè,

disi ‘n patèr e turni al me mistè.

 

Intant ul su l’è mòrt dumà par mi,

la so crapa pelada sbusa ‘l mar,

la nott l’è bela e prunta par murì,

dasi dasi sa pìza n’altar dì.

 

3° classificato

Concorso Poeta Bosino 2012

31 gennaio 2013

 

 

  

 

 

 

La panchina del tramonto

 

C’è una panca di pietra passata la Settima,

la grande Cappella della flagellazione,

è la mia panchina del tramonto,

mi siedo, per me non c’è più nessuno.

 

Vado lì quando fa freddo e tira vento,

con l’aria pura le nuvole sono partite;

vado lì per imparare come si fa silenzio,

perché mi piace sentire cosa dice il giorno;

 

il giorno quando è venuto il momento di andare,

quando non c’è più tempo per dire: “Si vedrà.”

E il giorno si fa rosso per la vergogna

delle cose sciupate, del bene dimenticato.

 

Ma è bello quel colore della verità,

fuoco freddo, fiamma accesa al di là del lago.

E quando il sole se n’è andato mi viene da dire:

“Se è così bello morire, voglio morire.”

 

Ma un soffio di vento gelato pizzica le ossa:

“Arriva la notte, vecchietto, cammina che fa freddo.”

Così, non tanto convinto, mi metto in piedi,

dico un padre nostro e torno al mio lavoro.

 

Intanto il sole è morto solo per me,

la sua testa pelata buca il mare,

la notte è pronta per morire,

adagio adagio si accende un altro giorno.

lunedì 26 dicembre 2022

Luci su Varese



 


Finalmente sono riuscito a recarmi ai Giardini per fotografare le tanto decantate-criticate-osannate-depauperate luminarie di questo Natale 2022. Critiche più comuni: troppo costose, troppo arabeggianti, da sagra del Sud, o tipo Las Vegas, poca presenza di simboli religiosi, cioè manca il festeggiato che giustifica la festa del Natale. Stando al giornale online Malpensa24 i costi per le luci sono inferiori a quelli dello scorso anno (130.00 euro contro i 140.000) ma bisogna aggiungere 70.000 per il progetto dei racconti che vengono proiettati su Palazzo Estense, soldi che arrivano da alcuni sponsor e dalle risorse dell’imposta di soggiorno. (In foto il vicesindaco Ivana Perusin e Valerio Festi dello Studio Festi, che ha organizzato l'evento).  I costi sono effettivamente alti, non facile è stata la scelta dei nostri amministratori, che puntano naturalmente sull’indotto: tanti visitatori, tanti turisti con ciò che ne consegue. E la gente sta arrivando. Anche stasera, 26 dicembre, molti i presenti. A mio giudizio l’effetto è bello, non si discute, ma da cristiano sento la mancanza di simboli religiosi. Due enormi cavalli bianchi...Non ci stava un presepe su quelle pedane? Si dirà: ognuno ha i suoi gusti, ma Natale si chiama così perché è nato Qualcuno. 


Nel Giardino Incantato


 

Lidia e Antonio nel Giardino Incantato

Come d’abitudine Lidia e Antonio tengono alta la tradizione del nostro bel dialetto, e lo hanno fatto anche il giorno di Santo Stefano 2022, intervenendo alle ore 18 sotto le luci colorate del Giardino Incantato, ai Giardini Estensi. Sotto gli occhi attenti del vicesindaco di Varese Ivana Perusin, di Valerio Festi (dello Studio Festi, al quale si deve la magnificenza delle luci natalizie) e dei varesini, la coppia ‘più bosina del mondo’ ha letto alcune poesie dei nostri più quotati poeti dialettali, poesie del passato eppure sempre attuali, come quella che alludeva ad alcune polemiche sulle luci natalizie (polemiche che non sono mancate anche in questo Natale 2022) e l’altra sui mali di stagione, influenze già mortificanti allora. Una bella occasione per la Famiglia Bosina di far sentire la sua presenza anche nelle festività natalizie. Grazie dunque ai coniugi Borgato-Munaretti, che non deludono mai. Per onore di cronaca dobbiamo annotare che non tutti i molti presenti sotto la lunga galleria luminosa si fermavano ad ascoltare, tenuto conto che si trattava soprattutto di giovani famiglie con bambini, trenta-quaranta-cinquantenni che naturalmente non conoscono affatto il nostro dialetto, per loro arabo come arabeggiante è per certi aspetti lo stile delle luminarie.


Ciao Vittorio


 

La foto è di qualche annetto fa (e si vede) ma testimonia che ho avuto l'onore di posare con Vittorio Adorni, Sandro Stocchetti, Francesco Moser e Gianni Motta.

Ciao Vittorio, pedalatore gentile.

La preghiera del runner


 

Stamani, lunedì 26 dicembre, Santo Stefano, sono salito a piedi lungo la rizzàda della Madonna del Monte. Ieri, Natale, non c’era nessuno, oggi tanti viaggiatori (intenti a smaltire il surplus natalizio) e alcuni correvano. Arrivato al Mosè ho assistito a questa scena: tre runner erano già arrivati di corsa e attendevano il quarto. Questi tre erano visibilmente allenati e giovani, il quarto è arrivato arrancando, sbuffando, appesantito dalla salita e dai chili, deciso a non mollare. Mitragliando il cuore a 180 pulsazioni al minuto come minimo questo tale, paonazzo, mentre prendeva fiato con evidente carenza d’ossigeno cercava anche di raccontare la sua avventura podistica. E’ nata in me la seguente preghiera:

 

Madonna nera del nostro Sacro Monte, veglia sui runner a chiaro rischio di infarto, che seguono non la legge del Signore ma quella del basta far fatica, più fatica si fa meglio si sta, basta la buona volontà e si arriva ovunque; vigila su chi accetta la sfida con falsi amici più giovani e allenati, e non molla per non sfigurare; proteggi chi non fa test da sforzo, chi non si allena con gradualità e pretende, chi si illude che gli anni non trascorrano, chi mangia e beve di tutto tanto poi faccio sport, chi corre sul dolore, chi prende le medicine, non parliamo di chi si dopa...Insomma, ci siamo capiti. E naturalmente veglia anche su di me, che non sono pazzo come il tale di stamattina, che sono prudente e so bene i miei limiti, ma che ho bisogno di un occhio di riguardo E così sia.




sabato 24 dicembre 2022

Il Natale di Fabio


 

Il Natale di Fabio

 

E’ sempre consolante per me partecipare alla Santa Messa della vigilia di Natale, che da 17 anni viene celebrata per ricordare la morte di Fabio, ragazzo varesino. E’ consolante perché vedere così tanta gente, tanti amici che confidano nella certezza che via siano un Dio e una Vita Eterna, capaci di compensare le perdite della vita terrena (compresa la perdita inconcepibile di un figlio) mi dà coraggio, speranza, io che non considero per niente certo il Mistero di Dio. E’ certa ad esempio la morte ma non la resurrezione. Eppure persino i genitori di Fabio, cioè coloro che più di tutti soffrono per questa mancanza atroce, riescono a mantenere la fede e a vivere ancora. A volte – forse – riescono anche ad essere un po’ felici. Ciò è miracoloso. Sono questi i veri eroi, non certo Messi (the new messia per tanta gente!) né i più seguiti ‘influenzatori’ eccetera.

Ecco un nuovo Natale. Sono tale e quale gli altri anni, se non peggio. Dovrei perdere la speranza. Certi momenti di preghiera sono come un colpo d’aria sulla brace.

 

giovedì 22 dicembre 2022

Ciao Roberto


 

Caro Roberto, una cosa soprattutto mi è rimasta nella memoria di ciò che ha detto tuo figlio durante i funerali, e cioè che in casa non parlavi molto, anche perché eri un po’ timido. Lo sospettavo, sospettavo che dietro quel tuo sorrisetto e quel parlare meditato e lento ci fosse anche un velo di timidezza, una difficoltà ad aprirti, a svelarti, un tenere per te forse anche per paura di sbilanciarti, soprattutto negli affetti. O forse ti davi così tanto alla vita pubblica, alla politica, alla carriera amministrativa da cercare in casa finalmente la quiete, il riposo. Ora Varese ti ritrova – dopo le esequie di Stato – appeso ai muri, nei manifesti voluti dalla Lega Nord. Ancora una volta col tuo caratteristico sorriso.

Buon Natale. 

mercoledì 21 dicembre 2022

Sara sul Breithorn






 

Complimenti all'ex alunna Vidoletti Sara Bianchi, che è salita sulla vetta del Breithorn occ. (m 4165 - Gruppo Monte Rosa). 

Il racconto di Simone

 


Non c'è Natale senza il racconto di Simone....eccolo


ESSE MAIUSCOLA

di Simone Mambrini






Ogni anno, verso la fine di agosto, il Piermarini e il Vanzetta sparivano, in

pratica, dalla circolazione. Proprietari delle due grandi ville poste “agli antilopi” del

paese (come diceva l'ubriaco comunale quando era quasi sobrio), utilizzavano ogni

momento libero per la progettazione degli addobbi natalizi dei rispettivi giardini.

La faccenda era iniziata per caso molti anni prima, quando uno dei due aveva

iniziato a mettere un presepe in giardino. Dal momento che tra i due, fin

dall'adolescenza, si era instaurata una grande competitività, l'altro l'anno successivo si

sentì in dovere di fare lo stesso; ovviamente per sentirsi dire che era migliore del

primo.

Nel paese la cosa inizialmente fu presa sul ridere, e il parroco in fondo ne era

contento, tanto che si recava personalmente a benedire le due opere nel pomeriggio di

Santo Stefano. Ma col passare degli anni, la furia competitiva di entrambi prese il

sopravvento, fino al punto di iniziare la progettazione mesi prima. Le povere mogli

dei due avevano il divieto assoluto di parlare del progetto e dello stato dei lavori, e

trascorrevano settimane molto pesanti, con i rispettivi mariti tesi e concentrati “a

fargliela vedere, a quello là”.

Se uno dei due avesse messo un lago coi pesci rossi, l'altro l'anno dopo uno più

grande, con le trote. Una collina? L'altro una montagna, e l'anno dopo la funivia, gli

sciatori.

E via discorrendo, anzi ingrandendo.

Il parroco, visto l'andazzo, sospese le benedizioni con una scusa, e si limitava

ad osservare: ogni anno attendeva la prima serata propizia (cioè con il tempo

peggiore possibile) e usciva sul tardi, per dare un'occhiata. L'unico rischio, in quelle

occasioni era incrociare uno dei due, che approfittava della situazione per sbirciare il

lavoro dell'altro. Se ne andava sempre, poi, scrollando il capo, pensando di non essere

visto.

In realtà gli artisti erano sempre all'erta, per controllare quanta gente sarebbe

passata a vedere il proprio lavoro, quanto si fermavano ecc. Per poter concludere che

era stato sicuramente un successo, e più gradito dell'altro, non considerando che in

pratica tutta la gente del paese si recava da entrambi. Ma anche per controllare se la

creazione avesse bisogno di qualche intervento. A causa della “crescita”, infatti,

capitava sempre più spesso che nel periodo di esposizione si rendesse necessario


cambiare una lampadina, incollare qualche pezzo che con la pioggia si fosse staccato

ecc.

Così una sera, mentre il Piermarini stava sistemando i cavi della famosa

funivia, e non poteva essere visto dalla strada, ascoltò il dialogo tra un bimbo e la

madre, che stavano guardando il presepe. La madre, tutta contenta, mostrava al figlio

ciò che c'era di nuovo, e si sentì domandare: “Mamma, ma Gegiubambino si è

naccotto?”.

Dopo un attimo di smarrimento, perché non riusciva nemmeno lei a trovare

dove fosse la capanna con la stella cometa, risolse la questione: “Eh sai, non è ancora

la Vigilia, non l'ha ancora messa”. Ma il bambino non era mica tanto convinto...

Il Natale successivo si presentò in grande stile: dai primi di dicembre attacco' a

nevicare come si deve, e il paese fu presto sommerso dal manto in modo consistente.

L'atmosfera era propizia, ma il Vanzetta non era contento: “Con questa maledetta

neve la gente viene e si ferma pochissimo.” pensava “Vengono tutti come sempre ma

scappano via subito. E sì che quest'anno mi sono superato: ho messo pure i grattacieli

di Milano”.

E si preparò per la missione segreta: fece il giro largo, dove le luci dei lampioni

erano più rare e fioche, avvicinandosi alla villa del Piermarini. A un tratto dovette

però nascondersi: c'era gente, nonostante nevicasse ancora. Nascosto dietro a un

cespuglio, rosicava: cosa diavolo aveva messo di nuovo, perché si fermassero così a

lungo?

Finalmente si liberò il campo, e poté avvicinarsi. Il giardino era buio, eccetto

un punto, ben visibile: capanna, stella, Maria, Giuseppe, asino e bue. E il Bambino,

sorridente. Si trovò a pensare che non lo aveva mai visto sorridere così, e a leggere un

cartello che il Piermarini aveva apposto sul cancello: “Forse sarete delusi, più

probabilmente sorpresi, amici. Mi sono accorto che stavo festeggiando il signore con

la esse minuscola. Maiuscolo, però, è chi è capace di farsi piccolo, non trovate?”

Quella volta il vecchio parroco non scrollo' il capo, e decise di celebrare la

messa di Santo Stefano nel giardino del Piermarini. Presente tutto il paese.

Anche il Vanzetta.

martedì 20 dicembre 2022

Auguri Sveva



Auguri Sveva: 2+1=3

Una Regina ristampata

Grazie all’interessamento (e lo ringrazio) di Roberto Gervasini, è stato ristampato il mio libro ‘Regina delle Prealpi – L’atletica leggera a Varese’, che era esaurito nella sua versione cartacea. Ricordo infatti che si tratta di un blog-book che si può leggere gratuitamente (http://reginadelleprealpi.wordpress.com).

Chi desidera il libro di carta, con foto a colori, può chiederlo a me direttamente. 338.6806423   c.zanzi56@gmail.com

 

Anna e don Luigi


Apprendo ora della morte, a 81 anni, di Mons. Luigi Stucchi, un sacerdote che ho conosciuto soprattutto negli anni della mia collaborazione al settimanale Luce. Monsignore, come vicario episcopale, abitava sotto di noi. Un sacerdote-giornalista che ben comprendeva il nostro lavoro. Non ci siamo rivisti per molto tempo e poi, lo scorso mese di giugno, eccolo a Masnago, in occasione della presentazione del libro ‘La vita dentro – Storia di Anna Negri Valvo’, scritto da Maria Teresa Antognazza con Mario Negri. Aveva curato la bella prefazione al volume, la storia di Anna, giornalista, morta a soli 37 anni. Una storia d’amore oltre la vita, per la vita. Abbiamo scambiato due parole, Monsignore si ricordava di me, del mio entusiasmo di ‘giovane’ giornalista. Mi pareva un poco provato ma non così da lasciar presagire la sua morte dopo pochi mesi. Naturalmente ho scattato una foto, come mia abitudine, quella che vedete ora.

Scrive Luigi Stucchi all’inizio della sua prefazione: “Mi ero appena risvegliato dall’anestesia, dopo una piccola operazione chirurgica e, sapendo delle difficili e gravi condizioni di salute di Anna, ho riacceso subito il cellulare. Era lunedì 11 luglio 2005. La prima chiamata ricevuta  stata per annunciarmi che la nostra carissima Anna non soffriva più, viva per sempre, col sigillo inconfondibile di essere stata, nel breve e intenso volgere dei suoi giorni terreni, mamma per sempre…”

Don Luigi ora è con Anna.  

 

domenica 18 dicembre 2022

Mamma mia che fatica!


 


Mamma mia che fatica! Non ci sono partite-passeggiata per il basket di serie A OJM ma con Trieste si immaginava meno stress. E invece...Il primo quarto va via liscio, con 2 punti persino da baby Librizzi e 10 punti di margine per noi: 26-16. Il secondo quarto vede due belle triple di Woulde e del nostro capitan Ferrero, ma Trieste fa subito capire che è sotto di 10 ma oltre non si va, reagendo soprattutto con Gaines, Davis, Spencer e Bartley, tre ‘piccoli’ e un lungo. Si va all’intervallo lungo 47-38. E durante l’intervallo il Palazzetto si anima: l’Argentina vince i Mondiali ai rigori contro la Francia, applausi a Luis Scola. Via, si riparte. Bene Owens ma ecco il suo quarto fallo, quindi spazio a Caruso, che se la cava.  Brown (foto) fa un bel 3+1 ma seguono due palle perse per Varese, un 7-0 per Trieste che riporta sotto i friulani, mai domi. Ross (foto) alterna cose ottime a cose meno buone, Woulde è l’eroe del finale di tempo, con 8 punti in un attimo, compreso un triplone allo scadere: 72-59. Si riparte speranzosi ma Trieste c’è e soprattutto Woulde si intestardisce a far tutto lui, Brown sbaglia, i rossovestiti risalgono la china con un Bartley ispirato e un Gaines che gli fa il controcanto, sicché si arriva 83-81 a 2’30” e il nostro coach non chiede time-out. Ross sbaglia da tre, Ross viene stoppato, 85-85 e finalmente arriva il time-out quando manca un minuto alla fine. Il Palazzetto è in ambascia. Trieste perde palla in attacco (una vera manna per noi). Tiri liberi per noi, Brown ne azzecca solo uno, tripla per i triestini, poi Brown ne fa 2 da sotto e Trieste sbaglia il tiro della vittoria: 88-88, tempo supplementare.  Vi risparmio la cronaca in dettaglio, Varese va avanti di 5 (93-88) ma poco dopo siamo avanti di uno (95-94) e poi addirittura pari (97-97) e allora ci pensa Ross, una tripla e 4 liberi azzeccati, con una freddezza che riscalda i cuori biancorossi, sicché finisce 104-99. Concludendo: Varese ha vinto con gran fatica, forse un eccesso di individualità e poco giropalla. Comunque e sempre (le final-eight di Coppa si avvicinano): Forza Varese!

 


L' ALLORA di Sergio di Siero


 

E bravo Sergio di Siero, che ci regala un romanzo ben scritto e ben condotto. Vorrei scrivere che ALLORA è un libro adatto a tutti, e così è, ma direi che troverà lettori attenti e contenti soprattutto fra gli over cinquanta-sessanta, cioè in chi è arrivato al tempo dei ricordi e ben volentieri ama ripercorrere i suoi anni memorabili, gli anni più belli (vedi il recente film di Muccino). E uno scrittore ha una carta in più, cioè ha il piacere-compito-imperativo morale di lasciare per iscritto tali ricordi, nella speranza-illusione che possano durare e incontrare occhi corrispondenti. Ampia premessa per dire che di Siero, scrittore toscano-napoletano-varesino, narratore apolide che si trova bene ovunque e non bene dappertutto, immagina questa cronaca di un uomo nato agli inizi degli anni Cinquanta che ripercorre i suoi ritorni giovanili, durante il tempo dell’estate (sino alla scadenza del primo di ottobre, inizio delle scuole) nel paese natio, borgo toscano dalle parti delle colline dell’aretino. Lunghe estati lontano dai genitori, in compagnia di parenti, di amici, di personaggi caratteristici del luogo. Si parte dalla fine degli anni Cinquanta e poi ci si inoltra nei gloriosi anni Sessanta, quelli dello scoppio economico. La storia alterna cronache di paese a eventi di portata nazionale e anche più, che hanno caratterizzato quel periodo. E allora abbiamo tutta la sequenza: il dopoguerra, l’abbandono progressivo delle campagne e dei monti, l’urbanizzazione, la Dc pigliatutto di Amintore Fanfani (che è di quelle parti), e poi (molto bella) l’alluvione di Firenze con l’io narrante che si rimbocca le maniche e, adolescente, vive in diretta quel dramma e quella grande solidarietà. E c’è dentro la ribellione, i jeans, le minigonne, i figli dei fiori, i capelloni, le proteste, la voglia di nuovo, il fumo nelle sue svariate modalità, il confronto fra il vecchio mondo conservatore (zia Piera, la ‘Giovane Italia’…), la voglia di cambiamento (Vittoria…), le amicizie (soprattutto con Aldo), i primi amori, il primo sesso...insomma, tutto il corollario della giovinezza, così unica e così sprecata. Velocemente si passa poi alla contemporaneità, al tempo dell’ultimo ritorno al natio borgo selvaggio, con le pagine finali in prosa poetica, mentre il testo in generale è di facile lettura, diremmo quasi giornalistico, paragrafi brevi, periodi brevi, una facilità in più per il lettore.

La storia, come è giusto che sia, non dà consigli, non offre certezze, non regala ricette, non prende posizione, a parte l’insistita critica verso la modernità che regala oggetti di consumo e illusioni, ma non valorizza ciò che  stato. E per protesta l’autore mette nero su bianco il suo pensiero, uno sguardo disilluso ma insieme incantato, dove la poesia è pazzia.

ALLORA  (AGC edizioni) è un romanzo tutto sommato breve ma intenso, riassunto dal testo in quarta di copertina: ‘...i sassi, traditi da una società che non ha saputo considerarne il valore, diventano ruderi. Non solo a causa dello scorrere inesorabile del tempo e dell’ineluttabile bisogno di emancipazione, ma anche per la miopia e gli interessi di chi ha gestito il bene comune privilegiando tutt’altro e lasciando che il mondo di ALLORA inevitabilmente sia andato perduto.’ 

Sergio di Siero ha scritto racconti sul quotidiano La Provincia e il mensile Living. Ha pubblicato: I segni sui muri, Lontano, Parlami della tua ombra, Come le nuvole, Che sia neve.

Come ogni scrittore, ama il dialogo con il lettore. Lo si può fare: sergio.disiero@libero.it

Infine: resta il dubbio sulla copertina, una bella foto di Stella Belfiore. E’ un’alba o un tramonto? Alba se siamo in Adriatico, tramonto se siamo nel Tirreno...e dato che si parla di Toscana, propendo per un tramonto. Ma lo si può sempre chiedere all’autore.    


Terra e gente numero 30


 





Nella suggestiva cornice del chiostro di Voltorre è stato presentato ieri sera, sabato 17 dicembre, il numero 30 di ‘Terra  e gente – Appunti e storie di lago e di montagna’, il ricco annuario della Comunità Montana Valli del Verbano. Troppo piccola la sala per contenere i molti presenti, che non  hanno voluto rinunciare al tradizionale appuntamento prenatalizio, che desiderano mettere sotto l’albero questo volume davvero prezioso, coordinato da Serena Contini (foto). E allora sfogliamolo insieme, a partire dalla copertina, un olio su tela di Arthur Meadows (Londra 1843-1907) dedicato a Luino. Trent’anni, cifra tonda, un momento speciale, sottolineato anche da Simone Eligio Castoldi e da Marco Fazio, rispettivamente presidente e assessore alla Cultura della Comunità Montana Valli del Verbano.

Si comincia con Federico Crimi e Marco Dozzio, con un contributo dal titolo ‘Il Grande Lago. Tributo al Lago Maggiore nella letteratura europea e nell’arte’; abbiamo poi un pezzo di Gianmarco Gaspari, ‘Stendhal al Sacro Monte’; Emiliano Bezzon dà il suo contributo con il racconto ‘Attraverso’; Mario Iodice firma un articolo dal titolo ‘Di terra in terra. Appunti di toponomastica’; Piero Lotti è presente con ‘Lombardia terra di artisti. Nuovi restauri per le opere murali di Innocente Salvini, alla casa museo di Cocquio Trevisago’. Renzo Fazio ci porta a ‘Germignaga, un antico affresco ritrovato’; Serena Contini è  presente con ‘Il quadro che non c’è: la piscina mediterranea di Renato Guttuso’; Abbiamo poi Ilaria Gorini e Barbara Pezzoni con ‘Un lavenese illustre: il chirurgo Giovanni Battista Monteggia (1762-1815); Giuseppe Armocida firma ‘Lungo il lago o attraverso la Valcuvia? Le discussioni sul tracciato da preferire per la ferrovia Novara-Pino. Il ruolo del deputato Giulio Adamoli (1876-1882); abbiamo poi Francesca Boldrini con ‘Mai visti tanti uomini in chiesa come oggi. Ci volevano proprio i tedeschi a mandarvi’. I tristi giorni del ‘Concentramento’ di Rancio Valcuvia, 13-17 novembre 1943 nelle lettere di Anna Besana-Zucchi’; Gianni Pozzi è nel volume con ‘Battaglia del San Martino: le prime commemorazioni’; Sergio Redaelli ci parla de ‘Il Giornale, le cronache degli anni di piombo varesini’; Eugenio Carlini, Paola Guldero, Elisa Scancarello e Adriano Martinoli firmano il pezzo ‘Cinghiale: da specie di macchia a estemporaneo cittadino. Quali prospettive future per la gestione del cinghiale?’; e ancora Giancarlo Peregalli con ‘In ricordo di Giancarlo Peregalli: un estratto dalla tesi di laurea Una ricerca di demografia storica. La popolazione della parrocchia  Santi Giacomo e Filippo Apostoli di Laveno dal 1680 al 1797’; Stefania Peregalli ci parla di ‘Carluccio Taccani, il catalogatore di Laveno’; Margherita Macchi torna su ‘Giancarlo Peregalli, appassionato animatore della ricerca storica nella scuola. Frammenti di nostalgici ricordi’; Alberto Palazzi  è presente ‘In punta di penna...Il Comune di Cocquio Trevisago’; infine l’Album Fotografico, a cura di Sergio Baroli.

Basta scorrere i nomi degli autori e i titoli degli articoli per comprendere la qualità del volume, graficamente davvero ben confezionato, ricco di illustrazioni, su carta patinata.


giovedì 15 dicembre 2022

Come quel quaderno


 

La prima neve è la più bella, è candida e non fa danni. La cura delle prime volte...come le prime pagine del primo quaderno di prima elementare. 

Olive


 

Non è molto che abbiamo raccolto le olive.

Una Messa per Leo


 

Venerdì 16 dicembre, ore 18.30, nella chiesa parrocchiale di Masnago, verrà celebrata una Messa in ricordo del mio amico Leo.

Bontà circolare


 

Un altro tassello arricchisce il progetto CurArti sviluppato dalla Fondazione Il Circolo della Bontà in sinergia con l’Asst Sette Laghi: questa mattina (giovedì 15 dicembre, ndr) nella hall del monoblocco dell’Ospedale di Circolo è stato inaugurato un nuovo allestimento che valorizza il restauro del “San Carlo che elargisce l’elemosina ai poveri”. L’opera fu realizzata da Francesco Innocenzo Torriani, pittore nato a Mendrisio nel 1648 e morto nel 1700 a Como, dove aveva bottega, e rappresenta una delle tele più preziose della quadreria dell’ente ospedaliero, ora riportata all’attenzione di pazienti e visitatori.

«C’è stato un tempo in cui la cultura del lascito solidale e della donazione liberale, in altre parole la cultura della bontà, ha fatto crescere gli ospedali pubblici, specialmente nella nostra Lombardia», spiega Gianni Spartà, presidente della Fondazione. «Di questa miscela di responsabilità sociale e impegno sanitario c’è di nuovo bisogno. La Fondazione Il Circolo della Bontà lo ha sperimentato durante i mesi tragici della pandemia, ottenendo da oltre seimila donatori di cuore aiuti urgenti, grazie ai quali sono state salvate vite. Una sorta di protezione civile ospedaliera nata dal basso. Dello stretto rapporto solidale tra le cittadinanze e i luoghi di cura è vivida testimonianza anche l’arte. Ecco perché abbiamo finanziato il restauro e la condivisione del “San Carlo” che torna dopo tanti anni all’ospedale di Circolo. È un passaggio significativo dopo i due anni di pandemia».
Il restauro è stato condotto dalla Dottoressa Gabriella Mantovani con la collaborazione di Marzia Renosto sotto la supervisione della Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio mentre l’allestimento è opera dall’architetto Adriano Veronesi. Il tutto con la consulenza di Anna Maria Ferrari, docente di Storia dell’Arte al Liceo Classico Cairoli di Varese nonché componente del Consiglio di Amministrazione della Fondazione Il Circolo della Bontà, che aggiunge: «Il dipinto rievoca la figura dell’arcivescovo di Milano, Carlo Borromeo che nel 1567, in visita pastorale a Varese, constatò l’inadeguatezza dei due nosocomi esistenti, fondati nel Medioevo, e ne istituì uno nuovo: l’Ospedale dei Poveri, che aveva tra i propri compiti anche l’assistenza agli indigenti. Il dipinto ricorda, quindi, la carità del santo ma anche la continuità, nel secolo successivo, dell’istituzione da lui fondata».
Questo intervento rafforza la continuità dell’impegno della Fondazione Il Circolo della Bontà: «Ci piace chiamarla la terapia della bellezza», dice Gianni Spartà. «Quella diffusa quotidianamente nella hall dell’Ospedale dal pianoforte Mi-Fa-Sol Bene, l’abbiamo chiamato così, che tanti virtuosi musicisti, a volte medici e infermieri, suonano regalando sprazzi di svago e di speranza a pazienti e familiari. Oppure quella, imponente, che emana dal San Sebastiano curato da Irene riprodotto da Andrea Ravo Mattoni, maestro dell’arte di strada, su una torre all’ingresso dell’ospedale di Circolo. Era un manufatto anonimo, adesso parla e la gente vi sosta accanto, a volte ricavandovi pensieri positivi».
Si annunciano ulteriori iniziative della Fondazione nell’ambito del progetto CurArti: «Ci ispira il valore del prendersi cura dei luoghi in cui ci si cura», conclude Gianni Spartà. «È un nostro impegno di volontariato che ci auspichiamo possa contribuire a rimettere gli ospedali al centro della vita sociale di Varese, Cittiglio, Luino, Tradate, Angera e Cuasso al Monte, laddove la sanità del territorio ha i suoi fondamentali presidi».
                                                               
Antonio Franzi 

mercoledì 14 dicembre 2022

La nuova sigaretta

                                                                                         ph carlo meazza

 Sull'ultimo numero della rivista 'Menta e Rosmarino' è uscito questo mio racconto. 




Mancavano pochi giorni al Natale. Era invece passato da poco il Natale quando nonno Giorgio (allora non era nonno né padre e nemmeno sposato) fumò la sua ultima sigaretta. Era appena tornato da naja, era in casa di amici a Mondonico, davanti al camino, prese una Marlboro, la fumò fino all’ultima brace e poi disse: “Non fumo più, questa sarà l’ultima.” E così fece. Mantenne la promessa ma ora, quarantatré anni più in là di quelle parole impegnative, dopo essersi sposato, aver messo al mondo più di una vita ed essere diventato nonno, disse, sempre davanti ad un camino: “Mi voglio fumare una sigaretta.” E pensare che da allora non aveva fatto più nemmeno un tiro.

Sarà stato perché sedeva anche quella sera davanti a un camino, il suo. Avevano, lui e nonna Barbara, rimesso a nuovo una villetta, che era diventata moderna ma lui aveva posto una condizione: doveva rimanere il vecchio camino, un gesto di riconoscenza verso chi quella casa aveva acquistato (i suoi suoceri) e per conservare qualche pietra del passato.

Forse era il camino, forse era il trasferimento nella villetta di Caldana, paesino simile a quello del suo ultimo fumo; o forse era la presenza dei suoi tre nipotini, che si erano avvicinati a lui un po’ per scaldarsi un po’ perché stavano bene lì, con il profumo del nonno e il suo corpo ossuto e spigoloso. Rachele, la più grande, nove anni, sedeva e rovistava nella brace con l’attizzatoio; Tobia, sei anni, fresco di prima elementare, stava silenzioso a selezionare i suoi pensieri; Silvia, quattro anni, cercava di arrampicarsi sulle ginocchia del nonno e parlava, parlava, parlava.

La nonna lavava i piatti e quando sentì il desiderio del nonno fece finta di niente. Ma a Giorgio, quella sera, mancava proprio una sigaretta.

“Barbara, dove sono le tue Muratti?”

“Cosa sono le Muratti?” chiese Silvia.

“Le sigarette” rispose suo nonno. Sì, proprio le Muratti light che lui e Barbara avevano fumato insieme cinquant’anni prima, nell’estate del loro primo incontro: un tempo magico, eterno, incorruttibile.

“Lascia perdere” disse la nonna.

“No, no...non lascio perdere...sono sopra il frigorifero?” e si alzò per controllare. Erano lì. Ne prese una: immacolata, velenosa e invitante.

“Nonno, ma fumi davvero?” disse la maggiore dei suoi tre nipoti.

“Certo.”

“La nonna fuma, ma tu...Non ti ho mai visto” disse Rachele.

“Infatti...non fumo da una vita.”

“Ma sei capace?” disse Tobia.

“Credo di sì.”

Giorgio tornò al camino, sollevò un rametto con la punta infuocata, accese la Muratti, aspirò e provò subito un piacere intenso, una boccata di giovinezza.

Il fuoco nel camino era robusto, la legna scoppiettante mandava una dolce melodia. Così il nonno ebbe voglia di raccontare. Ma cosa? La guerra non l’aveva combattuta, episodi di particolare eroismo non erano contemplati nelle sue memorie, avrebbe potuto parlare di altri, dei suoi genitori, dei suoi nonni, di parenti passati almeno alla storia locale, oppure inventare ma, a parte Silvia, gli altri due nipoti – e soprattutto Rachele – stavano lasciando le sconfinate praterie della fantasia e del sogno per incamminarsi sullo stretto e scomodo sentiero della realtà. Pensò allora di parlare ai giovani del suo amore per Barbara.

“Ma lo sapete che questa sigaretta, stessa marca, stesso tipo, Muratti light, è stata la prima sigaretta che ho fumato con la nonna, quando ancora non eravamo sposati?”

Nessuno rispose, nemmeno Silvia, che si era accomodata sulle gambe del nonno e si strusciava come un gattino. Attendevano sviluppi più interessanti. “La nonna era bellissima!”

Barbara si girò verso il gruppo al camino e sorrise, temendo che il vecchio uomo, al suo fianco da una vita, avesse bevuto in eccesso.

“Era la più bella ragazza del nostro gruppo di amici, direi di tutta la città…”

“Nonno, forse esageri un po’” disse Rachele, con un sorriso furbo e venato della prima malizia.

“No, no...non esagero…Però vi devo confessare una cosa.”

“Che cosa?” chiese Tobia.

Giorgio aspirò dell’altro fumo, lo gustò in gola e lo soffiò fuori con delicatezza.

“Dopo un po’ abbiamo deciso di sposarci, ma io non ero proprio sicuro sicuro.”

Barbara si girò di nuovo e disse: “Giorgio…” ma il nonno proseguì per la sua strada: “Avevo paura.” Guardò Rachele: “Ad esempio, a te non è mai capitato che c’è un ragazzino che ti piace ma hai paura e non gli dici niente?”

Rachele arrossì quel tanto da far capire al nonno che forse la domanda era inappropriata.

Giorgio passò allora a Tobia: “Oppure tu, Tobia, quando sei su un muretto e vorresti saltare giù ma ti sembra troppo alto, sei indeciso, gli amici ti dicono che devi buttarti, qualcuno dice che se non lo fai sei un fifone e allora tu alla fine chiudi gli occhi e ti butti giù? Rischi e se ti va bene sei contento.”

“E io, nonno?” chiese Silvia

“Tu sei ancora troppo piccola…” e la bimba ci rimase male.

“Nonna, tu sei bella anche adesso” disse Rachele.

La sigaretta era alle estreme faville. Nonno Giorgio fece l’ultimo tiro, inondò il locale di fumo, che si unì a quello del camino.

“Grazie, piccola” disse la nonna, “e non date retta alle cretinate del nonno…”

Tobia si mise a ridere e disse: “Nonno, sei un cretino?”

Giorgio, guardando nel panorama affumicato, ringraziò per i doni ricevuti,  disse: “Mamma mia, che buona questa sigaretta!” e buttò il filtro nel fuoco.

 

martedì 13 dicembre 2022

La riserva


 

E’ chiaro che l’ideale sarebbe essere attivi, progettare, lavorare, essere utili alla società e a se stessi sino all’ultimo fiato di vita. Questo sarebbe il massimo, ma è il destino di pochi fortunati. E’ stato ad esempio la sorte dell’architetto Ovidio Cazzola: ha lavorato sino a 91 anni, poi ci ha lasciati in pochi giorni. Ma per i più il destino è diverso. Spesso a causa dei guai di salute si perdono le forze e l’entusiasmo, non si riesce più a progettare nulla, le nostre fatiche non hanno più senso, tutto appare inutile...ed è a questo punto che entra in gioco quella che chiamo la riserva, cioè tutto ciò che abbiamo accumulato di positivo, di gratificante, di consolante nella nostra vita e che ora torna, nutrimento dell’anima sino al momento dell’addio. Un po’ come la storia della cicala e della formica. L’inverno della vita deve trovarci con il granaio ben rifornito.

C’è chi dice: “Non bisogna vivere di ricordi!” Ma va là...i ricordi, per i più, saranno essenziali e chi non ne ha, chi tirando le somme dice: “Ma io che ho fatto?” ecco, allora lì cominciano i guai veri. Quindi, finché siamo in tempo, alimentiamo la riserva, diamoci da fare, progettiamo, realizziamo, rischiamo qualcosa.

Nando ed io


 


Torno un attimo sul libro di Fernando De Maria ‘Lettera dalla solitudine’. Come è mia abitudine, scrivo qualche frase di tipo personale. Quando e  come ho conosciuto Nando? Non sono fra i fortunati che sono riusciti a correre con lui, quando lui correva ero troppo giovane e poi praticavo un altro sport e lui andavo troppo forte. Il suo personale sulla maratona è due ore venti e rotti, io (sebbene corsa a quarantatré anni) un’ora in più!!!! E’ stata la scrittura a farci incontrare. Lui già da tempo teneva la rubrica sulla Prealpina, ‘Scritto col cuore’, io, sul finire degli anni Novanta, bussai per cercare la collaborazione, e anche nel mio caso i giornalisti del foglio locale furono accoglienti: nel mio caso prima Gianni Spartà e poi Fausto Bonoldi. Fu proprio Spartà a consigliarmi di tenere una rubrica simile a quella di De Maria: nacquero così i miei ‘Pensieri & Parole’. Che De Maria lesse e mi contattò. Così ci conoscemmo. Feci la recensione al suo ‘L’arlecchino di Velate’, qualche volta ci siamo incontrati ma mai con la tuta, e mi dispiace. Ci siamo rivisti di recente, lui mi ha fornito ottimo materiale per il mio libro ‘Regina delle Prealpi – L’atletica leggera a Varese’ (compresa la foto che lo ritrae con Max Lodi e che qui ripropongo). Infine il suo nuovo libro.

Grande Nando! Non so se il libro si può trovare in libreria. Consiglio di sentire direttamente l’autore: 0332-212488