sabato 31 ottobre 2020

Marco, 5 anni dopo - 29


 

Venerdì 31 luglio 2015

Muore luglio, moriamo tutti un po’ ogni giorno, ma tu più di noi, carissimo Marco. E lo sai. Molto bene. Ieri sera sono tornato all’Humanitas, il secondo intervento è riuscito, ora speriamo nei valori. La pezza è stata messa.

“Certo non si può dire che lei non sia un uomo con le palle!” Queste le parole del primario che ha fatto il doppio intervento, “Anche per questo ho voluto fare un secondo tentativo.” Come a dire: se lo meritava. Il suo coraggio mi ha spinto a non mollare.

Ieri eri abbastanza lucido, vuoi che i medici ti dicano chiaramente qual è la situazione, quanto puoi fare, quanto ti resta da vivere. “Mi interessa che mi dicano: A, B, C. Questa è la situazione, questa la prospettiva.”

Chissà dentro di te che rivoluzione, che caos, che rabbia, che voglia di piangere e di urlare. Ma ciò che incontro è un uomo mai disperato, rassegnato, rabbioso. Un uomo che vuole vivere sino all’ultimo al meglio, che vuole testimoniare anche nel momento più duro la positività della vita: vale comunque la pena di affrontare questo viaggio. E se lo dici tu…Pur nella tua condizione non ti chiudi, non stai muto e rancoroso ma pensi ancora agli altri.

Io guardo allibito, triste ma non disperato. Poi stringo la tua mano disidratata. Guardo i tuoi occhi gialli. Alzi le spalle, come a dire: ‘Ragazzi, è così, questa è la mia storia, questo il mio destino. Siamo al dunque.’

Parto malvolentieri per la montagna. Ma so che sabato prossimo ti ritroverò, a casa, ancora deciso a non mollare.

 

Domenica 2 agosto 2015

Caro Mock,

mentre salivo in bici allo Stelvio guardavo le pareti di roccia, sopra Premadio. E pensavo all’invidia che ho provato quando, militari io e te, tu eri riuscito ad imboscarti al corso roccia di Colfosco, in val Badia. Io ci avevo provato col corso sci (con successo) ma la mia richiesta di corso roccia era stata respinta. Avevo indossato la maglietta blu ‘Time to fly again’, la tua maglietta. Nei momenti più impegnativi (un tratto al 14% dopo 10 km di salita, e alla fine, gli ultimi km, sotto un leggera pioggia, nebbia e freddo) ho pensato a te, al tuo coraggio. Quello è coraggio, non il mio.

E oggi, verso lo Zallingher, ancora e sempre il pensiero a te. Non possiamo essere felici, nemmeno qui, nel paradiso dell’Alpe di Siusi. Non possiamo, non è giusto ma qui non è questione di giustizia, è ciò che si prova. La tua croce non si allontana. E’ forte l’impressione che non ci sia giustizia nella nostra salute, nel nostro appetito, nelle nostre opportunità, nella nostra vacanza. E i dialoghi con Carla, insieme a lunghi silenzi imbarazzati (non è facile parlare di te, della tua malattia), sono dialoghi spesso malinconici. Nel bosco dell’Alpe, poco prima di sbucare sui pascoli che spaziano e regalano all’orizzonte lo Sciliar e lì vicino il Sasso Piatto, così dicevo a Carla: “I genitori in fondo sono degli assassini, condannano a morte i loro figli. Ma hanno un solo modo per attenuare questa grave responsabilità, anzi due modi: mostrare ai loro figli che la vita ha un senso ed essere testimoni, con la vita, che la morte fa paura ma si può affrontare con coraggio, la si può guardare negli occhi.” E Carla ha detto: “Marco sta facendo la sua parte.” Sì, sei un esempio per le tue figlie, e per noi. Poi siamo sbucati sull’ampio pianoro, e il bello ci ha distratti un attimo. Ci ha rappacificati un poco col mondo. Ma è stato un attimo, come un attimo è la vita.

29-continua

 

venerdì 30 ottobre 2020

La vita media

 




La durata della vita media, per un uomo (maschio), è di 80 anni. Da 0 a 20 siamo in primavera, da 20 a 40 in estate, da 40 a 60 in autunno e da 60 ad 80 in inverno. Io vorrei stare con i bei colori dell'autunno, ma purtroppo sono già in inverno. 

Marco, 5 anni dopo - 28


 

Mercoledì 29 luglio 2015

Tutto sembra un incubo, un sogno maledetto, sequenze irreali, ma non è così. Non ci sono sogni. Non c’è risveglio. Questa è la realtà. Ieri ti vedevo camminare, appoggiato a Gabriella, nel corridoio dell’Humanitas: magro, triste, dolorante, con fitte insopportabili, senza appetito, sulla croce.

Ho cercato il tuo contatto, ho bisogno del tuo contatto. Ti tenevo la mano, seduti, nell’atrio, con Guido, Nicoletta, il Furbo, Gabriella. I farmaci ti intontiscono, comincio a pensare che questa tua non sia più vita accettabile. Quando abbiamo parlato della Piedmont ti sei ripreso, hai mostrato interesse, speranza.

Domani un nuovo intervento: forse ti darà sollievo, forse la bilirubina si assesterà, tornerà l’appetito, ma lo sai anche tu, fin troppo bene, che non c’è soluzione definitiva alla tua pena.

“Che tristezza” hai detto ad un certo momento.

Il tuo dolore mi penetra, non penso che a te, vedo solo te.

 

 

 

 

Mercoledì 29 luglio 2015

Ho parlato con Gabriella, ti stanno facendo il piccolo intervento per risolvere il problema della bilirubina. Gabriella ha detto che stamani eri molto giallo, assopito, per fortuna sono arrivati in tempo. “Secondo me ha rischiato il coma” ha detto tua moglie. “Dovevano operarlo dieci giorni fa. Hanno tolto a Marco dieci giorni di serenità.” Ha parlato con i medici, la tua situazione è grave e lo sappiamo. “Questa è solo una pezza” ha detto Gabriella.

Solo un miracolo…solo un miracolo….

 

 

Giovedì 30 luglio 2015

Ciao Mock,

rivivo (mentre non ho ancora tue notizie del post intervento) il cammino di ieri sera, dalla Prima Cappella sino alla panchina del tramonto, nel cielo ancora avanzi del temporale pomeridiano, nuvole grigie e rosse a riflettere il tramonto, tanti amici in preghiera, io davanti a dare il buon esempio….e alla fine Paola che dice: “A Monsignor Carlo Sonzini, per la causa di beatificazione, manca il miracolo. Non so se c’è una preghiera, per chiedere il miracolo a Monsignor Sonzini...siamo legati a lui, alle Ancelle di Casa San Giuseppe…” Sarebbe molto semplice la preghiera: “Caro Carlo, compi il miracolo della guarigione di Mock…Tu saresti santo, e Marco ancora con noi…”

Gli amici sono molto carini e sensibili, chiedono, pregano. Qualcuno parla e ride troppo, ma ognuno è fatto alla sua maniera, non voglio giudicare.

28-continua

 

giovedì 29 ottobre 2020

Marco, 5 anni dopo - 27


 

Sabato 25 luglio 2015

Caro Marco, ieri sono tornato all’Humanitas, finalmente hanno fatto la TAC, ti hanno cambiato l’antidolorifico, ora ancora per bocca, molto forte, trenta volte più forte della morfina, ma non ti ha tolto del tutto il dolore all’addome, un dolore 4, hai detto, nella tua scala da 1 a 10.

“Siamo già arrivati a questo punto” hai detto, accarezzandoti il ventre gonfio. Una frase con poca speranza. Ho cercato di parlare della tua musica, della Piedmont, mi hai fatto capire che stai già dando indicazioni perché la tua creatura abbia un futuro, perché non ci siano troppi galli nel pollaio.

Me ne sono andato con due distinti sentimenti: da un lato volevo scappare da quel tuo calvario, dall’altro volevo rimanere, per alleviarlo….ma cosa posso alleviare io?

 

 

Lunedì 27 luglio 2015

Caro Mock, ieri ancora da te. Prima la vita che cresce, con la nipotina Rebecca Zoe a Crema, poi il nostro incontro. Dicono che Dio non mandi sofferenze, dolori troppi forti per la nostra sopportazione. Lo dicevi anche tu, agli inizi di questo calvario, due anni fa. Non credo che il dolore venga da Dio, altrimenti sarebbe un’altra prova della sua inesistenza, e dell’inutilità per me. Tu stai soffrendo troppo. Il tuo calvario dura da due anni. E so bene che qualcuno sta soffrendo anche più di te, se è possibile, ma a me interessi tu. Mio fratello.

I tuoi occhi gialli per l’ittero, per la bilirubina che non quadra mi fissavano. Ieri ho letto in quegli occhi stanchi la tua paura, che è anche la mia. Ma la tua è la paura vera, ci sei tu in quel corpo che ti tradisce, su quel letto d’ospedale. E per quanto non faccia che pensare a te, io sto bene, lo capisci? C’è un’enorme differenza. Hai voluto che ci fermassimo a cena con te, non volevi restare solo, avevi bisogno di noi tre, io, Carla, Gabriella. Gli antidolorifici forse sono troppo forti, il dolore è sotto controllo ma tu sei stanco, inappetente, a volte non lucido, non riesci a fare pipì, sei bloccato, timoroso. Hai trovato un attimo di pace sdraiandoti sul letto. Ti accarezzavi il ventre gonfio per l’ascite. Anche Gabriella lo faceva. Io ti accarezzavo le gambe magre, bianche. Che contrasto fra il mio braccio abbronzato e le tue gambe pallide. Hai detto: “La vita se ne va, è così…” Che potevamo dire?

Mangi a fatica, non gusti più nulla, non c’è conforto, non c’è speranza. “Lo dico che le cose non vanno, e se lo dico dovete credermi. Non sono certo il tipo che se appena sta bene non si dà da fare…”

Alle 21 eri più tranquillo, meno impreparato alla notte. Siamo andati via. Sulla tangenziale il traffico della domenica sera. Troppe auto per la via. Troppa sofferenza all’Humanitas.

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mercoledì 28 ottobre 2020

Le più belle


 Le ultime che resistono sono le più belle.

Marco, 5 anni dopo - 26


 

Giovedì 16 luglio 2015

Nella grande calura di questa estate che boccheggia penso a te, alla tua fatica, centuplicata (rispetto alla mia) dal male che avanza. Dovrai essere ricoverato. “Ho accettato il ricovero” hai detto l’altra sera “ma non lasciatemi morire lì.” E oggi su fb avvisi i tuoi amici del ricovero imminente ma li tranquillizzi: “Ho ancora troppi progetti per andarmene in fretta.”

Mi hanno fatto notare (una tua carissima amica) che tu ti sei accorto di quanto io viva male la tua malattia, e lei mi ha suggerito di regalarti serenità, non il mio volto tirato e le mie domande esistenziali, i miei dubbi su Dio. Tu hai bisogno di certezze. Tu regali certezze a noi.

 

 

Lunedì 20 luglio 2015

Il caldo imperversa, ma tu sei all’aria condizionata dell’Humanitas: almeno quella. Da due anni il mio primo pensiero del mattino è per te, le prime preghiere sono per te. Solo la nascita di mia nipotina Rebecca Zoe mi ha fatto dimenticare per qualche istante la tua pena. Mi sento portatore di una salute scandalosa, che non mi spetta, che non mi merito. La mia assenza di dolore mi pare fuori luogo. Domani verrò a trovarti.

 

 

Mercoledì 22 luglio 2015

Il gran caldo continua. Ieri da te, la morfina, i farmaci ti tenevano semiaddormentato. La tua giusta impazienza per una TAC che hai atteso tutto il giorno e che non è arrivata. La farai oggi. Il tuo desiderio che ti guardassero dentro, per capire, per inventare una nuova cura, almeno per farti soffrire di meno. Le tue parole misurate, affaticate, come affaticati sono stati i giorni passati, anche quelli con Ron e Doug. Tutto è fatica, una palla al piede che rallenta, che fa sudare. “Ho messo nuovi progetti più che altro per scaramanzia…” hai detto, scrollando il capo. Ti accarezzi l’addome gonfio, teso. Chissà cosa pensi davvero di questo tuo corpo che non risponde più, che si è fatto nemico invincibile, un corpo che non trovi più consono ai tuoi desideri. Ti ho lasciato mente stavi preparandoti alla cena, dopo una notte e un giorno di assoluto digiuno, liquidi compresi. Per niente. “Chissà la fame che avrai” ti ho detto. E tu: “Neanche tanta…” Poi hai chiesto a Gabriella se potevi farti un decaffeinato. E poco prima, disteso sul letto: “Tutto sommato non sto così tanto male….” e chiaramente avresti voluto aggiungere “è presto per morire…”

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martedì 27 ottobre 2020

Marco, 5 anni dopo - 25


 

Lunedì 13 luglio 2015

Caldo, insetti fastidiosi, musica sul palco, un lago piatto che sfiata afa e zanzare, sono triste, non vorrei trovarmi in questa situazione. Ti vedo. “Eccolo qua” mi dici, e ti avvicini.

“Come va?”

“Non bene, non la vedo bene. Pazienza.”

Sono a disagio: non ti vorrei malato, non mi vorrei così distante dalla tua malattia. Sono tuo fratello.  Ci sono degli strumenti da trasportare sotto il palco. Fra poco dovrai suonare, cantare.

“Ma ce la fai?”

“Ce la faccio.”

Ci avviamo verso il buio della sera. Il sole se ne è andato. Luci artificiali. Gente che spruzza Autan, che schiaccia, che dà pacche sulle braccia e sulle gambe, musica irlandese sul palco. Ci avviamo e tu mi metti il braccio intorno alle spalle. Lo stesso faccio con te.

“Eh… Carlo, Carlo…..”

Mi vuoi dire che hai paura, che non c’è speranza, che sai come andrà a finire. Non piango ma dentro soffro. Alla mia maniera. Vorrei strapparti quella gramigna.  Mi sento inadeguato.

“Bè, vado dalla mamma…non è bello?”

Come posso risponderti, fratello mio? Certe domande, certe considerazioni non possono avere una risposta sensata. Se ti dicessi: “Sì, sarà bello…” dovrei anzitutto crederlo, e poi è come se dicessi che in fondo che tu muoia non mi interessa più di tanto. Se ti dicessi: “Ma che cazzo stai dicendo?” non direi la verità sulla tua malattia, che è gravissima. E lo sappiamo io e te. Resto in silenzio, dico qualche parola astrusa.

“Così vediamo se è vero…..questo è il punto di domanda fondamentale, è l’interrogativo dell’esistenza..” e disegni un punto di domanda con la mano destra.

Ti aiuto a portare i leggii, che prendi dall’auto nuova.  Torniamo verso il palco. Cerco gente, che ti obbligherà a fare discorsi banali. Questi sono difficili da digerire. Mi trovano muto.

“La cosa è grave, lo dico a te, a chi mi è vicino..non lo dico certo a tutti, a quelli che non gliene frega niente..mi raccomando, cercate di non essere tristi..in fondo vado in un bel posto…”

Per fortuna siamo al palco. Ora suonano e cantano i Bluedust, bravo quel tipo al banjo, non come Mock ma bravo. E bravo anche il cantante,  e poi c’è Josh Villa, che fra poco canterà con Mock.

Ora si lavora soltanto. Strumenti da portare. Pesanti ma niente in confronto alle frasi di Marco. Ai suoi occhi.

La sua volontà, la sua forza, il suo coraggio, la sua pazienza infinita nonostante tutto quello che sta vivendo mi fanno sentire poco più di un tafano. Quanta strada devo ancora percorrere, anzitutto nell’accettazione di un corpo che cambia, che ti tradisce così duramente. Che non riconosci più. Quanta strada spetta a me, per raggiungerti…..

25-continua

 

 

lunedì 26 ottobre 2020

Calandàri in preparazione


La redazione del Calandàri dra Famiglia Bosina è al lavoro. Il nuovo libro uscirà, come sempre, ai primi di dicembre. Ecco, in anteprima, la copertina, con le foto di Paolo Zanzi.

Marco, 5 anni dopo - 24


 

Martedì 7 luglio 2015

Fa un gran caldo. L’estate morde da qualche giorno. Anche ieri sera, a Biumo Superiore, mancava l’aria, Ron e Doug asciugavano di tanto in tanto la chitarra, che sudava. Ma tu la voce l’hai trovata, nonostante il dolore all’addome, la fatica di vivere scritta nei tuoi occhi, nel tuo naso affilato, nelle tue guance che si sgonfiano, nelle tue gambe magre. Hai trovato la voce per dirci che si può sperare, che anche le esperienze più dure, anche un cancro bastardo può avere il suo lato bello, può contribuire a rendere il cuore meno duro, più sensibile ai bisogni della gente, più attento.

I tuoi occhi di bimbo stanno perdendo vivacità. La tua fatica sta diventando insopportabile. Due anni di lotta, di cure, di verdetti, di attese, di medicine, il futuro che non c’è. Come fai?

Viaggi in una sorta di anticamera del paradiso. Sei già un po’ oltre noi. Di qua è bello, è stato bello, ma ci dici che di là sarà ancora meglio. Io ti guardo. Piango dentro.

 

Martedì 7 luglio 2015

 

Caro Mock, guardandoti ho sentito dentro ciò che immagino essere il tuo vissuto ora. Magari mi sbaglio. Non conosco nemmeno me stesso, come posso conoscere gli altri? Ma sono certo che oltre ciò che ci fai vedere (così fanno tutti) dentro di te la vita è più ricca…anche più arrabbiata…più crudele e incomprensibile…Vorticano in noi parole forti…O forse è solo una proiezione del mio vissuto…

 

Ora la morte mi sta aggredendo. Sarà l’ultimo assalto? Ho paura, una grande paura. Forse non è vero che esiste la Vita Eterna, forse non è vero quello che ho detto ieri sera, che credo nel Paradiso, che sarà un posto bello. Ho paura, una paura immensa, ora mi interessa non soffrire, morire in pace, alla svelta, ho dato quello che c’era da dare, ho dato fondo alla mia pazienza….Non riesco a pisciare, la mia amica non ha pisciato per due giorni e dopo è morta, ma io come posso stare tranquillo? Non riesco a cagare, non riesco a pisciare, ho costanti dolori addominali, che metto in scala da 1 a 10..di solito dico 7, 8….stamani ho avuto un attimo di pace e ho detto 2..ma comunque sempre un 2, nonostante la terapia del dolore, sì, come vogliamo chiamarla? La mia pancia è gonfia, tesa, non riesco neppure a stare seduto sul divano, sto bene in posizione fetale, ho un attimo di respiro quando riesco a dormire…Lo so che sto morendo, pensavo durasse di più la mia vita, pensavo in una ripresa, persino nel miracolo della guarigione…a quella ancora ci credo, tanti miei amici pregano, lo so, anche il prossimo venerdì, preghiera al Sacromonte..mi fa un certo effetto quando pregano per me…come fossi già morto….preferisco non essere presente, mi sento in imbarazzo, li ringrazio per le avemarie ma preferisco non esserci..Sono in un sogno, mi sento in un sogno ma un sogno non dura due anni…è la fine….devo alimentare la fede, se non bevo quell’acqua viva il baratro della disperazione mi inghiotte..come si può pensare alla morte senza la fede? È quella che mi tiene a galla..sì, anche la musica ma in questi anni della musica ho assaggiato non solo il lato dell’entusiasmo, ma anche quello del mestiere, della routine, della noia. Bello e brutto in tutto. Avrei potuto fare il professonista? C’era da studiare e io non avevo voglia di studiare. Negli Usa non c’è bisogno di studiare, molti sono emersi da autodidatti. Ho provato cosa vuol dire fare musica da professionista, suonare tutti i giorni.

Mi sorprendo della freddezza della gente. Sto morendo e qualcuno ride. Stanno zitti. Li capisco. Cercano di consolarmi. Li comprendo...

 

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domenica 25 ottobre 2020

Marco, 5 anni dopo - 23


 

Sabato 4 luglio 2015

Ieri sera a Carnago, alla Birreria Siebter Himmel, prima del concerto con Ron, Doug, Annina, Josh, Stefano, abbiamo parlato, in piedi. Avevo il braccio intorno alla tua spalla. Hai parlato di dolore, di pastiglie che ti permettono di contenerlo, hai detto che hai comunque mangiato un po’, che avevi la pressione molto bassa oggi, 46 la minima, ma del resto con questo caldo afoso umido l’abbiamo bassa anche noi che stiamo bene. Figuriamoci tu.

Poi hai detto che sai bene che la situazione non è bella. “Ragazzi” hai detto a me e a Carla, “non la vedo bene. Ciò che mi consola è che staremo sempre insieme. Lì non c’è il tempo come adesso. Non credo che dovrò aspettarvi. Non sarà così.”

La tua pazienza è ammirevole, la tua speranza grande. Nei tuoi occhi che conservano la sfrontatezza della giovinezza brillava una bella luce.

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venerdì 23 ottobre 2020

Marco, 5 anni dopo - 22


 

Giovedì 2 luglio 2015

Ieri sera ci siamo trovati dal tuo amico Paolo, ancora una volta a pregare per te. Non c’eri, era arrivato Doug, stamani arriverà Ron, da domani concerti per il lancio di ‘Compasses and Maps’, nuovo cd della PBB. Ma torno a qualche settimana fa, sempre da Paolo e tu c’eri, vento sopra gli alberi, serata tersa e le tue parole, il tuo grazie per chi stava pregando per te ma anche la tua apertura verso altre sofferenze: Michele….Ce la fai perché ce la fai a uscire da te, a pensare agli altri. Chi si chiude nel suo dolore, chi si concentra solo su se stesso non può farcela, non può superare la disperazione. E tu ce la stai facendo, riesci a dimenticarti, a dimenticare il tuo dramma (perché questo è il suo nome, non altri), riesci a nutrirti di musica, riesci a liberare la mente, ad accogliere altri dolori. E questo è un miracolo. L’abbiamo davanti agli occhi. Dobbiamo farne tesoro. Ieri parlavamo con Gabriella e ci raccontava delle tue parole di fronte al dolore forte all’addome, a quel tuo addome gonfio: “Ma non erano piccole metastasi? Ma allora devo morire presto?”

Fai bene a cercare di non sapere.

Fai bene a vivere...a volare… 

22-continua

 

giovedì 22 ottobre 2020

Marco, 5 anni dopo - 21


 

Sacro Monte di Varese – 27 maggio 2015

La sera sa di fior di sambuco e gelsomino. Il cielo non promette nuvole. Si sta bene. Lui dice che è venuto il momento di mettersi in cammino, pregando. E inizia la conta delle avemaria. Alla Quarta si ferma: “Vi parlerò di questa ragazza, morta a quattordici anni per un tumore. Ciò che lei dice mi trova in sintonia. Cioè dice che ci sono solo due possibilità: o il miracolo o la morte. Lei prega per il miracolo, perché ama la vita e ha ancora tanti progetti. Ma anche la morte è bella, perché apre all’Eternità. Quindi entrambe le possibilità sono buone.” Come dire: non bisogna essere tristi. E la serata invita alla serenità. Qualcuno si commuove. Lui riprende il cammino, dopo che anche le ultime note di violino se ne sono andate come lucciole. Il suo passo non è veloce, la sua camminata è affaticata, sul suo volto un debole sorriso, un po’ forzato, comunque meraviglioso. Ci si ferma alla Settima, la gran cappella della fragellazione, vicino alla panchina del tramonto, quella che ispira i poeti, che si fermano per vedere come si impara a fare silenzio, a guardare il giorno quando è venuto il momento di andarsene. “Amo molto questo scorcio” dice lui, guardando verso la cima del monte, le case, la chiesa, la luce che se ne va. Davanti a lui la pianura, il lago, le prime luci. “Per me non è sempre così” dice. “A volte è dura, la sofferenza, la morte fanno paura. Soprattutto fanno paura a chi è solo. Io ho la grande fortuna di non essere solo, tanti amici che prendono un pezzetto della mia Croce.” Non capisco come faccia a trovare la forza di essere qui, di sorridere, di sedersi intrattenendo il piccolo gregge di amici. Non capisco. Vorrei non fosse vero, ma insieme è bello che sia così, che ci sia lui. Cammino al suo fianco verso la cima, da dietro arriva la spinta delle Avemaria. Ultima sosta alla Quattordicesima. Sfoglia il libro: “Ecco, lei dice che non bisognerebbe pregare l’eterno riposo, augurare un eterno riposo, ma un’eterna gioia. E in fondo la gioia è già qui, il centuplo è già qui. Se penso a questi ultimi due anni, sono stati molti di più i momenti di felicità rispetto a quelli di dolore.” Ancora note di violino, l’ultima pendenza della rizzàda, la chiesa, la Messa, il prete che parla di amore come dono di sé, unica ragione di vita e di senso.

Quando usciamo è buio. L’aria si è rinfrescata. Ma si sta bene.

In certi momenti o ci sei o ti sei perso qualcosa che può davvero incidere. E io c’ero.

21-continua

 

 

mercoledì 21 ottobre 2020

Marco, 5 anni dopo - 20


 

Sabato 27 dicembre 2014

Caro Mock, anzi Marco Maria Ravasi Zanzi detto Mock, mi sei di esempio. Saranno gli antidepressivi, sarà la tua fede, sarà quel che sarà ma da qualche tempo stai volando, stai cercando di vivere alla grande ogni momento, con una consapevolezza rara, con una sensibilità nuova. Hai deciso di vivere      questo Natale non nella tristezza, nel rimpianto, ma il meglio possibile. “Potrebbe essere il mio ultimo Natale, spero di no ma la realtà è la realtà, lo so, e allora perché viverlo nella tristezza?” Mi hai fatto un regalo grandissimo, tutti i cd di Mary Chapin Carpenter, ma il più grande è questa tua testimonianza: ce la possiamo fare, anche nei momenti più duri. E ne sei consapevole, sei lucido. Ieri sera, cena degli Zanzi, hai detto che sei consapevole che qualcuno ‘sfrutta’ a fin di bene, naturalmente, questo tuo coraggio per dimostrare che il Signore esiste e aiuta. Questo un po’ ti fa piacere ma un po’ ti disturba, ti senti anche usato. In ogni caso ciò che colpisce è la tua lucidità.

Ti butti nella musica, la tua medicina, ciò che dà senso a queste tue giornate. Ci inviti continuamente a volare alti, a mettere a frutto i nostri talenti. “Ognuno ha i suoi” hai detto, “non teniamoli nascosti. Avanti!”

Grande Mock 

 

 

“La sofferenza è vita, non morte: è parte del percorso, e parte non indifferente. Non bisogna evitarla, bisogna viverla bene usando la medicina come un aiuto. La vera gioia passa dalla sofferenza, e non è necessario essere cristiani per saperlo e accertarlo. Come si diceva l'altra sera TUTTE le società antiche vivevano la sofferenze e la morte come un evento NATURALE, non come un tabù da evitare, cose di cui non parlare. Sono la porta per l'infinito: e quaggiù bisogna volare e godere di ogni singolo istante del grande dono della vita. Ogni istante passa e non ritornerà, vivilo pienamente e non avrai rimorsi e sarai felice. Non bloccare i tuoi sogni, sorridi alle persone, stai attento ai loro bisogni, non sei solo a questo mondo, condividi i tuoi talenti, non fermarti al superficiale, ma guarda nel cuore degli altri. Non lasciare che il tuo cuore si indurisca. Quando faccio la chemio, mi scorrono davanti agli occhi i volti dei miei amici e fratelli, e la sofferenza diventa più leggera: non sono solo sulla Strada, siamo in tanti a camminare insieme, appunto INSIEME. Affidiamoci al Signore (per chi ci crede), ma anche a chi ci è intorno e ci vuole bene. Scopriremo il segreto della vita piena e lasceremo un po' da parte il nostro ego, il nostro io e la smetteremo di buttare il tempo lamentandoci e pensando al passato o al futuro. La gioia sta nel presente e nel viverlo al 100%. Peccato che a volte solo con la sofferenza si capisca tutto ciò: l'uomo è strano .... Ringrazio il Signore per quello che mi ha dato, mi dà e mi darà: se questo è il centuplo quaggiù chissà come sarà l'eternità! Grazie per la tua vicinanza ed il tuo esempio: anche tu vivi pienamente ed è una grazia inestimabile.

 

Mock 27.12.2014      ad un amico nella sofferenza    da fb


20-continua

 

 

martedì 20 ottobre 2020

Marco, 5 anni dopo - 19


 

Venerdì 29 agosto 2014 – 21.30

Caro Marco, da oltre un anno non scrivo più nulla ma oggi torno qui, dopo la notizia che gli esami non vanno bene e che dovrai affrontare la pena di una nuova cura con la chemio. Oggi sono venuto a trovarti, ti ho portato una piccola crostata, tu mi hai regalato in anteprima i tuoi nuovi cd. Sai che il tuo calvario è solo all’inizio, e oggi questa nuova cura è più dura perché minore è la speranza, la ricaduta ti obbliga a pensieri tristi, il tumore viaggia, i segni sono piccoli ma la paura è tanta. Ancora una volta hai detto che preghi affinché Dio ti possa dare la dignità per affrontare questo cammino doloroso, hai detto che Dio ogni tanto c’è e ogni tanto scompare, i dubbi ce li hai, “Purtroppo non ho la certezza di fede di alcuni miei amici” hai detto. Come ti capisco.

Ogni minimo dolore ti fa paura, il pensiero di ciò che dovrai vivere ti allarma, le giornate sono lunghe.

“La mattina quando mi sveglio è forse il momento più brutto. Ogni volta speri sia solo un brutto sogno ma devi fare i conti con la realtà, non è un sogno. A volte vorrei poter dormire, solo dormire.”

Come ti capisco, caro Marco. La vita diventa uno sforzo continuo per reagire, ogni tanto ti lasci andare sul divano, vorresti davvero dimenticare tutto e lasciarti andare ma sai che è peggio, una cosa è brutta, difficile ma lasciarsi andare è ancora peggio e allora reagisci, cerchi di fare qualcosa in casa, le passeggiate con Buddy e ogni volta che esci reciti il rosario, e cerchi di mantenere gli impegni musicali, ma anche la musica non basta, tutto è fatica. Hai ammesso che hai bisogno di Gabriella, quando c’è lei riesci a sopportare meglio, ‘scarichi’ addosso a lei la tua pena, ti puoi sfogare, sai che è egoistico ma ne hai bisogno, e io ti capisco benissimo. Sei fin troppo bravo, per il poco che posso vedere io.

Ascolto le tue canzoni e mi commuovo. Scaccio il pensiero che tu possa andartene ma so benissimo che quel cancro è bastardo, duro a morire. Non voglio perdere la speranza. Cercherò di starti vicino, con la mia povera umanità.

Ti abbraccio  Carlo

19 - continua

 

lunedì 19 ottobre 2020

Marco, 5 anni dopo - 18


 

Lunedì 1 luglio 2013   ore 11.30

Caro Mock, continua il tuo calvario. Bene i primi pasti, poi ieri il pasto domenicale ti è andato di traverso, dicono che ti sei spaventato molto, io non ti ho visto, forse verrò stasera….mi è arrivata una telefonata di Carla, ti ha visto il professor Zerbi, dice che le cose vanno bene, che fra due o tre giorni ti potrebbe dimettere!!!!!! Evviva! Ciò significa che le cose procedono bene…..So che al pensiero di tornare a casa tremerai, finché uno è in ospedale si sente al riparo…ma dai, su, coraggio….dai che le cose un poco si aggiustano…un grande abbraccio..ora metto la notizia sul blog

 

Giovedì 4 luglio 2013 – 14.20

Caro Mock, sei a casa già da ieri, un decorso veloce, fatica ma ora sei a casa tua, dolore e problemi a digerire ma ora fra le mura domestiche ti riprenderai più velocemente. Ieri ti ho comprato una nuova sedia per la tua postazione pc, il tuo regno, da dove riallaccerai i contatti con il mondo. Io ora sono felice di poterti aiutare nella comunicazione, grazie al mio blog. Una frase mi è rimasta impressa ieri, quando hai detto: “Una cosa è certa, sono entrato nell’ultima fase della mia vita. C’è un inizio, una fase di mezzo e c’è una fine. Non so quanto durerà, ma sono in questa fase e ogni giorno va vissuto al meglio.”

Gabriella non è entrata nei particolari della tua operazione, di ciò che vi hanno detto quando sei stato dimesso dall’Humanitas, voglio tener presente solo il dato positivo, e cioè il netto calo dei marker tumorali, dopo il miracoloso intervento, un intervento a rischio, che è andato bene. E già questo è molto. Poi c’è la tua reazione, davvero mi sei di esempio, mi sei maestro nel soffrire, che è il banco di prova più duro, soprattutto quando il soffrire è davvero aspro come nel tuo caso, con un corpo invaso e martoriato da un nemico bastardo.

Hai combattuto la tua prima battaglia, hai vinto e ora goditi (si fa per dire) il riposo del guerriero, in attesa di nuovi scontri.

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Confine


                                                                                                   ph carlozanzi


CONFINE

di carlozanzi

 

Sono qui, sulla linea di confine,

luogo non visto fra la terra e il cielo,

incertezza che un giorno avrà una fine,

quando tutto il mio corpo sarà un gelo.

 

Vorrei salire in alto, mi chiamate,

incontrarvi di nuovo, con stupore,

scoprire i volti ora, voi eravate

un dolce incontro, prima del dolore.

 

Vorrei la soluzione al dubbio antico,

l’enigma che è di tutti e quindi mio.

Troverò solo buio o un nuovo amico?

Sarà riposo eterno oppure Dio?

 

Ma la terrà mi chiama col suo canto,

mi lusinga e mi chiede di restare,

ogni alba si trucca nell’incanto

e ricorda il mio compito d’amare.

 

E allora sono qui, fra cielo e terra,

con le membra ferite e già risorte,

ore tinte nel sangue e nella guerra,

ore di pace, che odiano la morte.

 

7 gennaio 2019


Marco, 5 anni dopo - 17


 

Mercoledì 26 giugno 2013 – ore 17

 

Caro Mock,

non posso venire a trovarti. Immagino però la tua sofferenza, il tuo calvario. Ieri una lunga operazione, prima in laparoscopia, e poi dalle 16 sino alle 21, almeno 5 ore dentro di te, nel tuo corpo, per cercare di scacciare il nemico. Hanno fatto molto, ma la tua strada sarà in salita, ancora per un po’.

Il tuo soffrire mette a nudo la nostra umanità. Si può mentire di fronte agli altri, non con noi stessi. Mette a nudo la nostra impotenza.

Io prego, lo abbiamo fatto ieri sera, salendo al Sacromonte, e proprio dopo aver mosso i primi passi abbiamo saputo che eri uscito dalla sala operatoria, che tutto era andato bene.

Coraggio, fratello mio.

Insegnami come si combatte.


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sabato 17 ottobre 2020

Fausto, l'Adamollo del terzo millennio


 Felice compleanno al mio amico Fausto Bonoldi, l'Adamollo del terzo millennio, giornalista in pensione, narratore della nostra Varese, città che Fausto ama. Molte le sue pubblicazioni in merito alla Città Giardino, e due sono di fresca pubblicazione: 'La Grande Varese ha novant'anni' e 'Nobiltà del territorio varesino' (con Silvano Colombo). Su fb sono quotidiani i suoi interventi scritti e le sue foto, che ci descrivono nei minimi particolari la Varese che è stata, che è e che sarà. Un abbraccio. 

venerdì 16 ottobre 2020

Marco, 5 anni dopo - 16


 

Lunedì 24 giugno 2013     ore 16.40

Caro Marco,

oggi pomeriggio ti ho accompagnato all’Humanitas, siamo arrivati alle 14, alle 15 circa sono venuto via. Ho letto ciò che riguarda il tuo intervento, avrei fatto meglio a non farlo…poi ti ho abbracciato, abbiamo pianto poco poco, forse avrei fatto meglio ad essere più forte, a regalarti un ultimo abbraccio (per oggi) più sereno, ma non ce l’ho fatta…me ne sono andato come chi fugge, sono uscito fuori e il sole accecava.

Il tuo rischio di morire sotto i ferri va dall’1 al 5 per cento, potrei non riabbracciarti più da vivo, il rischio è basso ma c’è…ma non ci penso, so che andrà bene, dovrà andare bene anche se in ogni caso sarà lunga la ripresa, potresti avere conseguenze per sempre….che Dio ti aiuti…Stai reagendo benissimo, io non ne sarei capace, sei riuscito a sopportare queste due settimane di attesa con grande coraggio, forza d’animo, fede….non ti sei chiuso, apprezzi l’aiuto, la presenza dei tuoi amici, che sono tanti, lotti anche per Gabriella, per Marta, per Cecilia, per Buddy, il tuo amato cane e anche per la gatta Tigretta..sei un grande amante degli animali, apprezzi il loro affetto..ti dispiace che Buddy possa soffrire per la tua assenza forzata….mi sei di esempio….la pensiamo diversamente su Dio, per me non è Lui che ti manda questa croce, Lui ti sta accanto, tu invece la pensi in modo canonico, tutto viene da Dio, in modo misterioso…hai paura ma la trattieni….sai che dovrai lottare da solo ma lo stesso riconosci nella famiglia, negli amici un aiuto….io sono senza parole, non so che fare, non so che dire se non starti accanto, pregare e darti quel poco di aiuto materiale che posso offrirti..è una prova tremenda…ti abbraccio anche qui, caro Mock….voglio pensare il meglio….ma la tua battaglia continua….voglio il tuo bene.  


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giovedì 15 ottobre 2020

Marco, 5 anni dopo - 15


 

Caro Marco

 

Varese, 20 giugno 2013 

Caro Marco,

ancora una volta la scrittura mi aiuta, mi permette di capire, di ricordare, di sostare. Mai avrei pensato di scrivere a te, ora, ma nella vita il mai non esiste. In questo momento, che mi vede ancora rifiutare la notizia, non coglierne l’effettiva portata, che mi trova in fase di totale speranza, alcuni sentimenti prevalgono. Anzitutto l’ammirazione nei tuoi confronti. Stai reagendo come io non saprei fare. Nel modo giusto, credo, vivendo come nulla fosse, nella speranza e nella dimenticanza di tutto il peggio che potrebbe essere. Non è facile. “E’ già un miracolo questo” ha detto Carla ieri, da voi, a cena.

L’altro giorno dicevi: “Prima o poi tutti devono combattere la loro battaglia. Ora è il mio turno. Non è giusto nemmeno pensare che capiti sempre agli altri.”

Io osservo, senza parole, i primi colpi di questa atroce battaglia.

Ieri sera hai detto fra l’altro: “Dicono che il Signore non ci manda prova che non siamo in grado di sopportare. Speriamo sia vero, Io chiedo di poter vivere il tempo che mi si apre davanti con onore, onorevolmente. Prego per questo.”

In te, caro Mock, leggo poca rabbia, io ne avrei tantissima, non vorrei vedere nessuno, mi chiuderei nel mio dolore, animale ferito chiuso in un angolo, e invece tu cerchi la compagnia, sei in grado di dimenticare, di minimizzare i fastidi che hai, di sopportare quell’estraneo di dodici centimetri che sta crescendo in te. In silenzio osservo i tuoi gesti, ascolto le tue parole. So che mi serviranno. Sto imparando da te, dalla tua sincerità. E prego, perché altro non so fare. Ti offro la mia ridicola, scarsa umanità.

La musica ti sta aiutando. Che tu possa ascoltarla, crearne il più possibile.


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mercoledì 14 ottobre 2020

Marco, 5 anni dopo - 14


 

Una sorella inattesa

 

Marco ha tre fratelli maschi, nessuna sorella. Sarà per questo bisogno di una sorella, sarà che in questo periodo Mock è sensibile soprattutto alle fragilità, alle persone che vengono da momenti difficili e hanno trovato la forza di uscirne. Così è per Ronald Martin, anche lui sofferente per una forma tumorale, un vero fratello non di sangue ma di spirito. Così è per altri fratelli che Marco incontra lungo la sua via musicale, come Luca Guenna, un guerriero tenace che lotta ogni giorno contro il Parkinson. Ma la sorella è lei, Manuela, che Mock incontra alla MRM Records, la casa discografica alla quale affida i suoi ultimi cd. Manuela lavora come grafica e disegnatrice, è lei che imposta e realizza le copertine dei cd, quei libretti 12x12 così ben curati alla MRM Records, grazie a questa donna minuta e forte, praticante di Taichi, arte marziale cinese. E a Manuela Marco dedica una canzone dell’ultimo cd della Piedmont Brothers Band, ‘Compasses and Maps’, la sola canzone scritta per intero da Mock (parole e musica) e il solo brano del cd che Marco canta come solista. Titolo: SIS, abbreviativo di Sister, sorella.

La musica è dolce e quieta, il testo è denso di speranza: non essere triste, ogni giorno vola.

Mock legge nell’incontro con Manuela un Disegno che li supera:

 

Era scritto che ci saremmo incontrati,

è una parte del Grande Piano…

 

E’ stata soprattutto la fragilità a farli riconoscere, a metterli in sintonia, a rendere possibile questa intesa profonda:

 

Nella nostra vita siamo così fragili,

ci siamo sentiti fuori posto,

abbiamo avuto paura, siamo stati insicuri,

la bestia nera ha rovinato i nostri sogni.

 

Marco vuole però lasciare a sorella Manuela un messaggio positivo, carico di vitalità: che possa sorridere ogni giorno alla vita, guardare con occhi nuovi il marito, i figli, il lavoro, che possa riconoscere tanti amici intorno a lei.

 

Don’t be worried, don’t be sad.

Every day just fly away.

 

Questa è la conclusione di SIS: non essere triste, ma ogni giorno vola.

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