sabato 31 ottobre 2020

Marco, 5 anni dopo - 29


 

Venerdì 31 luglio 2015

Muore luglio, moriamo tutti un po’ ogni giorno, ma tu più di noi, carissimo Marco. E lo sai. Molto bene. Ieri sera sono tornato all’Humanitas, il secondo intervento è riuscito, ora speriamo nei valori. La pezza è stata messa.

“Certo non si può dire che lei non sia un uomo con le palle!” Queste le parole del primario che ha fatto il doppio intervento, “Anche per questo ho voluto fare un secondo tentativo.” Come a dire: se lo meritava. Il suo coraggio mi ha spinto a non mollare.

Ieri eri abbastanza lucido, vuoi che i medici ti dicano chiaramente qual è la situazione, quanto puoi fare, quanto ti resta da vivere. “Mi interessa che mi dicano: A, B, C. Questa è la situazione, questa la prospettiva.”

Chissà dentro di te che rivoluzione, che caos, che rabbia, che voglia di piangere e di urlare. Ma ciò che incontro è un uomo mai disperato, rassegnato, rabbioso. Un uomo che vuole vivere sino all’ultimo al meglio, che vuole testimoniare anche nel momento più duro la positività della vita: vale comunque la pena di affrontare questo viaggio. E se lo dici tu…Pur nella tua condizione non ti chiudi, non stai muto e rancoroso ma pensi ancora agli altri.

Io guardo allibito, triste ma non disperato. Poi stringo la tua mano disidratata. Guardo i tuoi occhi gialli. Alzi le spalle, come a dire: ‘Ragazzi, è così, questa è la mia storia, questo il mio destino. Siamo al dunque.’

Parto malvolentieri per la montagna. Ma so che sabato prossimo ti ritroverò, a casa, ancora deciso a non mollare.

 

Domenica 2 agosto 2015

Caro Mock,

mentre salivo in bici allo Stelvio guardavo le pareti di roccia, sopra Premadio. E pensavo all’invidia che ho provato quando, militari io e te, tu eri riuscito ad imboscarti al corso roccia di Colfosco, in val Badia. Io ci avevo provato col corso sci (con successo) ma la mia richiesta di corso roccia era stata respinta. Avevo indossato la maglietta blu ‘Time to fly again’, la tua maglietta. Nei momenti più impegnativi (un tratto al 14% dopo 10 km di salita, e alla fine, gli ultimi km, sotto un leggera pioggia, nebbia e freddo) ho pensato a te, al tuo coraggio. Quello è coraggio, non il mio.

E oggi, verso lo Zallingher, ancora e sempre il pensiero a te. Non possiamo essere felici, nemmeno qui, nel paradiso dell’Alpe di Siusi. Non possiamo, non è giusto ma qui non è questione di giustizia, è ciò che si prova. La tua croce non si allontana. E’ forte l’impressione che non ci sia giustizia nella nostra salute, nel nostro appetito, nelle nostre opportunità, nella nostra vacanza. E i dialoghi con Carla, insieme a lunghi silenzi imbarazzati (non è facile parlare di te, della tua malattia), sono dialoghi spesso malinconici. Nel bosco dell’Alpe, poco prima di sbucare sui pascoli che spaziano e regalano all’orizzonte lo Sciliar e lì vicino il Sasso Piatto, così dicevo a Carla: “I genitori in fondo sono degli assassini, condannano a morte i loro figli. Ma hanno un solo modo per attenuare questa grave responsabilità, anzi due modi: mostrare ai loro figli che la vita ha un senso ed essere testimoni, con la vita, che la morte fa paura ma si può affrontare con coraggio, la si può guardare negli occhi.” E Carla ha detto: “Marco sta facendo la sua parte.” Sì, sei un esempio per le tue figlie, e per noi. Poi siamo sbucati sull’ampio pianoro, e il bello ci ha distratti un attimo. Ci ha rappacificati un poco col mondo. Ma è stato un attimo, come un attimo è la vita.

29-continua

 

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