venerdì 30 giugno 2017

Sport per la salute - 18


Dunque: abbiamo visto cammino, corsa, bici e nuoto. Perché non unirli? Ecco il triathlon: nuoto+bici+corsa. Quando si parla di triathlon, tutti pensano ad una specialità massacrante, ma non è vero: dipende sempre dalla distanza e dall’intensità del movimento.

A chi si è allenato adeguatamente, con pazienza, nelle tre attività motorie, consiglio vivamente di fare l’esperienza, esaltante, di unirle, magari anche per un breve tratto, che so: 500 metri di nuoto, 10 km di bici e 5 di corsa. Anche meno, pur di provare la bellissima sensazione di salire in bici dopo aver nuotato, con il sole che ti asciuga il corpo mentre pedali (magari in salita), e infine la corsa, il tratto certamente più duro, possibilmente all’ombra. Certo, ci vuole il terreno adatto. Per i varesini, il lago di Monate può essere un buon banco di prova, ma manca la salita per il tratto in bici, a meno di spostarsi troppo, e non vi è molta ombra, con le auto che disturbano per il tratto di corsa. Trovai un terreno ideale a Pineto degli Abruzzi (foto): il nuoto in mare, vicino alla riva, poi la bici in salita a Mutignano, con discesa in picchiata su Pineto, e infine il tratto di corsa, all’ombra della stupenda pineta di quel litorale abruzzese. Davvero molto gratificante. Non occorre essere campioni e nemmeno atleti prestanti, basta trovare il ritmo giusto, adatto alle nostre possibilità, e avere alle spalle ore ed ore di allenamento.Nulla si improvvisa.

18-continua 

Per ricordare Paul


Noi li chiamiamo 'campetti', ma ho scoperto che il termine tecnico è playground, cioè campi di basket all'aperto, all'interno del Centro Campus di via Pirandello, a Masnago. Sui campetti il mio ex alunno Paolo Talamoni detto Paul ha consumato più di un paio di scarpe, dando gioia e sapore alla sua giovane vita. Già finita a 18 anni. Oggi, sabato 1 luglio 2017, i suoi amici lo ricorderanno con un pomeriggio a lui dedicato: partite di basket 5c5, gara del tiro da 3 punti e, alle ore 17, l'intitolazione dello spazio playground proprio a Paul.  

L'età della pensione

                                                              ph carlozanzi


Come da tradizione, l'anno scolastico alla Vidoletti si è concluso con il Collegio docenti e con la grande festa dei pensionati 2017: ben 8. 5 delle elementari (Carla, Anna, Giuliana, Daniela e Giuseppe) e 3 delle medie (Carmela, Patrizia e Nicola).
Molti gli ex prof. (già pensionati) presenti, ad illustrare i benefici della pensione ai neo-entrati nella nuova fase della vita. Gradita anche la presenza di Maria (docente di spagnolo) con la piccola Ester. 
Evviva!

giovedì 29 giugno 2017

Sport per la salute - 17



Due parole le spendo per il nuoto in acque libere, ai laghi o al mare. Il luogo ideale per allenarsi è la piscina, ma quando si è in grado di nuotare di fila per 20/30/40 vasche, allora si può nuotare in acque libere. L’ideale è avere le fortuna che hanno i varesini, cioè il lago di Monate (foto): piccolo, acque calme, panorama super. E’ questo il luogo ideale. Già il lago Maggiore è meno invitante. Al mare è ancora peggio. Prima regola: mai affrontare una traversata da soli, senza una barca d’appoggio. Se si è soli, bisogna costeggiare la riva, e anche in questo caso bisogna sempre avere la boa attaccata dietro. Un malore è sempre possibile, e si può annegare in un metro d’acqua, quindi massima prudenza. Non sto qui a spendere parole circa l’importanza di non entrare in acqua subito dopo mangiato, aspettare almeno tre ore. Soprattutto chi come me soffre il freddo, si procuri una muta da triathlon, che oltre a favorire il galleggiamento ripara dal freddo. Questo per chi ha intenzione di nuotare tante volte in acque libere, se no non vale la pena affrontare quella spesa. Certo è che quando uno acquista sicurezza nel nuoto, nuotare in un lago tipo quello di Monate è davvero gratificante. Chi l’ha provato non può non darmi ragione.

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Carmela e patrizia: ultima firma

                                                                                         ph maglione

Questo pomeriggio, poco prima delle 16, le mie amiche e colleghe Carmela (la decana della Vidoletti, in questa scuola dal 1985-86!!!) e Patrizia hanno apposto la loro ultima firma, al termine degli esami. Per loro è il tempo della pensione. 
Applausi e abbracci...la festa continuerà domani. 

Varese non avere paura


                                                             ph carlozanzi


Elena Macchi colpisce ancora. Il magistrato, protagonista del primo romanzo giallo di Laura Veroni (I delitti di Varese), torna alla ribalta ad un anno di distanza. Perché Varese si presta, nel ruolo di città favorevole ai delitti. E se il primo omicidio era ai Giardini Estensi, ora la Veroni, in coppia con la sua amica letteraria Macchi, ci conduce in via Robbioni, per un altro morto ammazzato. Ecco allora ‘Varese non aver paura’ (tascabile dei Fratelli Frilli editori), il secondo giallo della docente-scrittrice, presentato oggi alla neonata libreria Ubik-Base Blu di piazza del Podestà, a Varese. Insieme all’autrice, il giornalista, direttore di VareseReport, Andrea Giacometti. Nella confortevole saletta superiore, tutte le sedie occupate (una anche dal fotografo Carlo Meazza) per applaudire la Veroni, che si conferma (a detta di Giacometti) giallista di buona levatura, capace di tornare sulla scena di un nuovo delitto, con bravura consolidata.

Laura Veroni ha ammesso di avere due somiglianze con il magistrato Macchi: l’amore per il body-building e la determinazione, mentre si discosta decisamente per quanto riguarda l’amore. “Elena Macchi non crede all’amore, per lei gli uomini sono solo uno strumento di piacere, un gioco” ha detto la scrittrice durante la presentazione. Forse perché la Macchi –scriviamo noi-  è troppo impegnata a risolvere casi intricati, per poter pensare ad altro. Meglio fare una cosa bene: e pare che lei ci riesca. Ma per saperlo bisogna leggere ‘Varese non aver paura’.

Abbraccio felice



Abbraccia la felicità come il più caro degli amici, la più desiderabile delle amanti. Stringi forte la morsa delle braccia. Inventa le parole più convincenti perché non se ne vada. Non allargare le braccia per una distrazione qualsiasi. Se parte, non è detto che torni a breve. 

Sport per la salute - 16


Scritto del cammino, della corsa e della bici, che altra attività motoria proporre, per potenziare la muscolatura e perdere qualche chiletto, facendo del bene a cuore, polmoni e a tutto il resto? Il nuoto. Sino ad ora abbiamo utilizzato ben poco gli arti superiori e il tronco, ecco allora il nuoto, attività motoria completa.

Non tutti amano la piscina (soprattutto se è al coperto), la rinite da acqua e cloro, spesso il poco spazio a disposizione nelle corsie. E poi non è affatto facile la respirazione nello stile libero, e nuotare con la testa fuori dall’acqua, tipo periscopio, non è certo il massimo. Più facile, per ciò che riguarda la respirazione, sono il dorso e la rana, ma la tecnica non è facilissima da apprendere. E poi (critica diffusa) il nuoto è noioso, avanti e indietro, senza paesaggio che allieta la fatica….Eppure il nuoto è assai benefico, da alternare con le altre attività, soprattutto se piove, o se in inverno fa troppo freddo o in estate fa troppo caldo. Si tratta di scegliere gli orari con minor affluenza, e come sempre si tratta di avere pazienza i primi tempi, quando si potranno alternare vasche a stile libero e vasche a dorso e a rana. Anche per il nuoto la filosofia è la stessa: non conta tanto la velocità ma la durata. Non è molto produttivo nuotare una vasca a tutta e poi fermarsi a bordovasca per cinque minuti, meglio sommare vasche di fila, anche andando adagio. La respirazione nello stile libero è fondamentale, in genere è più facile praticarla ogni due bracciate, sempre dallo stesso lato. Importante espirare con efficacia, per poter poi inspirare adeguatamente. 

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Allocchi


La nostra incapacità di gustare il presente, l'attimo, le nostre ricchezze è sorprendete. La maggioranza non è vessata, piegata e piagata da gravi malattie o lutti estremi (in tal caso le lacrime sarebbero più che giustificate..e la rabbia...e la disperazione). Per lo più godiamo di un panorama tutto sommato rassicurante, senza uragani, eppure...l'invidia per il successo altrui (con conseguente malessere da fallimento) ci incupisce; il pensiero della morte ci perseguita; il timore del peggio sempre in agguato ci deprime.
Pensare continuamente alla morte è da fessi: vuol dire regalarle altra vita, una vittoria anticipata.
Invidiare gli altri è da allocchi (foto): il successo non porta necessariamente in dote la felicità...che resta lo scopo principale del nostro esistere.

mercoledì 28 giugno 2017

Pietropaolo


Felice onomastico a tutti i miei amici di nome Pietro, Paolo, Paola, Petra...e in particolare a mio fratello Paolo.

Sport per la salute - 15


Come per la corsa, anche per la bici se avrete pazienza, costanza, voglia di soffrire un po’ e di superare le difficoltà iniziali, vi toglierete molte soddisfazioni. Pedalerete lungo i tornanti dei passi del Giro d’Italia, arrivando in cima senza mettere il piede a terra. Perché tutto dipende dall’allenamento e, ovviamente, dalla velocità. Se i professionisti salgono a 20 all’ora e passa, voi dovrete accontentarvi di salire a 10-8 all’ora…ma va benissimo. Per la salute è una manna! Non esiste soddisfazione più grande che arrampicarsi in salita, strada stretta, magari in mezzo a un bosco, nel silenzio, senza auto, da soli e con qualcuno che non abbia voglia di fare il fenomeno. E se siete in montagna, allora saranno i versi delle marmotte a tenervi compagnia, la maestosità della roccia e dei ghiacci….faticherete, certo, ma sarà una fatica controllata, buona, mai oltre le 130/140 pulsazioni al minuto. Una fatica più che sopportabile, perché se la fatica è troppa viene meno anche il godimento. E se uno lo fa per guadagnare la pagnotta si può anche accettare, ma se uno lo fa per relax allora è da stupidi.

E chi non ha salite? Chi abita in pianura Padana, dove al massimo può trovare un cavalcavia? Che fa? Come programmare un allenamento quotidiano, se occorrono molti km per arrivare ad una salita? Bè, costui dal mio punto di vista è sfortunato, ma non deve certo rinunciare. Si allenerà in pianura, lasciando la salita al fine settimana. E come fa a provare le due posizioni? Presto detto. Mette il rapportone, magari sui falsopiani e sui cavalcavia, e via sui pedali, come fosse in salita.

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Nazarè



EMOZIONI IN VIAGGIO
Che cos'è la lettura se non un viaggio? Che cos'è un viaggio se non emozioni, sensazioni, immagini? E il cerchio si chiude. Questa foto l'ho scattata un paio d'anni fa in Portogallo in uno dei miei luoghi del cuore. E così di fronte ad un concorso sul tema del viaggio mi è sembrato spontaneo creare un racconto su Nazarè. Un racconto di fantasia con un piccolo fondo di verità, uno spunto fornitomi dall'amica Valentina Fanti che ringrazio. Il racconto è stato premiato come finalista sabato scorso a Monza per il premio Carlo Vittone. Mi permetto di offrirvelo.
plt



NAZARE’
di Pierluigi Tamborini
Una fotografia, tanto per cominciare.
Qui tutto è grande, anche la barca che c’è in primo piano, una di quelle che usavano i pescatori di un tempo. E’ fasciata di rosso e di bianco, tutta nera la chiglia e sta sulla spiaggia, ma non è in riva al mare.
L’hanno piazzata una trentina di metri all’interno, insieme ad altre, di differenti colori, una specie di museo a cielo aperto per attirare chi ci passa davanti.
E’ priva di albero e vela, ma non so dire perché, fin da quando è comparsa ai miei occhi l’ho vista solcare altri mari come fosse la Misericordia, con padron ‘Ntoni alla barra.
E dire che pure il mare è di un colore diverso. Lo sfondo non mostra i faraglioni che una leggenda trasforma in massi scagliati da un ciclope nervoso contro il principe dei naviganti. Il mare di Aci trasmette operosa tranquillità, qui rumoreggia l’oceano, luogo di antiche carte nautiche e di mostri marini, e qualcuno un giorno narrò della sua furia incredibile quando arriva tempesta.
Non è molto tempo che un brasiliano, più matto che sano, è venuto a sfidarlo ed è salito su un’onda da record, la più alta del mondo. Ventiquattro metri di puro terrore.
La barca, come tutti i natanti che si fan rispettare, possiede un nome, lo stesso del luogo dove adesso riposa.
A Nazarè non ci sono mai stato, ma ancor oggi mi viene da dire che è davvero un mio luogo del cuore.
Una foto rivela sempre qualcosa che appartiene al passato, non potrebbe esser viva altrimenti. Anche questa racconta un istante fermato nel tempo, non dice di più, una scogliera col faro, alcuni bagnanti allo sfondo e non so dire in che anno sia stata scattata.
Sono soltanto dettagli, in realtà nel mio cuore Nazarè è presente da un tempo che mi sembra infinito.
Mio padre era uomo impegnato, la sua professione aveva fatto di lui un giramondo. Nei miei ricordi di quand’ero bambino riviveva un signore che quasi non conoscevo, un uomo alto, con la barba curata, sempre vestito in maniera perfetta, accompagnato da una valigetta nera, dalla quale non l’ho mai visto staccarsi.
Nei rari, piccoli giorni, tra un aereo ed un treno, in cui lo vedevo tra le mura di casa, mi nutriva di posti incredibili, di città mirabili, di mari sconosciuti. Non sapevo allora il confine tra la realtà e la fantasia di un uomo sempre in cammino, ma non mi importava, perché dentro di me cresceva la voglia di diventare subito grande per poterli vedere.
I suoi racconti avevano sempre lo stesso finale: “Prima o poi mi ritiro a Nazarè, davanti all’oceano: Farò il pescatore”.
“Come no –rispondeva mia madre- non ti vedo proprio a buttare le reti”.
Un copione scontato, una liturgia che non prevedeva che potessi intervenire esprimendo consenso o soltanto un parere.
Il discorso finiva lì e restavo inappagato con le mie mille domande inespresse.
Una su tutte, dov’è questo posto?
Ma chiedere a mio padre non era concesso, scaduto il mio tempo
era già rivolto ai suoi affari e mia madre se la cavava sempre con uno scontato “Non so, da qualche parte nel mondo”.
“Bella risposta- pensavo- immagino certo che non sia sulla luna”.
Ci fu un momento un paio di anni più tardi, quando ero in seconda elementare, che credetti di avere risolto il mistero. Durante la lezione di catechismo un sacerdote ci raccontò di Nazareth, il paese dell’infanzia e della giovinezza di Nostro Signore. E così mi cullai per un lungo periodo nell’illusione che mio padre volesse seguire le orme degli apostoli diventati pescatori di uomini.
Quando caddi fuori dal sogno? Non lo ricordo, ma rammento benissimo l’odioso volto del secchione di turno che mi comunicava che a Nazareth di Galilea l’oceano non era presente, che intorno c’erano soltanto colline e che mio padre, se voleva fare il pescatore, si sarebbe dovuto accontentare di un lago chiamato Tiberiade.
Una delusione totale. Ci misi anni a raccogliere i frammenti del mio sogno e nel frattempo altre domande avevano scavalcato la geografia di un luogo che continuava a restare mitico, nonostante le ingiurie del tempo.
A vent’anni studiavo per diventare ingegnere, seguendo una rotta che qualcun altro aveva tracciato per me. In realtà con i numeri avevo poco a che fare, avevo altro per la testa, volevo viaggiare. E quando riuscivo a liberarmi dai libri lo facevo con l’incoscienza dei miei giovani anni.
Ho sempre amato viaggiare leggero. Spesso chi parte si porta dietro, come fosse una lumaca, un pezzo di casa. Per me era inconcepibile, volevo anzi annullarmi nel viaggio, rinascere nuovo nei panni di un altro, integrarmi con modi e pensieri diversi dal mio, nel tentativo di essere quello per cui mi sentivo portato, un cittadino del mondo.
E di strada, lasciate che dica, ne ho davvero percorsa parecchia, dai polverosi sentieri che mi hanno portato a Santiago, sulla tomba di Giacomo, fino alle scogliere d’Irlanda, dalla baia di Sidney fino ai tramonti dorati di Istanbul, dall’armonica geometria delle strade di New York alla confusione
organizzata della grande piazza di Marrakech.
Davanti a posti così spalancavo sempre gli occhi per farmeli entrare dentro come una dolce malattia e ogni volta che la voglia di fuggire si era stemperata nella nostalgia del ritorno a casa, riprendevo i miei bagagli leggeri e mi riscoprivo più ricco.
Forse cercavo me stesso, forse ero a caccia di quel Dio che mi aveva deluso vivendo nella Nazarè sbagliata e che pure avevo incontrato due volte, tra i camini delle fate in Cappadocia e davanti alle grandi sequoie di California.
Lo stesso Dio che sento vicino, anche nel luogo in cui adesso mi trovo.
Oggi nel mio quieto ascoltare si fa strada un ricordo che riesco a catalogare soltanto come un dolore che più non fa male.
Il giorno che mio padre approdò alla pensione per noi fu un momento di festa ma lui non sembrava contento. “Ora- gli dissi- potrai realizzare il tuo sogno di gettare le reti”.
Mi rispose dopo un lungo sospiro: “Nazarè, Nazarè. Non ci sono mai stato e forse mai la vedrò. Ma è giusto così, un luogo del cuore meglio sia misterioso e lontano”.
Fu quel giorno che la fotografia della barca entrò in mio possesso.
“Ti svelo un segreto –mi disse- l’ho portata con me in tutti i viaggi che ho fatto.
Questo pianeta non ha più segreti, serviva un posto che non avevo ancora vissuto, una strada di fuga, un porto sicuro nel quale poter riposare contro i mali del mondo.
Perché proprio qui? E’ la domanda che mi aspetto da te, ma non so darti risposte. Un giorno la foto era davanti ai miei occhi e ho sentito una musica dentro, come se il destino mi restituisse un bene perduto con un appuntamento in un posto lontano da qui.
Allora mi sono documentato e l’ho vista quella cittadina, un punto minuscolo sulla carta geografica, un tempo alla fine del mondo a noi noto. Portogallo si chiama, ma è una terra che preferisco definire con il nome di un tempo. Non so perché ,mi sembra suonar molto meglio.
Lusitania, che te ne pare di Lusitania? C’è qualcosa di affascinante in questo nome, la musica dentro di cui ti parlavo.”
Così diceva mio padre ed io restavo ad ascoltarlo, incantato e stranito, come se non lo avessi Incontrato mai prima di allora. Davanti a me c’era un uomo che in realtà non sapevo chi fosse.
Capita a volte che le persone più care rivelino lati del loro carattere che mai ci saremmo aspettati. Come potevo pensare che l’uomo d’affari tutto d’un pezzo nascondesse dentro di sé il cuore di un vero poeta?
Allora non lo sapevo, ma quella foto fu il suo ultimo regalo, la sua eredità. Poco tempo dopo partì per un viaggio dal quale nessuno è mai ritornato, lasciando due arbusti piegati, mia madre e mia sorella Francesca ed un giovane albero che la vita contribuì a rendere forte.
In tutti gli anni che sono seguiti ho continuato a viaggiare, spesso soltanto con la fantasia, perché il lavoro e le nuove responsabilità mal si adattano con i sogni di chi affronta la strada.
Molte volte, prima di lasciare l’ufficio e fare ritorno a casa, mi sono fermato davanti alla foto della barca, immaginando quello che non potevo vedere nè a sinistra né a destra, disegnando con occhi diversi il profilo della spiaggia e della scogliera.
Infine la riponevo in un cassetto portandomi dietro un dilemma continuo:
andarci per dare una voce, un sapore, un odore a quella mitica foto o lasciare che restasse un posto del cuore, più in alto di tutto, esente da delusione e dolore. In un certo senso il destino mi ha dato una mano scegliendo per me, anche se forse non è tutto scritto.
E domani si va a Nazarè.
Francesca è venuta presto stamani accompagnata da Giacomo, suo marito.
Mi sono sempre chiesto che cosa mia sorella avesse trovato in quell’uomo, tanto bello quanto vuoto dentro. Un vero cretino, vestito sempre all’ultima moda, capace soltanto di parlare di donne e motori. Mi dispiace soltanto di non avere mai avuto l’occasione giusta per dirgli tutto quello che pensavo di lui, ma credo che, nonostante il suo limitato pensare, ci sia arrivato da solo.
Francesca mi è venuta vicino e mi ha preso la mano. Poi ho sentito la sua sul mio volto, la carezza di un angelo. “Oggi partiamo, lo sai?”-le sue lievi parole.
“Che gli parli a fare? –è intervenuto Giacomo- tanto non ti può sentire, il bell’addormentato nel bosco”.
“Il solito stronzo “–mia sorella lo ha fulminato con lo sguardo e con le parole. Ho sentito lacrime calde sulla mia mano e non so che avrei dato per poter aprire gli occhi, per alzarmi e stringerla a me.
Ma non potevo, però l’ho ascoltata e le sue parole sono state una musica dolce nel mio lungo silenzio.
“Non ti preoccupare –mi ha sussurrato all’orecchio- una volta a Lisbona lui ha il suo maledetto congresso ed io sono libera. Mi prendo una macchina e vado là dove tu sai”.
So benissimo di che cosa mi parla, un viaggio soltanto per noi, una volta che
avessi sciolto quel continuo dilemma.
Era il modo migliore per rendere omaggio alla memoria di nostro padre.
Saremmo andati in maggio a Nazarè, per la festa della Madonna del mare.
Avremmo visto i pescatori e le donne con i vestiti dai mille colori, avremmo dato un volto nuovo, un respiro d’immenso a quella foto smarrita.
“Dai, sbrigati che perdiamo l’aereo, dall’ospedale all’aeroporto ci vuole mezz’ora”.
Ancora la voce del cretino, ma detesto ammettere che , una volta tanto, aveva ragione.
“Torno presto, farò tutto quello che avevamo deciso”. Così ha detto lei prima di alzarsi ed uscire, lasciando nell’aria un profumo che sapeva di cose lontane, promesse e rimpianti.
Che posso fare se non aspettarla e accompagnarla nei sogni restando qui, in quest’asettica stanza?
Ma è come se fossi con lei ogni momento del giorno e la posso vedere mentre raggiunge una chiesa dove una piccola folla è in attesa. Sembra una festa di quelle che abbiamo anche noi , nei nostri paesi del Sud. Dalla chiesa escono le statue dei santi e insieme ascoltiamo un giovane prete che ricorda alla folla che quella è una processione vera, non uno spettacolo
ad uso e consumo di turisti e viandanti. Per ultima ecco la statua della Madonna che una leggenda vuole portata da Nazareth, ed è così che riconcilio i miei luoghi del cuore.
Andrà per le strade quella lunga teoria di canti e preghiere e poi la Madonna sarà a vigilare sul mare perché sia benigno verso i suoi figli devoti.
Tutto questo vedrà e ascolterà mia sorella, ma il momento più bello lo lascerà al giorno dopo.
Un caldo lunedì di maggio sulla spiaggia battuta dal vento che qui è un ospite fisso. La barca è là, non va più per mare, presa com’è dal suo nuovo lavoro. Vicino a lei le sorelle di altri colori, le reti da pesca stese ad asciugare, il ritmo lento di una vita a misura di sogno.
Francesca si ferma a guardare un lontano orizzonte, poi dalla borsa tira fuori la foto di un tempo, confronta i suoi contorni, le differenze di oggi e poi compie il rito per il quale è arrivata.
A sinistra verso una spiaggia che sembra infinita, poi a destra, ad accarezzar la scogliera fino a scoprire le bianche case addormentate sulla collina, come un presepe marino.
La sto aspettando e so che presto farà ritorno accompagnata da un profumo d’oceano dove sarà bello confondersi, portando con sé le immagini assenti per dare un senso al pulsare dei nostri cuori in attesa.
“Ti ho portato Nazarè- mi dirà al suo ritorno- , ti ho portato la foto mancante. Adesso svegliati, ti prego, non fare che io abbia viaggiato per niente”.
Lo dirà con la voce strozzata, a trattenere il dolore, o forse non dirà una parola, ma il senso è lo stesso.
Una fotografia, tanto per ricominciare, per cui aspetterò di averla davanti e poi, forse, la guarderò e riaprirò la mia vita.
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Sport per la salute - 14



So bene che non è facile abituarsi alla posizione sui pedali. All’inizio si fa fatica a trovare il giusto equilibrio, e poi è innegabile un lieve aumento delle pulsazioni, ma con l’allenamento i risultati saranno più che gratificanti. Vedrete che quando il vostro socio, in caso di aumento della pendenza, smanetterà sul cambio per trovare un rapporto più agile, mentre voi salirete sui pedali senza toccare il cambio, lasciandovelo alle spalle, la soddisfazione sarà grande. A parte la battuta agonistica, davvero è essenziale avere a disposizione le due posizioni sulla bici, quando la strada si impenna. Poi dipende dalla struttura fisica e da altri fattori, è chiaro che un grimpeur leggero userà di più la posizione sui pedali, un passista più pesante starà più seduto, ma non sempre seduto.  Le due posizioni vanno utilizzate anche con la mtb, anche se salendo su strada sterrata con ghiaia e terreno comunque scivoloso a volte è impossibile salire sui pedali, perché si scarica la ruota posteriore, che slitta. Ma se siamo su asfalto, o su fuoristrada tipo la rizzàda della Madonna del Monte, e il fondo non è bagnato, si possono alternare le due spinte.

Sulla discesa sarò sintetico: prudenza massima, sempre il casco, coperti bene, occhiali e bocca chiusa. Spesso si trascura la pericolosità degli insetti o di altri piccoli corpi contundenti che finiscono negli occhi o in bocca, quando si scende magari a 50 all’ora o più. Usare entrambi i freni, ma MAI QUELLO ANTERIORE quando la strada è bagnata o con sabbietta, soprattutto in curva. Forse non a caso nelle bici il freno posteriore è a destra, mano normalmente più utilizzata, mentre quello anteriore a sinistra.  Prudenza al top: una buca anche non molto profonda, un sasso, un cane che esce da un cancello, un’auto che sbuca da una strada secondaria…soprattutto quando si scende con la bici da corsa, possono far cadere.  

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Fiume Vico

                                                                                           ph franci arcelli


Ecco la mia via, via GB Vico, a S.Ambrogio, stanotte alle 2. Per fortuna dormivo! Non così Franci, che ha scattato la foto. 
Fiume Vico. Mamma mia!

martedì 27 giugno 2017

Trucco apotropàico



Ogni tentativo razionale di arrivare a certezze su Dio in me puntualmente fallisce, mentre aumenta la consapevolezza della Sua necessità. Mi dovrò accontentare di non pensare, aggrappandomi alla prova dell’esistenza di Dio che nasce in me spontaneamente, quando senza sforzo ho voglia di pregare. Come se la preghiera (quindi l’ammissione di una Presenza amichevole) partisse in automatico, riflesso in conseguenza di un evento molto bello (che supera l’umana abilità) o molto brutto (che trascende l’umana cattiveria o potenzialità malefica). E, in quell’attimo, non devo pensare che lo faccio perché è un’abitudine, un tic, uno stratagemma contro la paura, un trucco apotropàico (direbbe il mio amico Leo) contro la maledizione….la qual cosa mi farebbe perdere ogni tensione verso un possibile Dio. No, non devo pensarci, devo limitarmi a pregare, ad affidarmi a Qualcuno che sento necessario.
E’ inutile che legga libri, che mi informi, che ripeta altre volte i soliti  ragionamenti, che mi portano regolarmente a sbattere contro il solito muro invalicabile. E’ ormai tempo perso, a 61 anni. Non nego la speranza di un miracolo chiarificatore, ma perché mai dovrei meritarmi un tale aiuto?

Mi devo accontentare di questo Dio dentro di me, amico immaginario.   

Sport per la salute - 13



La condizione ideale, per il nostro obiettivo (potenziamento muscolare, cardiocircolatorio e respiratorio, dimagrimento) è di avere a disposizione una salita di almeno 4-5 km….meglio una di 10. E se non si ha? Occorre fare qualche km in auto per raggiungerla. E se i km sono troppi? Vedremo il da farsi. Stiamo ad una condizione ideale, che i varesini possono trovare facilmente, soprattutto se abitano come me dalle parti di S.Ambrogio, oppure ai piedi del Cuvignone, del Sette Termini, del Monte Orsa, in Val Ganna con l’Alpe Tedesco, Boarezzo, Ardena-Marzio…insomma, da noi le salite non mancano, salite possibilmente con poche auto. E allora si comincia, alternando pedalata in sella e cammino a piedi, come abbiamo visto per la corsa. A poco a poco ridurremmo sempre di più il tratto a piedi, aumentando quello in bici. Sarà bene imparare subito le due posizioni della pedalata in salita, per me fondamentali: sul sellino e sui pedali. Evitiamo anzitutto di usare rapporti troppo duri o troppo leggeri. A volte, soprattutto con la mtb, noto ciclisti che frullano rapportini ridicoli, leggerissimi, praticamente non si muovono. Con il miglioramento della prestazione, sarà possibile pedalare con rapporti più impegnativi. Quando la pedalata da seduti ci appare troppo faticosa, allora, anziché passare ad un rapporto più leggero, è meglio salire sui pedali. Se siamo su una bici da corsa, mani appoggiate ai freni (foto in alto). E' meglio evitare la posizione con le mani in basso al manubrio (foto in basso), perché la prima posizione permette una respirazione migliore, una schiena più dritta e non piegata nel tratto lombare, un aiuto anche delle braccia nei tratti più duri e permette di utilizzare i muscoli degli arti inferiori con una differente angolazione rispetto alla posizione seduta. Alcuni gruppi muscolari ‘si riposano’, mentre altri lavorano. E’ come avere due ‘motori’ (il paragone non è azzeccato, ma rende un po’ l’idea).  

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Sport per la salute - 12



Con circa 400 euro potete acquistare anche una mountain-bike accettabile, sempre con fermapiedi senza blocco. Se hanno il cinturino, non stringetelo. Consiglio di usare la mtb non fuoristrada, non per il piacere della discesa spericolata: non è questo il nostro obiettivo. Usarla in salita-discesa su asfalto: essendo più pesante della bici da corsa, con ruote più larghe e quindi maggior aderenza, si farà più fatica in salita e sarà più sicura in discesa. Si può usare anche su strada non asfaltata ma, ripeto, attenzione alle discese. Consiglio di portare uno zaino in spalla, anche se è scomodo e antiestetico. Un ciclista ‘serio’ non andrebbe mai in giro con lo zaino, ma qui non è la ‘serietà’ che conta, ma il risultato. La gente spesso sottovaluta il freddo che si può sentire in discesa, a volte anche in estate, soprattutto se si affronta una salita lunga e quindi anche la discesa sarà lunga. Nello zaino potete mettere tutti i vestiti che volete per coprirvi in discesa, e in più il casco. Se affrontate una lunga salita senza saliscendi, non è il caso di mettere il casco in salita. Ma in discesa è OBBLIGATORIO. Poiché la filosofia è l’allenamento quotidiano, e in tutte le stagioni, affrontando la salita si può pedalare anche a 0 gradi, basta avere il necessario equipaggiamento per la discesa. Mai in bici quando piove, a meno di prendere un acquazzone quando si è già per strada. Ma è sempre meglio evitarlo. Se piove poco, corsa; se piove molto, cammino veloce con ombrello. Oppure nuoto in piscina, come vedremo.

12-continua

Più

                                                                 ph carlozanzi



Più mi impegno per ricordare un nome, più trovo il nulla. Poi, d'incanto, il nome torna.
Più mi impegno per trovare Dio, più trovo il dubbio. Poi, d'incanto, le labbra pregano. 

Into the wild a Cuveglio

                                                                 ph carlozanzi


Dopo l'ottima esibizione a Comerio (foto), Into the Wild Project si sposta a Cuveglio: spettacolo il 2 luglio. 



lunedì 26 giugno 2017

Auguri a Luisa e Ric


Auguri a Luisa e Riccardo, oggi in festa per il loro anniversario (36°) di nozze. 

Here come the sun

                                                                                              ph carlozanzi



Here come the sun (da Into the wild project)

domenica 25 giugno 2017

Don Angelo e don Vincenzo



Ringrazio l'amico Gigi, che mi ha inviato queste foto, a testimonianza della bella festa, preparata oggi ad Arluno per don Angelo Morelli, 50 anni di Messa! Con lui anche don Vincenzo Cavenago, che è stato parroco ad Arluno prima di don Angelo, e una rappresentanza della comunità Shalom. Don Vincenzo e don Angelo, cioè i due coadiutori a Biumo Inferiore, nei miei anni da ragazzo. Per la verità don Vincenzo l'ho conosciuto poco, molto molto meglio don Angelo, che noto ancora in forma, quasi sorpreso (con una sua tipica espressione) di dover tagliare una torta con scritto 50. 
Ad multos annos! 

Tanto basket, per Fabio


Per fortuna il temporale si è sfogato nella notte e nel primo mattino, mentre il sole ha poi asciugato il fondo azzurro del campo di basket dell'oratorio di Biumo Inferiore, permettendo un regolare svolgimento del 12° Memorial Fabio Aletti, che si concluderà in serata. Tanto basket, per Fabio.

sabato 24 giugno 2017

Sport per la salute - 11


E dopo il cammino e la corsa, ecco la modalità per la conservazione della salute che attualmente prediligo, la via d’uscita giocoforza utilizzata dai runner che, dopo aver usurato le articolazioni e i tendini, trovano qui uno spazio vitale: la bicicletta.
Limito il campo. Qui parlerò solo della bici ‘allenante’, lasciando perdere la bici come mezzo di trasporto per andare in centro città, per gite fuori porta che conducono a trattorie e locande, tutte scelte ottime e auspicabili, ma che in genere non fanno perdere chili. Non parlerò di bici elettriche, ma della bici usata quotidianamente (o alternata a cammino, corsa…), possibilmente in salita.

Uso la bici dall’età di 5 anni, ho percorso migliaia di chilometri, non l’ho mai abbandonata in quasi 60 anni di onorata carriera, e ne faccio largo uso soprattutto dopo i 50 anni. Chi ha dolori alle ginocchia se cammina o corre, in bici in genere non ne ha. Idem dicasi per la schiena, anche se sulla schiena bisognerà fare un discorso a parte. Cominciamo con la scelta del mezzo. Consiglio la bici da corsa. Con meno di 400 euro potete acquistare (ad esempio da Decathlon) una bici più che accettabile, con 24 rapporti. Consiglio di prendere una bici con il puntapiedi senza blocco, onde poter usare normali scarpe da tennis, essenziali se –soprattutto in fase iniziale- si alternano bici e cammino. Inoltre il puntapiedi senza blocco permette di usare l’avampiede con maggior lunghezza, favorendo la pedalata senza premere troppo sulle dita (ciò lo dico soprattutto per chi ha problemi di alluce valgo…). Questo tipo di fermapiede permette poi di sganciare la gamba con maggior velocità, in caso di caduta.

11-continua 

Into the wild a Comerio



Dopo le ottime serate a Villa Toeplitz e sul lungolago di Luino, ecco la terza data dello spettacolo ‘Into the wild’, e cioè Domenica 25 giugno 2017, alle ore 17, a Comerio (meteo permettendo), piazza del Comune, nell’ambito di Microcosmi Festival. Ingresso libero.
Gli studenti del Liceo V. Sereni di Luino propongono un progetto ispirato a "Into the Wild", un film diretto nel 2007 da Sean Penn. Prendendo spunto dalla vicenda e dalla colonna sonora, hanno progettato uno spettacolo, una sorta di ibrido fra una lezione-concerto ed un reading accompagnato da canzoni, che raccoglie, unisce e fa dialogare suggestioni musicali e letterarie, suggerite dalle tematiche e dall'atmosfera che caratterizzano questo film. Vogliono esprimere con musica e parole lo spirito originale di “Into the Wild”, dalla ribellione al conformismo della società alle contraddizioni del mondo moderno, dalla fuga dalla civiltà al sogno (o all’incubo) di trovarsi a contatto diretto con il cuore (selvaggio) della natura, dal bisogno dell’isolamento al richiamo dell’amore. Per tutta l'estate saranno in tour in giro per la provincia di Varese, con numerose date. #intothewildproject #intothewildontour


Per sempre con noi


25 giugno 1983: per sempre con noi.

Sport per la salute - 10



Ancora due righe sulla corsa. Come si noterà, sono molto sintetico, riduco all’osso l’argomento. Le scarpe. Sono fondamentali. Bisogna investire almeno 50 euro, ma ciò che conta è che siano un numero in più. Devono essere ‘abbondanti’ e vanno allacciate molto strette, così il piede non scivola in avanti. Quando si corre per molti minuti, oltre alle vesciche, il problema sono le unghie, che diventano nere e poi si perdono. Però ricrescono.

Correre sempre molto sciolti, decontrarre i muscoli del viso, dovete avere l’impressione (anche se avete il viso scavato) che le guance si muovano, non stringere i pugni, decontratte anche le mani, massima attenzione alla respirazione. I progressi (più siete avanti negli anni e più i chili sono in esubero, più tali progressi saranno lenti) non mancheranno, vi renderete conto che sarete in grado di diminuire il tempo del cammino e di aumentare quello di corsa. Correndo a ritmo blando, in equilibrio d’ossigeno (senza produzione di acido lattico) potrete arrivare a correre senza interruzione a lungo, con grande soddisfazione, senso d’appagamento e di benessere. Le endorfine si propagheranno, l’adipe diminuirà.

10-continua 

Sport per la salute - 9


Dopo aver scritto del cammino e della respirazione, eccoci alla corsa. Per i patiti della corsa, tutto il resto è noia: cammino, bici, nuoto non gratificano. Bisogna correre e basta, anche sul dolore, fortificando la volontà sino alla completa usura delle cartilagini, alla distruzione dei tendini, allo schiacciamento dei dischi intervertebrali, sicché il dolore diventa insopportabile e si è costretti alla resa. La corsa (parafrasando una nota pubblicità) è un piacere, se procura dolore, che piacere è? Ho corso due maratone e una mezza, corro da decenni, per migliaia di km, e sono più che mai convinto: dopo i 40 anni la corsa va centellinata, è traumatica e usurante. In principio conviene alternare brevi tratti di corsa con tratti di cammino. Si comincia in piano poi poco alla volta si aumenta la pendenza, sino ad arrivare a correre principalmente in salita. La discesa è la parte più logorante e traumatica, quindi o si cammina oppure si scende non a ‘rotta di collo’, ammortizzando bene. Meglio 2 km in salita che 5 in piano. Quando sarete in grado di correre, senza fermarvi, per un’oretta (mezz’ora in salita) fate pure qualche corsetta non competitiva, ma non fatevi condizionare dai patiti, che rischiano l’infarto per arrivare 88esimi anziché 91esimi!  


9-continua

Brava Maddalena


No, qui mia figlia Maddalena non c'entra. Faccio i complimenti alla mia ex alunna Maddalena Franco (la prima a destra), che è fra i 27 finalisti del Premio Chiara Giovani. Io non ho alcun merito, ma lo stesso partecipo alla gioia della ragazza (anche ottima sportiva), alla quale auguro naturalmente di vincere il Chiara Giovani e di non abbandonare la silenziosa compagnìa della scrittura. Eccola ieri, in viaggio sulle acque del lago di Varese (foto Varesenews), direzione isolino Virginia, dove si è tenuta la Conferenza Stampa del Premio Chiara 2017.

venerdì 23 giugno 2017

Fabio


                                                                                           ph carlozanzi



Ieri sera, all'oratorio 'Molina' di Biumo Inferiore (il mio oratorio), ha preso il via la 12^ edizione del Memorial Fabio Aletti: preghiere, canti e le prime sfide di basket 3 contro 3.
Il Memorial continuerà oggi e domani. Per il programma: www.memorialfabioaletti.it.
Devono essere appetitosi e grassi i moscerini di Biumo, a giudicare dalle dimensioni delle rondini, che ieri volavano affettando l'aria calda sopra i tigli dell'oratorio, e poi verso l'alto palazzo dove abitavano i Raffo e poi in cielo e poi ancora giù, verso di noi. 
Padre Angelo ha paragonato la vita cristiana al gioco del basket: bisogna anzitutto imparare, seguire un maestro, e poi saper faticare per meritarsi la vittoria e avere perseveranza...
Ciao, Fabio, qui nessuno ti dimentica.