Se
penso a Francesco penso che lo chiamavamo ‘acciuga’ (per la sua magrezza) e
vedo un prato a San Martino di Castrozza, una partita a pallaprigioniera fra
ventenni e questo ragazzo, scattante, imprendibile, che era rimasto solo e
schivava la palla malandrina. Resistette a lungo acciuga, prima di cedere: è
tutto registrato in un video. Oggi Francesco è morto, e non aveva sessant’anni,
no, meno, meno. Dai tempi della Shalom (in foto siamo nel 1980, vacanze sulle
dolomiti di San Martino di Castrozza, acciuga è il secondo da destra) ci siamo
visti poco. Venni a sapere che si era gasato per la bici, andava come un matto
ma la cosa durò poco, poi mollò. Ora preferibilmente lo chiamavamo Cecco. Lo
ritrovai come genitore, un suo figlio era mio alunno a Casciago. Ricordo quel
nostro incontro alla piscina della Whirlpool, parlammo di figli, di scuola, di
lavoro, di bici e, naturalmente, di quella partita a pallaprigioniera, nella
verde età che non è poi così verde ma che è verdissima quando la si rivive. Poi
la malattia, un’operazione, un esito poco felice, tanto dolore, anni di sofferenza per lui e per
chi lo amava. L’ho incontrato l’ultima volta credo al funerale di mio fratello
Mock (nella foto c’è anche Marco): piangeva. Ora è morto anche lui. Spero possa
in qualche modo sentire il mio abbraccio.
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