ph carlozanzi
Oggi,
ai suoi funerali, ho conosciuto la parte del mio amico Francesco che mi
mancava, cioè quella dopo i primi anni Ottanta. Perché insieme abbiamo vissuto
gli anni dell’adolescenza e della giovinezza, quando sono state scavate le
fondamenta di quanto oggi ho sentito raccontare da uno dei suoi figli:
Francesco è stato un marito fedele, nella buona e nella cattiva sorte, un operatore
del 118 professionalmente preparato e deciso, un padre esemplare, anche nella
malattia, quando ciò che la figlia Agnese ha definito “un’ingiustizia, è
diventata per tutti noi occasione di crescita.” Chiesa piena questo pomeriggio
a Casciago, per i funerali di Francesco, e fra i presenti anche alcuni colleghi
di lavoro. Il celebrante, durante l’omelia, ha detto la sola cosa che avrei
voluto sentire (“Non è Dio che vuole la morte”), quindi bene così, mentre resta
il mistero di una sofferenza così grande, che può essere vissuta nell’amore. Non
oso immaginare quanto sarà costato al mio amico Cecco sopportare ciò che la
sorte gli ha messo sulle spalle, e quanto hanno dovuto soffrire i suoi
familiari. Oso sperare che, finalmente, il mio amico Francesco oggi riposi
nella Pace.
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