Quando
siamo nella sofferenza, non dobbiamo avere la pretesa di giudicare il passato e
di programmare il futuro: il primo apparirebbe un fallimento, il secondo un
muro invalicabile. Accontentiamoci del presente doloroso, sfruttando ogni mezzo
(soprattutto medico) per allentare la morsa. Né dobbiamo pretendere di poter
elargire sorrisi, comportandoci come se nulla fosse. Qualcuno ci riuscirà, ma i
più non sono chiamati alla santità. Limitiamoci ad un comportamento ragionevolmente
educato, chiamiamo a rapporto tutta la nostra pazienza, preferiamo sempre il
silenzio all’invettiva. E se sfugge qualche parola grossa, appelliamoci alla
nostra umanità ferita. Se non lo consideriamo tempo perso, sfruttiamo anche la
preghiera.
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