Sull'ultimo numero della rivista 'Menta e Rosmarino' è uscito questo mio racconto.
Mancavano pochi giorni al Natale. Era invece passato da poco il Natale
quando nonno Giorgio (allora non era nonno né padre e nemmeno sposato) fumò la
sua ultima sigaretta. Era appena tornato da naja, era in casa di amici a
Mondonico, davanti al camino, prese una Marlboro, la fumò fino all’ultima brace
e poi disse: “Non fumo più, questa sarà l’ultima.” E così fece. Mantenne la
promessa ma ora, quarantatré anni più in là di quelle parole impegnative, dopo
essersi sposato, aver messo al mondo più di una vita ed essere diventato nonno,
disse, sempre davanti ad un camino: “Mi voglio fumare una sigaretta.” E pensare
che da allora non aveva fatto più nemmeno un tiro.
Sarà stato perché sedeva anche quella sera davanti a un camino, il suo.
Avevano, lui e nonna Barbara, rimesso a nuovo una villetta, che era diventata
moderna ma lui aveva posto una condizione: doveva rimanere il vecchio camino,
un gesto di riconoscenza verso chi quella casa aveva acquistato (i suoi
suoceri) e per conservare qualche pietra del passato.
Forse era il camino, forse era il trasferimento nella villetta di
Caldana, paesino simile a quello del suo ultimo fumo; o forse era la presenza
dei suoi tre nipotini, che si erano avvicinati a lui un po’ per scaldarsi un
po’ perché stavano bene lì, con il profumo del nonno e il suo corpo ossuto e
spigoloso. Rachele, la più grande, nove anni, sedeva e rovistava nella brace
con l’attizzatoio; Tobia, sei anni, fresco di prima elementare, stava silenzioso
a selezionare i suoi pensieri; Silvia, quattro anni, cercava di arrampicarsi
sulle ginocchia del nonno e parlava, parlava, parlava.
La nonna lavava i piatti e quando sentì il desiderio del nonno fece
finta di niente. Ma a Giorgio, quella sera, mancava proprio una sigaretta.
“Barbara, dove sono le tue Muratti?”
“Cosa sono le Muratti?” chiese Silvia.
“Le sigarette” rispose suo nonno. Sì, proprio le Muratti light che lui e
Barbara avevano fumato insieme cinquant’anni prima, nell’estate del loro primo
incontro: un tempo magico, eterno, incorruttibile.
“Lascia perdere” disse la nonna.
“No, no...non lascio perdere...sono sopra il frigorifero?” e si alzò per
controllare. Erano lì. Ne prese una: immacolata, velenosa e invitante.
“Nonno, ma fumi davvero?” disse la maggiore dei suoi tre nipoti.
“Certo.”
“La nonna fuma, ma tu...Non ti ho mai visto” disse Rachele.
“Infatti...non fumo da una vita.”
“Ma sei capace?” disse Tobia.
“Credo di sì.”
Giorgio tornò al camino, sollevò un rametto con la punta infuocata,
accese la Muratti, aspirò e provò subito un piacere intenso, una boccata di
giovinezza.
Il fuoco nel camino era robusto, la legna scoppiettante mandava una
dolce melodia. Così il nonno ebbe voglia di raccontare. Ma cosa? La guerra non
l’aveva combattuta, episodi di particolare eroismo non erano contemplati nelle
sue memorie, avrebbe potuto parlare di altri, dei suoi genitori, dei suoi
nonni, di parenti passati almeno alla storia locale, oppure inventare ma, a
parte Silvia, gli altri due nipoti – e soprattutto Rachele – stavano lasciando
le sconfinate praterie della fantasia e del sogno per incamminarsi sullo
stretto e scomodo sentiero della realtà. Pensò allora di parlare ai giovani del
suo amore per Barbara.
“Ma lo sapete che questa sigaretta, stessa marca, stesso tipo, Muratti
light, è stata la prima sigaretta che ho fumato con la nonna, quando ancora non
eravamo sposati?”
Nessuno rispose, nemmeno Silvia, che si era accomodata sulle gambe del
nonno e si strusciava come un gattino. Attendevano sviluppi più interessanti.
“La nonna era bellissima!”
Barbara si girò verso il gruppo al camino e sorrise, temendo che il
vecchio uomo, al suo fianco da una vita, avesse bevuto in eccesso.
“Era la più bella ragazza del nostro gruppo di amici, direi di tutta la
città…”
“Nonno, forse esageri un po’” disse Rachele, con un sorriso furbo e
venato della prima malizia.
“No, no...non esagero…Però vi devo confessare una cosa.”
“Che cosa?” chiese Tobia.
Giorgio aspirò dell’altro fumo, lo gustò in gola e lo soffiò fuori con
delicatezza.
“Dopo un po’ abbiamo deciso di sposarci, ma io non ero proprio sicuro
sicuro.”
Barbara si girò di nuovo e disse: “Giorgio…” ma il nonno proseguì per la
sua strada: “Avevo paura.” Guardò Rachele: “Ad esempio, a te non è mai capitato
che c’è un ragazzino che ti piace ma hai paura e non gli dici niente?”
Rachele arrossì quel tanto da far capire al nonno che forse la domanda
era inappropriata.
Giorgio passò allora a Tobia: “Oppure tu, Tobia, quando sei su un
muretto e vorresti saltare giù ma ti sembra troppo alto, sei indeciso, gli
amici ti dicono che devi buttarti, qualcuno dice che se non lo fai sei un
fifone e allora tu alla fine chiudi gli occhi e ti butti giù? Rischi e se ti va
bene sei contento.”
“E io, nonno?” chiese Silvia
“Tu sei ancora troppo piccola…” e la bimba ci rimase male.
“Nonna, tu sei bella anche adesso” disse Rachele.
La sigaretta era alle estreme faville. Nonno Giorgio fece l’ultimo tiro,
inondò il locale di fumo, che si unì a quello del camino.
“Grazie, piccola” disse la nonna, “e non date retta alle cretinate del
nonno…”
Tobia si mise a ridere e disse: “Nonno, sei un cretino?”
Giorgio, guardando nel panorama affumicato, ringraziò per i doni
ricevuti, disse: “Mamma mia, che buona
questa sigaretta!” e buttò il filtro nel fuoco.
Nessun commento:
Posta un commento