mercoledì 14 dicembre 2022

La nuova sigaretta

                                                                                         ph carlo meazza

 Sull'ultimo numero della rivista 'Menta e Rosmarino' è uscito questo mio racconto. 




Mancavano pochi giorni al Natale. Era invece passato da poco il Natale quando nonno Giorgio (allora non era nonno né padre e nemmeno sposato) fumò la sua ultima sigaretta. Era appena tornato da naja, era in casa di amici a Mondonico, davanti al camino, prese una Marlboro, la fumò fino all’ultima brace e poi disse: “Non fumo più, questa sarà l’ultima.” E così fece. Mantenne la promessa ma ora, quarantatré anni più in là di quelle parole impegnative, dopo essersi sposato, aver messo al mondo più di una vita ed essere diventato nonno, disse, sempre davanti ad un camino: “Mi voglio fumare una sigaretta.” E pensare che da allora non aveva fatto più nemmeno un tiro.

Sarà stato perché sedeva anche quella sera davanti a un camino, il suo. Avevano, lui e nonna Barbara, rimesso a nuovo una villetta, che era diventata moderna ma lui aveva posto una condizione: doveva rimanere il vecchio camino, un gesto di riconoscenza verso chi quella casa aveva acquistato (i suoi suoceri) e per conservare qualche pietra del passato.

Forse era il camino, forse era il trasferimento nella villetta di Caldana, paesino simile a quello del suo ultimo fumo; o forse era la presenza dei suoi tre nipotini, che si erano avvicinati a lui un po’ per scaldarsi un po’ perché stavano bene lì, con il profumo del nonno e il suo corpo ossuto e spigoloso. Rachele, la più grande, nove anni, sedeva e rovistava nella brace con l’attizzatoio; Tobia, sei anni, fresco di prima elementare, stava silenzioso a selezionare i suoi pensieri; Silvia, quattro anni, cercava di arrampicarsi sulle ginocchia del nonno e parlava, parlava, parlava.

La nonna lavava i piatti e quando sentì il desiderio del nonno fece finta di niente. Ma a Giorgio, quella sera, mancava proprio una sigaretta.

“Barbara, dove sono le tue Muratti?”

“Cosa sono le Muratti?” chiese Silvia.

“Le sigarette” rispose suo nonno. Sì, proprio le Muratti light che lui e Barbara avevano fumato insieme cinquant’anni prima, nell’estate del loro primo incontro: un tempo magico, eterno, incorruttibile.

“Lascia perdere” disse la nonna.

“No, no...non lascio perdere...sono sopra il frigorifero?” e si alzò per controllare. Erano lì. Ne prese una: immacolata, velenosa e invitante.

“Nonno, ma fumi davvero?” disse la maggiore dei suoi tre nipoti.

“Certo.”

“La nonna fuma, ma tu...Non ti ho mai visto” disse Rachele.

“Infatti...non fumo da una vita.”

“Ma sei capace?” disse Tobia.

“Credo di sì.”

Giorgio tornò al camino, sollevò un rametto con la punta infuocata, accese la Muratti, aspirò e provò subito un piacere intenso, una boccata di giovinezza.

Il fuoco nel camino era robusto, la legna scoppiettante mandava una dolce melodia. Così il nonno ebbe voglia di raccontare. Ma cosa? La guerra non l’aveva combattuta, episodi di particolare eroismo non erano contemplati nelle sue memorie, avrebbe potuto parlare di altri, dei suoi genitori, dei suoi nonni, di parenti passati almeno alla storia locale, oppure inventare ma, a parte Silvia, gli altri due nipoti – e soprattutto Rachele – stavano lasciando le sconfinate praterie della fantasia e del sogno per incamminarsi sullo stretto e scomodo sentiero della realtà. Pensò allora di parlare ai giovani del suo amore per Barbara.

“Ma lo sapete che questa sigaretta, stessa marca, stesso tipo, Muratti light, è stata la prima sigaretta che ho fumato con la nonna, quando ancora non eravamo sposati?”

Nessuno rispose, nemmeno Silvia, che si era accomodata sulle gambe del nonno e si strusciava come un gattino. Attendevano sviluppi più interessanti. “La nonna era bellissima!”

Barbara si girò verso il gruppo al camino e sorrise, temendo che il vecchio uomo, al suo fianco da una vita, avesse bevuto in eccesso.

“Era la più bella ragazza del nostro gruppo di amici, direi di tutta la città…”

“Nonno, forse esageri un po’” disse Rachele, con un sorriso furbo e venato della prima malizia.

“No, no...non esagero…Però vi devo confessare una cosa.”

“Che cosa?” chiese Tobia.

Giorgio aspirò dell’altro fumo, lo gustò in gola e lo soffiò fuori con delicatezza.

“Dopo un po’ abbiamo deciso di sposarci, ma io non ero proprio sicuro sicuro.”

Barbara si girò di nuovo e disse: “Giorgio…” ma il nonno proseguì per la sua strada: “Avevo paura.” Guardò Rachele: “Ad esempio, a te non è mai capitato che c’è un ragazzino che ti piace ma hai paura e non gli dici niente?”

Rachele arrossì quel tanto da far capire al nonno che forse la domanda era inappropriata.

Giorgio passò allora a Tobia: “Oppure tu, Tobia, quando sei su un muretto e vorresti saltare giù ma ti sembra troppo alto, sei indeciso, gli amici ti dicono che devi buttarti, qualcuno dice che se non lo fai sei un fifone e allora tu alla fine chiudi gli occhi e ti butti giù? Rischi e se ti va bene sei contento.”

“E io, nonno?” chiese Silvia

“Tu sei ancora troppo piccola…” e la bimba ci rimase male.

“Nonna, tu sei bella anche adesso” disse Rachele.

La sigaretta era alle estreme faville. Nonno Giorgio fece l’ultimo tiro, inondò il locale di fumo, che si unì a quello del camino.

“Grazie, piccola” disse la nonna, “e non date retta alle cretinate del nonno…”

Tobia si mise a ridere e disse: “Nonno, sei un cretino?”

Giorgio, guardando nel panorama affumicato, ringraziò per i doni ricevuti,  disse: “Mamma mia, che buona questa sigaretta!” e buttò il filtro nel fuoco.

 

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