mercoledì 30 aprile 2025
44 x 16.171: il segreto
martedì 29 aprile 2025
Auguri, Giuseppe
Felice compleanno al mio amico Giuseppe Micalizzi (pantaloni rossi), ottimo runner, anima di Ecorun Varese.
lunedì 28 aprile 2025
domenica 27 aprile 2025
Perché bisogna muoversi
Muoversi a volte procura dolore. Se si sta seduti dolori non si sentono, ma i dolori di chi sta fermo (i dolori dell'anima, della psiche...) a volte sono ben peggiori di quelli fisici. Quindi è sempre meglio muoversi, perché il movimento muove le idee (quindi è creativo) ma soprattutto permette di non pensare alla morte.
Pensare alla morte quando si hanno venti, trent'anni è un lusso, uno sfizio, un esercizio filosofico-teologico, ma pensarci a settant'anni è tutta un'altra faccenda, per questo consiglio il movimento: pulire le scale, lavare i vetri, farsi una corsetta, un giro in bici, camminare per via, dare ossigeno al corpo per allontanare i pensieri molesti. Gustare l'utilità di un lavoro (anche di un lavoretto) ben fatto, piuttosto che pensare e ripensare alle stesse cose, via che conduce sempre e inevitabilmente al medesimo traguardo.
Un saluto senza gol
Ginestra
Sta fiorendo la ginestra anche a Varese. In foto ginestre sul monte San Quirico, sopra Angera (foto Enrico Piazza).
Consiglio di andare a leggere (o rileggere) 'La ginestra' di Giacomo Leopardi.
Darsela a gambe con Ecorun
Per gli amanti della corsa, più o meno competitiva, una data è da segnare in grassetto: 10 e 11 maggio, i giorni di Ecorun Varese. Il bellissimo sito dell'evento (www.ecorunvarese.it) vi darà tutti i chiarimenti necessari, perché oltre alle corse vi sono eventi collaterali, uno sforzo organizzativo non da poco, un momento ludico-sportivo all'insegna della sostenibilità.
Supercolleghi Vidoletti
Non posso che prendere esempio sportivo dai miei ex colleghi di educazione fisica Vidoletti. Eccoli infatti ancora in forma quasi perfetta, dedicare tempo allo sport, la nostra medicina. Foto in alto: Carlo Pirani (a sinistra), recentemente impegnato in un torneo di tennis ITF a Bari, dove ha incontrato in semifinale il numero uno al mondo categoria master 70-75, Velasco Ramirez. Purtroppo una contrattura al polpaccio sinistro di Carlo ha reso ancor più problematica una partita già di per sè proibitiva. Comunque Carlo resta uno fra i migliori master in Italia, che dico: nel mondo.
E poi ecco una conoscenza di questo blog, e cioè il mio coetaneo Enrico Piazza (al centro), che ieri ha raggiunto la cima del Breithorn Occidentale (m 4160), nel gruppo del Monte Rosa, un'ascesa scialpinistica non da poco.
sabato 26 aprile 2025
Volpe sacromontina
Complimenti alla mia amica Michaela Tedde che stamani all'alba ha immortalato questa volpe, tranquillamente accovacciata in località Piazzale Pogliaghi al Sacro Monte di Varese.
giovedì 24 aprile 2025
Schiacciato
Ieri era la Giornata mondiale del libro e del diritto d'autore. Domani sarà il 25 aprile italiano. Schiacciato fra queste due ricorrenze così importanti, oggi ho il mal di testa.
domenica 20 aprile 2025
Le mani di Hands
Il giocatore della OJM basket Varese Jaylen Hands merita qualche riga in più, a parte, perché non è la prima volta, in questo campionato, che mette la zampata decisiva a fine partita e ci porta alla vittoria. Evento che si è ripetuto ieri, contro Sassari. Giocando sul suo cognome (un'idea nemmeno troppo originale) mi soffermo sulle mani di Hands, al plurale, perché se è vero che alla fine il tiro corretto si esegue con una mano (l'altra è solo di supporto), in verità nel basket servono entrambe le mani, e due ottime gambe, e tante altre qualità. Se tu lo guardi Hands, sembra più un giocatore di pallavolo o un saltatore in alto che un cestista che, ai tempi attuali, deve essere muscolato. E' alto 1.91 e la struttura è abbastanza 'esile', sicché non può non tornarci alla mente Manuel Navarro Raga, anche perché una delle specialità di Jaylen è il tiro in sospensione, al pari del messicano. Raga era più flessuoso e dava più l'idea di fermarsi in aria, ma più o meno ci siamo.
Le mani di Hands....peccato perché ho l'impressione che il prossimo anno non sarà più a Varese.
I sommersi e i salvati
Nella vita ci vuole pazienza, lavoro, fiducia e prima o poi i risultati arrivano. E poi la ruota gira: una volta si perde di poco, un'altra si vince di non molto. La OJM basket Varese, grazie alla cura del nuovo coach Kastritis, dava segnali di buon gioco ma perdeva, di poco, ma perdeva. Ecco, lì i ragazzi sono stati bravi a non smarrire la testa, soprattutto dopo la sconfitta a Masnago contro Cremona, una beffa, un pugno nello stomaco. Ed ecco che il vento gira: due vittorie di fila, 18 punti, salvi in serie A al 90%: non c'è ancora la certezza matematica ma poco ci manca. E ieri sera, sabato santo, è stata una mezza apoteosi, con il palazzetto stracolmo e una partita punto a punto, con un finale che ci è piaciuto. Si inizia bene, subito un po' avanti ma Sassari risale (9-8) poi parte capitan Librizzi con due triple di fila, Alviti fa lo stesso, primo riposo 23-17 per noi. Secondo quarto: Librizzi è ispirato, altre due triple (4 su 4) , Hands scalda la mano, la nostra difesa è reattiva e potente, Sassari non è brillantissima, siamo avanti di 12 (46-34) all'intervallo lungo. Diciamo pure che il terzo quarto ci fa tremare assai: palle perse e un Mitrou-Long pasticcione a ripetizione, tanto che i sardi risalgono (52-48) ma per fortuna Alviti va di triple e, finalmente, anche Mitrou si dà una mossa, così l'assalto degli isolani biancazzurri è respinto, 64-55 alla fine del terzo quarto: respinto ma sono lì, con il fiato sul collo. Ultima fatica, con il Palazzetto che ribolle e spera. Alviti parte bene, con una bomba, ma Sassari risponde colpo su colpo. Hands (foto), che non è nuovo a finali salvaOJM, prosegue di buon passo, 5 punti in un attimo (72-62). Insomma, riusciamo a tenere gli avversari ad una decina di punti poi, dopo un'altra bomba di Alviti il salvatore, ecco il solito finale triller: 5° fallo per Librizzi, 4° per Alviti, decisioni arbitrali discutibili, 75-72 quando mancano ancora ben 5 minuti. Anche i più ottimisti fra i varesini pensano: ecco, il vento è girato, ora ci raggiungono, ci superano e la frittata è fatta. A questo punto ecco Hands che mantiene la calma e si mette sulle spalle la OJM dell'ultimo minuto: 1+1 nei liberi, poi 2 punti che sono oro colato quando la palla pesa una tonnellata, 27 punti finali, 89-84 per noi: fischio e siamo tutti contenti, noi di sponda biancorossa.
Forza Varese!
giovedì 17 aprile 2025
Quel Venerdì Santo
C'è un Venerdì Santo che ricordo più distintamente, che mi riappare prima degli altri. Era il 2 aprile del 2010, una fresca e bella giornata di primavera, con tanta neve ancora sui monti del Piemonte e della Svizzera. Nel primo pomeriggio accompagnai mia figlia Valentina a Laveno, salì sul traghetto verso Verbania (foto), sarebbe stata via qualche giorno, non sapevo bene dove diretta. Non ero tranquillo. Alle 15 salìi verso la chiesa di Laveno, non trovai posto a sedere, in piedi presi parte alla celebrazione per la morte di Gesù. Lo facevo ogni Venerdì Santo. E quella fu l'ultima volta, perché dal 2011 cambiai abitudine, e ancora oggi è così, 15 anni dopo. Mi trovo alle 15 alla Decima Cappella del Sacro Monte, quella della Crocifissione, la cappella più monumentale, più grande. Mi piace stare all'aria aperta. Ma quel Venerdì non lo dimentico.
Enea Biumi su 'Corpi imperfetti'
Ringrazio Enea Biumi, poeta e narratore, per questa sua recensione al mio romanzo 'Corpi imperfetti'
Carlo Zanzi, Corpi
imperfetti, Macchione, Varese, 2025
Il romanzo di Carlo Zanzi
“Corpi imperfetti” si dipana in una doppia scrittura: una in cui il
protagonista si narra in prima persona, l’altra in cui le vicende vengono
rappresentate in terza persona. Ciò che lega i due momenti narrativi,
apparentemente così diversi tra loro, almeno nella forma, è la ricerca di un
perché sulla fragilità umana. Mauro si interroga sulla propria decadenza, si
arrovella per trovare una spiegazione al suo malessere fisico che diventa
immediatamente anche malessere morale, mentre l’autore, scegliendo una
narrazione in terza persona, mette in luce una serie di gesti, situazioni,
linguaggio, che portano il lettore a riflettere sulle astenie, sulle
incertezze, sulle frustrazioni che offre la vita. Non è nuovo, Zanzi, ad una
narrazione costruita sulla debolezza umana. Ma in questo nuovo romanzo le
domande rimbalzano più prepotenti e trovano un’esplicita risposta nel dialogo
con Dio. Non è facile raggiungere un equilibrio sentimentale qui in terra. Non
è facile non soggiacere al dolore per la perdita di un figlio. Ma la speranza
di un ritrovarsi in un possibile aldilà dà forza e continuità ad un’esistenza
che sente la propria fine imminente.
Chiaramente non si tratta
di un romanzo a tesi. La vita è vista e descritta in maniera realistica. Zanzi
non pretende alcun insegnamento, né ci obbliga a determinate condivisioni. La
constatazione dell’imperfezione umana rende il racconto più vicino al lettore e
lo invoglia a riflessioni che forse in periodi recenti non si è più usi
ponderare. Tra l’altro, la presenza del covid, pur non essendone la conduzione
principale, rende più concreta e attuale la considerazione sull’inconsistenza e
la fragilità dell’uomo. Anche l’amore che i due giovani protagonisti perseguono
ha un andamento oscillante e a volte decisamente incerto. Oltre alla presenza
della pandemia, l’autore fa un quadro della “sua” città, Varese, che risulta
perfettamente parallelo e intrinseco alla vita dei suoi personaggi. Varese è
presente nei pensieri, nei gesti, nelle abitudini dei protagonisti, viene
descritta, non dico nei minimi particolari, ma nella verità di una realtà
urbana vista a tutto tondo: con le sue vie, le sue chiese, le sue piazze, i
suoi pregi e i suoi difetti. Non è un caso se in uno degli ultimi capitoli
Zanzi parli del funerale di Maroni. In tale contesto non possiamo omettere che
lo scrittore è anche autore di un Valzer par Varés (parole e musica) che
lo ha reso celebre in città.
Nel capitolo finale, come
fosse un postscriptum, troviamo un’annotazione personale. L’autore abbandona le
vesti dello scrittore per indossare i panni del figlio. Ritroviamo così un
omaggio a sua madre Ines, redatto a pochi mesi di distanza dalla sua morte.
Omaggio che comunque rimane nel contesto del romanzo: una meditazione sulla
fragilità umana nel commovente ricordo della scomparsa di una persona cara. È
il desiderio di un figlio che non vuole dimenticare il valore e l’importanza
della propria madre, come “un bisogno di annotare i ricordi di lei, un
tentativo estremo e ‘inutile’ (eppure potente) per sentirla vicina.” E anche in quest’ultima riflessione ci si
sente la labilità di ciò che l’uomo vorrebbe e la sua inutile, seppur immensa e
vigorosa, inanità.
Enea Biumi
Quel Giovedì Santo lontano
Oggi è Giovedì Santo, e ad ogni Giovedì Santo mi torna in mente quel Giovedì santo. Era il 12 aprile del 1979. Venivo da tre giorni di esercitazione alpina, 'Watles 1979', una finta guerra sul Monte Watles. Io ero nella squadra soccorso, come si evince dalla foto. Mi ero divertito e avevo sciato molto, benché con la scadente attrezzatura alpina: scarponi Vibram e sci di alluminio, con attacchi che non si sganciavano. Partito da Malles Venosta quel giovedì alle 5.42, arrivai a Varese alle 15.20. Alle 17 o 18 (su questo sono incerto) ero già nella chiesa parrocchiale di Biumo Inferiore, per la Messa in Coena Domini. Certamente avrò anche pregato e cercato un po' di raccoglimento, ma soprattutto ci tenevo a rivedere gli amici e a farmi vedere in forma, abbronzato, mentre loro arrivavano, bianchicci, da un inverno varesino.
Questo ricordo non è certo meritevole di plauso eppure ogni anno, ogni Giovedì Santo (dal 1979 in avanti) è a quel Giovedì Santo che penso: giovane, in forma, abbronzato, con quasi tutta la vita davanti.
mercoledì 16 aprile 2025
Francesco Scaramozzino su 'Corpi imperfetti'
Grazie a Francesco Scaramozzino, scrittore, vincitore del Premio Chiara Inediti 2024, per questa sua recensione al mio romanzo 'Corpi imperfetti'
CORPI IMPERFETTI
DI CARLO ZANZI
UNA LETTURA
In questo romanzo di Carlo Zanzi,
ambientato in provincia di Varese negli anni del Covid, si intrecciano due
storie che, come suggerisce il titolo stesso, sono innanzitutto le storie di
due corpi: quello di Mauro, nato nel ’26, vedovo da quando non era ancora
sessantenne e padre di quattro figli, di cui uno, Matteo, morto giovane; e il corpo
di Claudia, che ha da poco finito le superiori ed è in procinto di affrontare
l’esame per “l’ammissione a scienze motorie”. L’alternarsi dei capitoli segna in
modo netto il contrasto fra due distinti campi visivi, passando da immagini di
progressiva e ineluttabile decadenza, in cui, parlando di Mauro, il realismo
dell’autore agisce “dolosamente” col bisturi di una parola affilata che non fa
sconti; a quelle avvolte in un’atmosfera di lirica incoscienza che descrivono il
corpo di Claudia, che ama la corsa perché “la fa sentire libera e leggera”, e
da brava atleta si allena controllando i tempi mentre la coda di “lunghi
capelli castani ondeggia sulle spalle minute”. Anche le descrizioni dei luoghi risultano
funzionali al contrasto che sprigiona dall’alternarsi delle immagini perché,
mentre Claudia vive con i genitori nella sua “casetta di cioccolato”, dolce,
protettiva ma sempre simbolicamente esposta al rischio di sciogliersi alle
prime difficoltà della vita, Mauro vive in una casa popolare - dove “abitano
molti extracomunitari” - che però, col progressivo peggioramento delle
condizioni di salute, quando l’assistenza di una badante non è più sufficiente,
è costretto a lasciare, passando prima in una casa di riposo e poi in una RSA. Il
contrasto fra queste due diverse tonalità narrative, è portato all’estremo
quando a contrapporsi sono le descrizioni dei corpi colti nell’espressione delle
loro più intime istanze vitali, che in Mauro sono quelle residue di un uomo
depresso che sopravvive a se stesso, non più autosufficiente e ormai in bilico
fra sconforto e invettiva, istintivo attaccamento alla vita e propositi suicidi
(“perché vivere se si deve soffrire tanto intensamente?”); e in Claudia sono
invece quelle di un “corpo in fiamme”, aggiogato alla “furia dei vent’anni”, con
la “pelle ambrata di certe donne del sud Italia”, “i seni infantili gonfi” e
cosce magre, “ma di una magrezza sana, frutto delle migliaia di passi di
corsa”, tanto sfacciatamente diverse da quelle di Mauro, che hanno perso tono
muscolare e “fanno impressione” quando le tocca . Ed è proprio a questo livello
della descrizione che i due piani arrivano alla massima divaricazione, quando
cioè la vitalità tocca la corda sempre latente della sessualità, che in
Claudia, ancora vergine e desiderosa di scoprirne i misteri, è fatta vibrare
con accenni di tenerezza e perfino ingenuità, mentre in Mauro il realismo senza
sconti di cui si è detto raggiunge il suo vertice con l’incidente, perfino
grottesco, di un sogno erotico che si risolve in un brusco risveglio e in un umiliante
episodio di enuresi.
Questi due piani del racconto,
dunque, si incastrano nel meccanismo del libro come rotelle che girano in
direzioni opposte, sempre sul punto di incepparsi, spinte anche dalla scelta
stilistica di sfasare i tempi in cui si svolgono gli eventi, che, per quanto
contestuali, vengono infatti coniugati al presente per Mauro e al passato per
Claudia, così da creare un ulteriore efficace contrasto fra un mondo intensamente
proiettato al futuro e un mondo, quello di Mauro, ormai privo di progettualità
(“Ora di progetti non ne ho nemmeno uno”), ripiegato su un passato tenuto in
vita solo dal riemergere di ricordi felici, in cui la mano dell’autore recupera la tenerezza di
prima attraverso immagini di vita familiare ormai inattingibili, se non con una
memoria sempre più incerta e offuscata, oppure attraverso la soluzione
regressiva di “oggetti transizionali” ridotti a feticcio (“mi rivesto col
pigiama e prendo i miei amici della notte, il foullard e la felpa…
pronti ad aiutarmi in questa sopravvivenza”).
C’è però, nel libro, un ulteriore
piano narrativo che taglia trasversalmente le storie di Mauro e Claudia e,
scombinando le carte, finisce per avvicinare i due protagonisti molto più di
quanto possa apparire dallo schema sopra richiamato: perché se in Mauro si
assiste a una “negazione” della corporeità che è una conseguenza diretta del
naturale processo di invecchiamento a cui tutti noi, in quanto uomini, siamo
destinati, in Claudia questa negazione o, diremmo forse meglio, “sospensione”,
deriva dalla decisione improvvisa di Marcello, il suo ragazzo, di rinunciare,
non solo alla sessualità, ma a qualsivoglia tipo di contatto, limitandosi a
scambi di tipo epistolare – “lettere, su
carta e penna” - come prova distintiva tesa a “gettare fondamenta profonde di
una casa che dovrà reggere per tutta la vita “: decisione sorprendente e
inattesa, è vero, ma comprensibile conoscendo Marcello che, alla soglia dei
trent’anni, ha fatto la scelta altrettanto radicale di abbandonare il seminario
e tornare a una vita da laico. In questo modo, come detto, i due piani
narrativi, tanto diversi se non opposti, si avvicinano e di molto, perché ora,
da questo taglio quasi cartesiano fra “res cogitans” e “res extensa”, Claudia è rimessa alla fatica mentale del dubbio, che
ora è dubbio sul significato stesso di una scelta che comprende con difficoltà,
ora dubbio sul sentimento che Marcello prova per lei, ora dubbio sulle istanze
di una sessualità istintiva – “una protesta del corpo, un ’attrazione
soffocata” - che non sempre riesce a contenere.
Ci si trova così proiettati in
una sfera virtuale, che gira essa stessa insieme alle altre due, quasi come una
terza rotella che condivide parte dell’ingranaggio, e che è a sua volta e
significativamente contenuta in una rotella ancora più grande, costituita dalla
bolla della pandemia - in cui, come detto, gli eventi si svolgono - e in cui tutti siamo
stati in un certo modo privati dei nostri corpi, almeno in quella che è la
funzione sociale, di contatto e relazione, di cui ogni corpo è portatore.
Questa dimensione virtuale, che, come noto, sotto il profilo sociale si è
tradotta in precise limitazioni, prescrizioni e “smart working”, in una parola:
in legge, e che in Claudia risulta sempre screziata da una propensione al fare,
che caratterizza positivamente il personaggio, in Mauro assume un valore
assoluto, perfino superiore, perché tutta la sua narrazione, al presente e in
prima persona, è soprattutto narrazione di un’anima che emerge da sotto la
superficie di un corpo martoriato, ponendosi quindi come punto egemonico di un
Io che anche nell’esperienza, tragica, dell’invecchiamento mantiene saldi i
propri riferimenti, innanzitutto etici, e continuamente li rinnova attraverso
un pensiero da questo punto di vista sì, mai esausto: quando si sforza di
sorridere ai figli che lo vanno a trovare, quando teme di non essere stato per
loro un buon esempio – “un padre che non vale niente?” - o quando cerca di non
essere di peso, o ancora quando sprona se stesso, nel suo dialetto scaltro e genuino,
ad accontentarsi del poco che la vita concede anche nella vecchiaia: “Guarda
avanti, pensando al peggio apprezzerai il poco che ti rimane, che non è poco…”
Non è un caso, quindi, che sia
proprio sul piano etico che i due piani narrativi alla fine si incontrano e il
meccanismo complessivo del libro si risolve, quando cioè Marcello e Claudia,
abbandonata la prova solipsistica autoreferenziale e un po’ claustrofobica di
cui si è detto, si aprono all’esterno rivolgendo ad altro – lascio al lettore
il compito di scoprire “a chi” – le istanze di un sentimento che all’amore reciproco
sa unire quello solidale per il contesto, anche piccolo, in cui questo
sentimento è vissuto, così che, vissuto, lo sia pienamente.
Melzo, aprile 2025
domenica 13 aprile 2025
I vinti vincitori
Umili nella vittoria
'Umili nella vittoria, forti nella sconfitta': chi mi conosce sa che uso spesso questa frase, rivolgendola anzitutto a me stesso. Oggi la ripeto con forza ai ragazzi della OJM Basket Varese. La vittoria contro Napoli è ossigeno purissimo ma bisogna restare umili, sabato c'è Sassari, bisogna vincere ancora sfruttando l'effetto Masnago, perché la permanenza in A1 non è ancora certa. I giocatori hanno comunque dimostrato di essere stati forti nella sconfitta, perché la sconfitta interna contro Cremona, quel minuto finale scriteriato e sfortunato, le polemiche contro Scola eccetera avrebbero potuto diventare una pietra tombale, e invece a Napoli la pietra del sepolcro (tanto per stare in tema pasquale) è stata abbattuta....ma non è ancora resurrezione (volutamente in minuscolo, per non essere blasfemo).
Foto per Matteo Librizzi, perché oltre ad essere il nostro giovane capitano, oltre ad essere stato protagonista anche nella terra del Vesuvio, è un varesino, ex alunno Vidoletti, un ragazzo che ho visto crescere nei tre anni alla media di via Manin. E finalmente un varesino che può fare ottime cose nella massima serie. Un nuovo Pozzecco? Presto per dirlo. Rispetto alla mosca atomica è certamente più tipo Sinner, nordico, freddo, implacabile nei momenti che contano, quando ai più trema la mano.
Forza Varese!
sabato 12 aprile 2025
Napoli-OJM Varese: 87-97
La OJM basket Varese ha lottato (come tante altre volte) ma questa volta ha pure vinto. 2 punti salvezza fondamentali. La trasferta di Napoli, insidiosissima, si è rivelata gustosa come una fetta di pizza, rinfrescata da un bel boccale di birra. 87-97. Grandissimi.
Forza Varese!
Sofia alla prima garetta
Oggi, sabato 12 aprile, è giorno di primizie. Anche mia nipotina Sofia si è portata a casa la sua prima medaglia, insieme alla sua prima emozione da gara di atletica leggera. In prima elementare già corrono sul tartan, nel suo caso quello della pista di Sesto Calende, sede della Sesto 76 Lisanza. Vedendo queste immagini non posso non tornare alle tante gare che ho vissuto in questo impianto, sia come prof della Vidoletti sia come padre, accompagnando le mie figlie, che hanno praticato tutte e tre l'atletica leggera, la regina degli sport. In particolare ricordo una finale regionale con la Vidoletti, con ammissione alle nazionali di Cagliari, una grandissima gioia seguita poi da una cocente delusione, perché per una cattiva interpretazione del regolamento (non da parte nostra) quella finale nazionale dei Giochi della Gioventù saltò.
Brava Sofia!
Tommy alla prima campestre
La campestre di primavera
giovedì 10 aprile 2025
Mont Blanc de Cheilon
Il mio amico Enrico Piazza non è un tipo da divano. Infatti oggi, venerdì 11 aprile, è già in marcia verso i quasi 4000 metri del Mont Blanc de Cheilon, nel Canton Vallese (Svizzera), partendo dalla Cabane de Dix.
Come si può notare, il meteo è favoloso.
Le seraccate non fermano certo Enrico. Eccolo in vetta, intorno alle 11.














