Il New York Time lo ha definito il profeta del make up made in Italy. Diego Dalla Palma, classe 1950, ci è parso (per quei pochi minuti che lo abbiamo incontrato) un settantunenne di successo con un fondo ben sedimentato di saggezza. Un'infanzia a Enego, sull'Altopiano di Asiago, figlio di malgari. Ma a lui di stare fra i monti e le vacche non gli andava, spirito inquieto e poco paziente. Di lì la ribellione, gli studi non senza fatica, poi una decina d'anni come costumista in Rai, poi l'apertura di un negozio che vendeva cosmetici di altri, poi il desiderio di farsi i cosmetici da sé, visto che aveva delle idee, quindi il successo. E' considerato un truccatore eccelso, capace di far fiorire bellezze femminili dove la natura non è stata molto generosa o di valorizzare all'ennesima potenza il bello dove già abbonda. A Varese nell'ambito del Premio Chiara, fra gli eventi collaterali alla Mostra sui piaceri dello scrittore luinese, Diego ha messo subito a proprio agio le donne presenti e ha espresso alcuni concetti dal mio punto di vista condivisibili: il dolore e l'attesa come elementi essenziali al gusto della conquista, la pazienza come virtù da coltivare, la consapevolezza che fa capire quanto la vita sia effimera, e che fa dire 'perché no?' Poi io sono andato, non potevo fermarmi oltre. Non so come abbia sviluppato il tema: Che cosa rende davvero belle le donne? Avrebbe dovuto farci capire cosa è quel qualcosa di speciale che rende unici, affascinanti, carismatici, seduttivi, belli.
Non avevo nulla da imparare, quindi ho lasciato alla chetichella la Sala degli Svaghi al Castello di Masnago.
Scherzo, dai!
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