“Questo
libro è un resoconto sincero, schietto, fedele di ciò che mi è capitato. Non è
la confessione di un diavolo e neppure l’apologia di un angelo. Chi vuole
leggere la biografia di un uomo senza peccati ne deve scegliere un’altra, non
la mia.”
Questo
si legge in quarta di copertina del libro di Alex Schwazer, ‘Dopo il traguardo’
(Feltrinelli), un incipit che colpisce e che certamente invoglia alla lettura.
Perché la sincerità e l’ammissione di colpa fanno sempre colpo. Alex: in
copertina una sua vittoria a Roma 2016. Alex, marciatore professionista,
talento di Vipiteno, gambe, cuore e polmoni incredibili ma (per sua ammissione)
testa fragile, con la predisposizione a tenere tutto per sé, a gioire e a soffrire
in silenzio, a faticare sino all’ultima goccia di sopportazione. Schwazer
vince, a soli 23 anni, la 50 chilometri di marcia alle Olimpiadi di Pechino
2008, un successo incredibile, mai nessuno così giovane sul gradino più alto
del podio in una 50 km, la gara della fatica estrema. Una vittoria che arriva
dopo vari travagli (la voglia di smettere, il tentativo con il ciclismo dopo
aver abbandonato l’hockey) e che s’apre a nuovi tormenti, a crisi, a risultati
fallimentari, il tutto completato con la scelta scriteriata di doparsi, anche
in questo caso fai da te, con l’epo comprata in Turchia. Doparsi perché Alex è
stanco di vedere i russi sfacciatamente ‘aiutati’ dai farmaci arrivare prima di
lui, con tanto di sberleffi. Nessuno l’aiuta, è solo, si butta nel baratro,
viene scoperto, squalificato alla vigilia delle Olimpiadi di Londra 2012. Un
dramma, il pianto in diretta mondiale, l’ammissione di colpa, la depressione e
la risalita, la voglia di dimostrare ai suoi tifosi ma ancor prima a se stesso
che può tornare l’atleta pulito, che ha vinto senza inganno. E ci riesce, la
risalita è dura ma Alex ci riesce, è pronto e competitivo per le Olimpiadi di
Rio 2016 ma arriva il secondo stop, questa volta non per colpa sua: urine non
conformi, niente Rio, squalifica sino al 2024, l’ergastolo per un atleta. Alex
non è forte di testa, rischia di smarrirsi per sempre ma ancora una volta
rinasce, reagisce, aiutato da una donna, da una figlia, dai pochi veri amici
che non lo abbandonano. Inizia una lunga battaglia giudiziaria, che vede l’assoluzione
“per non aver commesso il fatto” ma non ancora la redenzione per il tribunale
sportivo: la squalifica incomprensibilmente rimane. Riuscirà l’atleta altoatesino,
ora marito e padre di due figli, allenatore di runner, un uomo che molto ha
sofferto e imparato…riuscirà a tornare in gara per le Olimpiadi di Parigi del
2024, quando avrà quarant’anni? Un bel libro davvero, per chi ama lo sport, l’atletica,
per chi ama la verità e non si scandalizza se scopre rivalità, bassezze,
illegalità, sotterfugi, egoismo, complotti e miserie anche sui sentieri della
regina degli sport, dove il doping c’è eccome. Purtroppo.
Alex
Schwazer, nato a Vipiteno nel 1984, è l’atleta più giovane nella storia delle
Olimpiadi ad aver vinto l’oro nella 50 km di marcia. Nel suo palmarès due bronzi
ai Mondiali, un oro agli Europei e nove titoli italiani. E’ sposato con Kathi e
ha due figli, Ida e Noah. Ed è l’autore di un libro che può fare del bene.
Nessun commento:
Posta un commento