ph da internet
Ieri, a Caldana, nella neve, è stato presentato il numero natalizio della rivista 'Menta e Rosmarino', che ospita anche un mio racconto breve. Eccolo.
LA
BIGIANTE
Mancavano
duecento metri all’arrivo, era solo, strada di buche e foglie secche di faggio,
di terriccio e sassi, poco asfalto e molta fatica per arrivare, in bicicletta,
sulla cima del Campo dei Fiori. La vide davanti a sé: né alta né bassa, lunghi
capelli neri, uno zaino, jeans, scarpe da tennis. La superò poco prima
dell’ultimo tornante a sinistra. Non era bella ma nemmeno brutta. Era giovane.
Negli ultimi cento metri considerò che aveva bigiato, data l’età e lo zaino,
vista l’ora del mattino e quel procedere distratto e lento, senza una meta
sicura e tanto tempo davanti da riempire.
Arrivò,
si fermò, prese fiato, appoggiò la bici alla balconata metallica, si rinfrescò
con l’acqua della borraccia. Si apprestò in ciò che faceva sempre: togliersi la
maglietta sudata e indossarne una asciutta. Pensò - visto che lei si
approssimava – che la ragazza avrebbe potuto prenderlo per un maniaco, pronto a
mettersi nudo alla vista della preda. Rischiò d’essere frainteso, sfilò la
maglietta bagnata, infilò quella pulita. Si sedette sulla panca in pietra,
attese ma lei era già lì, a dieci metri da lui, diretta all’altra panca di sasso.
Si sedette anche la signorina, probabilmente minorenne, massimo diciotto anni,
una cinquantina più di lui. Poteva essere suo nonno. Fra di loro un cippo a
ricordo della Prima Guerra mondiale, riusciva a vederle le gambe avvolte dalla
tela blu, le scarpe, il profilo del viso. Pensò che non aveva più molti anni
davanti, che certe cose o le faceva adesso o mai più. Nulla di proibito, per
carità: solo qualche domanda, un dialogo per assaporare il piacere di un
interesse femminile, di una voce di ragazza che si rivolge a lui, fiato caldo
che lo sfiora, occhi che per un attimo lo osservano senza noia, disprezzo,
compassione per la sua età avanzata, molto matura, quasi marcia. Così si alzò
e, a distanza, le disse “Se ha bigiato ha fatto bene…purché non diventi
un’abitudine...Ci sta come eccezione…”
La
ragazza volse il capo verso l’interlocutore: “Come ha fatto a capire?”
“Che
ha bigiato? La sua età...lo zaino…quest’ora del mattino…”
“E’
la prima volta…quest’anno…”
“Ci
credo, le scuole sono iniziate da due settimane.”
“Non
è un’abitudine...Non pensi male.”
Mosse
qualche altro passo, ora stava ritto in piedi a non più di quattro metri dalla
panca e da quel fiore, non bellissimo ma profumato. E disponibile al dialogo.
“Brava…Anch’io
qualche bigiata l’ho fatta, parlo del secolo scorso, naturalmente…Non così
tante da superare i sensi di colpa.”
“Non
sarà mica così vecchio!”
“Potrei
essere…”
“Perché
non ci diamo del tu? Hai problemi?”
“No
no.”
“Hai
una sigaretta?”
L’uomo
era stupefatto, inorgoglito da tanta confidenza, avanzò di altri due passi:
“Sigaretta? Ti sembro uno che fuma? Chi viene in bicicletta al Campo dei Fiori
di solito non è un fumatore.”
“Peccato…avevo
proprio voglia…”
A
quel punto lui perse ogni freno: “Vieni...ti faccio vedere cosa rende davvero felici.”
“Dove
mi porti?”
“Qui
vicino...pochi passi...non temere.”
Le
fece strada, si arrampicarono sulle rocce che dominano il panorama verso
occidente. Era una dolce mattina di settembre, cielo sereno ma non terso,
qualche fiocco di nuvole intorno alle cime di alpi e prealpi.
“Ora
faccio il professore. In fondo dovresti essere in aula. Che lago è quello là in
fondo?”
Prese
tempo: “Mah…è il lago di Varese?”
Finse:
“Brava, sì...e allora quella cittadina come si chiama?” e indicò Luino.
“Se
è il lago di Varese, allora quella è Gavirate.”
“Ma
lo sai che dovrei darti un bel quattro in geografia?”
“Perché?”
“Perché
quello è il lago Maggiore e la cittadina è Luino.”
“La
geografia non è il mio forte.”
“E
quale sarebbe il tuo forte?”
“Lasciamo
perdere.”
“Va
bene…Basta interrogazioni...Dimmi almeno se ti piace il panorama?”
“Abbastanza…C’è
un silenzio…”
Avrebbe
voluto dirle che quello era un silenzio parlante e che solo lì riusciva ad
ascoltare la voce di Dio ma preferì restare nell’immanenza, in quella situazione
che lo stava inebriando. “Vieni...scendiamo...ti faccio vedere dov’è il lago di
Varese.”
L’accompagnò
vicino alla balaustra dove aveva appoggiato la bici. “Ecco, quello è
l’Osservatorio Astronomico…spero tu sappia cos’è…ma se non lo sai non fa
niente…e lì sulla piana quello è il lago di Varese, si vede anche il lago di
Comabbio, piccolo, là dietro.”
“Comabbio?
Io conosco il lago di Monate.”
“E’
di fianco, ma da qui non si vede.”
“Senti...Ma
quanti anni hai?”
“E’
proprio necessario?”
“Direi
di no…” Fece silenzio, lo trafisse con uno sguardo intenso, occhi che ridevano,
che erano l’eco delle labbra, denti candidi, perfetti, qualche chilo di troppo
ma l’abbondanza coinvolgeva anche i seni. Si avvicinò. Il profumo si faceva
sempre più intenso. Le punte dei nasi sempre più vicine…
Naturalmente
non andò così.
Riavvolgiamo
il nastro.
In
realtà lui si alzò, lei si alzò e, senza guardarlo, salì sulle rocce e cominciò
a messaggiare al cellulare, senza degnare nemmeno di un’occhiata distratta né
lui né il superbo panorama delle prealpi varesine, dei laghi, dei boschi, delle
piccole contrade, delle nevi ai margini dell’orizzonte. E lui stava per
chiederle se avesse o no bigiato ma infine non lo fece, risalì in bicicletta e
prese la discesa, impoverito e triste.
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