mercoledì 8 dicembre 2021

La bigiante


                                                                                                 ph da internet


Ieri, a Caldana, nella neve, è stato presentato il numero natalizio della rivista 'Menta e Rosmarino', che ospita anche un mio racconto breve. Eccolo.


LA BIGIANTE

 

Mancavano duecento metri all’arrivo, era solo, strada di buche e foglie secche di faggio, di terriccio e sassi, poco asfalto e molta fatica per arrivare, in bicicletta, sulla cima del Campo dei Fiori. La vide davanti a sé: né alta né bassa, lunghi capelli neri, uno zaino, jeans, scarpe da tennis. La superò poco prima dell’ultimo tornante a sinistra. Non era bella ma nemmeno brutta. Era giovane. Negli ultimi cento metri considerò che aveva bigiato, data l’età e lo zaino, vista l’ora del mattino e quel procedere distratto e lento, senza una meta sicura e tanto tempo davanti da riempire.

Arrivò, si fermò, prese fiato, appoggiò la bici alla balconata metallica, si rinfrescò con l’acqua della borraccia. Si apprestò in ciò che faceva sempre: togliersi la maglietta sudata e indossarne una asciutta. Pensò - visto che lei si approssimava – che la ragazza avrebbe potuto prenderlo per un maniaco, pronto a mettersi nudo alla vista della preda. Rischiò d’essere frainteso, sfilò la maglietta bagnata, infilò quella pulita. Si sedette sulla panca in pietra, attese ma lei era già lì, a dieci metri da lui, diretta all’altra panca di sasso. Si sedette anche la signorina, probabilmente minorenne, massimo diciotto anni, una cinquantina più di lui. Poteva essere suo nonno. Fra di loro un cippo a ricordo della Prima Guerra mondiale, riusciva a vederle le gambe avvolte dalla tela blu, le scarpe, il profilo del viso. Pensò che non aveva più molti anni davanti, che certe cose o le faceva adesso o mai più. Nulla di proibito, per carità: solo qualche domanda, un dialogo per assaporare il piacere di un interesse femminile, di una voce di ragazza che si rivolge a lui, fiato caldo che lo sfiora, occhi che per un attimo lo osservano senza noia, disprezzo, compassione per la sua età avanzata, molto matura, quasi marcia. Così si alzò e, a distanza, le disse “Se ha bigiato ha fatto bene…purché non diventi un’abitudine...Ci sta come eccezione…”

La ragazza volse il capo verso l’interlocutore: “Come ha fatto a capire?”

“Che ha bigiato? La sua età...lo zaino…quest’ora del mattino…”

“E’ la prima volta…quest’anno…”

“Ci credo, le scuole sono iniziate da due settimane.”

“Non è un’abitudine...Non pensi male.”

Mosse qualche altro passo, ora stava ritto in piedi a non più di quattro metri dalla panca e da quel fiore, non bellissimo ma profumato. E disponibile al dialogo.

“Brava…Anch’io qualche bigiata l’ho fatta, parlo del secolo scorso, naturalmente…Non così tante da superare i sensi di colpa.”

“Non sarà mica così vecchio!”

“Potrei essere…”

“Perché non ci diamo del tu? Hai problemi?”

“No no.”

“Hai una sigaretta?”

L’uomo era stupefatto, inorgoglito da tanta confidenza, avanzò di altri due passi: “Sigaretta? Ti sembro uno che fuma? Chi viene in bicicletta al Campo dei Fiori di solito non è un fumatore.”

“Peccato…avevo proprio voglia…”

A quel punto lui perse ogni freno: “Vieni...ti faccio vedere cosa rende davvero felici.”

“Dove mi porti?”

“Qui vicino...pochi passi...non temere.”

Le fece strada, si arrampicarono sulle rocce che dominano il panorama verso occidente. Era una dolce mattina di settembre, cielo sereno ma non terso, qualche fiocco di nuvole intorno alle cime di alpi e prealpi.

“Ora faccio il professore. In fondo dovresti essere in aula. Che lago è quello là in fondo?”

Prese tempo: “Mah…è il lago di Varese?”

Finse: “Brava, sì...e allora quella cittadina come si chiama?” e indicò Luino.

“Se è il lago di Varese, allora quella è Gavirate.”

“Ma lo sai che dovrei darti un bel quattro in geografia?”

“Perché?”

“Perché quello è il lago Maggiore e la cittadina è Luino.”

“La geografia non è il mio forte.”

“E quale sarebbe il tuo forte?”

“Lasciamo perdere.”

“Va bene…Basta interrogazioni...Dimmi almeno se ti piace il panorama?”

“Abbastanza…C’è un silenzio…”

Avrebbe voluto dirle che quello era un silenzio parlante e che solo lì riusciva ad ascoltare la voce di Dio ma preferì restare nell’immanenza, in quella situazione che lo stava inebriando. “Vieni...scendiamo...ti faccio vedere dov’è il lago di Varese.”

L’accompagnò vicino alla balaustra dove aveva appoggiato la bici. “Ecco, quello è l’Osservatorio Astronomico…spero tu sappia cos’è…ma se non lo sai non fa niente…e lì sulla piana quello è il lago di Varese, si vede anche il lago di Comabbio, piccolo, là dietro.”

“Comabbio? Io conosco il lago di Monate.”

“E’ di fianco, ma da qui non si vede.”

“Senti...Ma quanti anni hai?”

“E’ proprio necessario?”

“Direi di no…” Fece silenzio, lo trafisse con uno sguardo intenso, occhi che ridevano, che erano l’eco delle labbra, denti candidi, perfetti, qualche chilo di troppo ma l’abbondanza coinvolgeva anche i seni. Si avvicinò. Il profumo si faceva sempre più intenso. Le punte dei nasi sempre più vicine…

Naturalmente non andò così.

Riavvolgiamo il nastro.

In realtà lui si alzò, lei si alzò e, senza guardarlo, salì sulle rocce e cominciò a messaggiare al cellulare, senza degnare nemmeno di un’occhiata distratta né lui né il superbo panorama delle prealpi varesine, dei laghi, dei boschi, delle piccole contrade, delle nevi ai margini dell’orizzonte. E lui stava per chiederle se avesse o no bigiato ma infine non lo fece, risalì in bicicletta e prese la discesa, impoverito e triste.

 

 

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