E’
stato presentato mercoledì 2 febbraio, alla Sala Morselli della Biblioteca di
Varese, il libro ‘La porta della salvezza – Calogero Marrone, un impiegato a
Dachau’ (Macchione editore). Ne hanno parlato l’assessore alla cultura del Comune
di Varese, Enzo Laforgia, Margherita Giromini (coordinatrice della sezione
varesina dell’Istituto Studi e Ricerche Calogero Marrone), il giornalista de ‘La
Prealpina’ Paolo Grosso e l’editore Pietro Macchione. Il libro è stato scritto
da Massimo Trifirò (assente per motivi di salute), nato e vissuta a Lecco, famiglia
di origini siciliane, scrittore assai prolifico, cittadino benemerito della
città lariana.
Se
oggi Calogero Marrone, un siciliano nato a Favara, impiegato comunale arrivato
agli uffici di Varese negli anni Trenta, morto deportato a Dachau nel febbraio
del 1945, è Giusto fra le Nazioni, è ricordato a Varese con una via, lo si deve
principalmente al libro di Franco Giannantoni e Ibio Paolucci, ‘Un eroe dimenticato’
(edizioni Arterigere), che agli inizi del nuovo millennio, grazie ad una
ricerca accurata, resero di pubblico dominio le vicende di quest’uomo giusto,
antifascista, che aiutò centinaia di ebrei e di bisognosi a fuggire dalla
follia del razzismo nazista, dei campi di sterminio, della deportazione e da
sicura morte. Un eroe siculo-varesino che oggi in molti conoscono, ma non
tutti, e che dovrebbe diventare uomo di riferimento anche per i giovani. E in
fondo il nuovo lavoro su Marrone, opera di Trifirò, più agile e ‘leggibile’
della essenziale ricerca di Giannantoni-Paolucci, dovrebbe essere destinato
soprattutto a loro, letto nelle scuole.
Entriamo
più nei dettagli, a partire dalla copertina, un quadro di Renato Guttuso,
siculo-varesino come Calogero Marrone: è l’autoritratto dell’artista che
potrebbe rappresentare un uomo malinconico di età matura avviato al suo destino.
Secondo
di dieci figli, Calogero Marrone nasce a Favara, in provincia di Agrigento, il
12 maggio 1889. Studi classici, Prima Guerra Mondiale con i gradi di sergente,
quindi il ritorno, il matrimonio con Giuseppina, quattro figli: Filippina,
Salvatore, Brigida e Domenico. Nel frattempo il fascismo domina la scena,
Calogero non si iscrive al partito unico, manifesta le sue idee, intorno a lui
nascono sospetti, maldicenze, minacce. Il podestà di Favara lo esorta a
ravvedersi, Calogero capisce che è tempo di rischiare, di cambiare aria, vince
il concorso per un incarico amministrativo al Comune di Varese, nel 1931 arriva
nella perla delle Prealpi, dove comunque il fascismo c’è eccome. Fa carriera, è
preparato, preciso: nel 1937 Marrone è dirigente dell’Ufficio Anagrafe, sotto
di lui 12 dipendenti. Ma l’Italia entra in guerra, dopo l’8 settembre del ’43 Varese
è in mano ai tedeschi e ai fascisti, Calogero sa qual è il suo compito di uomo
giusto: aiutare chi dai tedeschi e dai fascisti è vessato. Nel suo ufficio a
Palazzo Estense passeranno centinaia di persone, riceveranno documenti falsi, grazie
ai quali avranno salva la vita. Innumerevoli le testimonianze di chi riceverà
un aiuto da Calogero. Scrive Trifirò: “Calogero aveva dunque trasformato il
proprio ufficio di Palazzo Estense in una trincea antifascista, dalla quale combatteva
con le armi della burocrazia, con la penna, i timbri, le cartelle anagrafiche,
ma soprattutto con l’intelligenza, la determinazione, l’onestà, lo spirito di
sacrificio al servizio delle persone…”
Il
31 dicembre del ’43 un anonimo (forse addirittura chi, gonfio d’invidia, voleva
scalzarlo dal suo ufficio) lo denunciò. Sospeso dall’incarico con effetto
immediato, in attesa di giudizio, Marrone venne più volte inviato, da chi aveva
a cuore la sua vita, a scappare in Svizzera, perché le accuse contro di lui non
lasciavano scampo, lo avrebbero certamente arrestato. Ma il funzionario
rifiutò, temendo soprattutto ripercussioni alla sua famiglia. Il 7 gennaio del ’44
venne arrestato ed ebbe inizio il suo calvario: carcere dei Miogni a Varese,
poi Como, poi San Vittore a Milano, a settembre il campo di transito di Bolzano-Gries
e infine, il 15 ottobre 1944, è sul treno piombato verso il lager di Dachau, in
Baviera dove il 15 febbraio 1945 (data presunta) morirà per tifo petecchiale.
Il calvario di Marrone è un crescendo di stenti, atrocità, vessazioni, fame e fatica,
sopportati (molte le lettere ai familiari) con coraggio e fede cristiana. Il
suo eroismo rimase praticamente sconosciuto per mezzo secolo, sino alla già
citata ricerca di Giannantoni-Paolucci, che ha ridato alla memoria storica e alla
giusta ammirazione un uomo che non poteva essere dimenticato. Ed ora questo
nuovo libro, un altro tassello, un altro regalo postumo a questo Giusto delle
Nazioni: lo ha riconosciuto tale lo stato di Israele, ancor più spetta a noi,
varesini, conoscerlo ed apprezzarlo.
Grazie Carlo. Come sempre sei molto attento alle vicende varesine, in specie culturali. Il tuo è un atto di generosità e di libertà che apprezzo molto e in cui ritrovo la mia vocazione.
RispondiEliminagrazie unknown..per me è un piacere....
RispondiEliminaDavvero costerebbe così poco agli insegnanti delle scuole varesine ricordarlo ai propri alunni quando affrontano quelle tragiche pagine di storia...
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