mercoledì 31 luglio 2024

Un taglio particolare


 

Al rifugio Genova, in alta Val di Funes, da anni viene tagliato il prato ricavando questa forma particolare. Il significato mi è sconosciuto. Se qualcuno mi può aiutare...

Rio Gardena


 

Il Rio Gardena, felice di sguazzare in questa valle, saltella di pietra in pietra, asciugandosi il ciuffo argentato in questo sole abbondante di fine luglio. 

Turismo orientale


 

Invasione di turisti dal medio e dall'estremo oriente qui in Val Gardena. L'Alpe di Siusi fra le mete più frequentate.  

martedì 30 luglio 2024

Al rifugio Pralongià


 

Grazie al suggerimento degli amici Giovanna e Adriano, esperti montagnini, oggi abbiamo cambiato valle, spostandoci in alta Val Badia. Salita al rifugio Pralongià, con vista a 360 gradi, un altopiano che ricorda in piccolo l'Alpe di Siusi. Una meraviglia. Ecco sullo sfondo la Marmolada.

lunedì 29 luglio 2024

Lo squalo Nicolò, altro che rana


 

Ma vi sembra che il varesino Nicolò Martinenghi, vincitore ieri dell'oro olimpico a Parigi nei 100 rana, abbia il fisico di quel viscido anfibio? E' un possente squalo, che con la sua pinna ha affettato l'acqua parigina, toccando per primo. Ho scelto questa foto, perché Nicolò (che per l'occasione si è fatto biondo) posa con il mio ex alunno Riccardo Cipolat, fisioterapista e osteopata della Federazione Italiana di nuoto.

A volte mi sento più varesino che italiano. Comunque oggi andavo per i monti con una maglietta con scritto Varese. Ma c'era poca gente, e nessuno mi ha fermato facendomi i complimenti. Fossi stato in una affollata località marina, qualcuno mi avrebbe chiesto: "Ma sei di Varese, come il grande Nicolò?" Ed io, vantandomi, avrei risposto: "Certamente...Avete visto che fenomeno?"

 

San Giovanni a Ranui


La piccola chiesa di San Giovanni a Ranui, in val di Funes.

 

Gli stupori del giovane Reinhold

 


Immaginatevi un giovanissimo Reinhold Messner, 5 anni, insieme ai familiari, che si avventura per la prima volta sulle Odle della Val di Funes, la sua valle (foto). E poi a 13 anni, impegnato ad arrampicare su quelle rocce dolomitiche. Credo che anche il più pigro dei bambini, il più impacciato e demotivato, di fronte ad un simile spettacolo, almeno per un attimo, abbia pensato: 'Che bello sarebbe salirci sopra!' Reinhold non era né pigro né impacciato, e infatti lo ha dimostrato. Oggi ha 80 anni, ha fatto testamento ed è deluso perché i suoi figli litigano e non si sono mostrati riconoscenti. E allora ho ragione di credere che il 'vecchio' Reinhold ogni tanto torni nella sua valle benedetta, guardi le Odle all'alba o al tramonto e sorrida. 

domenica 28 luglio 2024

Buona serata



 Buona serata a tutti i miei amici.

Stelutis alpinis

                                                                                            foto cibi


"Se un mattino tu verrai fino in cima alle montagne, troverai una stella alpina che è fiorita sul mio sangue. Per segnarla c'è una croce, chi l'ha messa non lo so, ma è lassù che dormo in pace e per sempre dormirò..."

Stelutis alpinis - Francesco De Gregori
 

venerdì 26 luglio 2024

Mettercela tutta


 


Qui è impossibile non vedere Dio.

Oddio, ci si può anche riuscire, ma bisogna mettercela tutta...

Solitudine



"Oggi più che mai l'essere umano ha paura di affrontarsi nella solitudine, teme quasi di doversi riconoscere e di doversi riconquistare."

                                                Walter Bonatti

 

Discesa


 

Per fortuna, a volte, si va anche in discesa.

giovedì 25 luglio 2024

Assetato


Solo un assetato conosce il piacere di una bevuta rinfrescante.
 

Mamma e cuccioli


 Mamma capriolo e cuccioli sui prati di Santa Cristina Val Gardena.

Profumo di legno


 

Qui profuma tutto di legno. Un profumo assai gradevole. C'è legno in avanzo. E un po' l'hanno utilizzato per queste installazioni all'inizio della Vallunga, con la storia di Oswald Von Wolkenstein e della sua amica aquila. 

mercoledì 24 luglio 2024

Tutto iniziò nel 1953



 

Il 25 luglio 1953, 71 anni fa, i miei genitori Ines e Mario si sposarono. Quella sera stessa erano ad Ortisei. Il giorno dopo sull'Alpe di Siusi, al rifugio Floralpina, oggi hotel. Da allora la Val Gardena è entrata nella storia della nostra famiglia, e quindi anche della mia. Infatti oggi sono qui, davanti al Sassolungo. 

Io sono salito all'Alpe di Siusi per la prima volta nel mese di luglio del 1968: avevo 12 anni. 

Se fosse vero


 

Certo che se fosse vero...

martedì 23 luglio 2024

Vexata questio


 

Paolo Cognetti, autore del romanzo 'Le otto montagne', ha le idee chiare circa la montagna: dovrebbe tornare alle origini, niente sci turistico, impianti di risalita, distruzione del patrimonio naturalistico...Io non ho le idee chiare, sono contro l'eccesso di costruzioni, gli impianti eccessivi, il turismo formicaio, ma non sono radicale come Paolo: ci sono innegabili aspetti positivi. E poi è troppo bello sciare! 

lunedì 22 luglio 2024

Nuvole


 

Sarebbe troppo monotona una vita senza nuvole...purché restino candidi batuffoli nel cielo turchino. 

Mi piace


 

Non è il solito cane, il solito gatto, la solita cornacchia....per questo mi piace rivederlo, nel mio tempo di montagna o, più raramente, al Campo dei Fiori.

Abbiamo bisogno di novità, purché siano di bell'aspetto.



 

Maturità bambina


 

"Maturità dell'uomo significa avere ritrovato la serietà che si metteva nel gioco da bambini."

                                                                Friedrich Nietzsche

domenica 21 luglio 2024

Ei Tadej


 Questa è la strada che da Santa Cristina in Val Gardena sale al Monte Pana. Qui, in un pomeriggio di pioggia e di nebbia dello scorso mese di maggio, il ciclista professionista Tadej Podagar, 25 anni, sloveno, della UAE Emirates, staccava tutti e vinceva una tappa al Giro d'Italia, Giro che avrebbe poi vinto. Ieri Tadej ha vinto anche il Tour de France. Vincere nello stesso anno Giro e Tour è impresa d'altri tempi. L'ultimo che ci riuscì fu Marco Pantani nel 1998.

Ei Tadej, ora non montarti la testa!

Auguri, Maddalena

                                                                   ph valentina zanzi
 

Oggi è Santa Maddalena. Felice onomastico a mia figlia.

Detergere


 In montagna gli occhi si detergono.

Dormire dopo la morte



"Dormire potrò abbastanza dopo la mia morte: lasciate che possa vedere il sole e possa riempirmi di luce...Da morto patirò la sua assenza."

                                                            Reinhold Messner

in foto: le Odle dal rif. Firenze

sabato 20 luglio 2024

Come un amore


 "La montagna è come un amore: se sei respinto, è meglio tornare indietro e non insistere."

Christian Kunter

venerdì 19 luglio 2024

Ciao, Livio

 

                                                                      Livio Ghiringhelli (terzo da destra) al Poeta Bosino di qualche anno fa

Apprendo ora la triste notizia: poche ore fa è morto Livio Ghiringhelli, il prof Ghiringhelli. Era un uomo rigoroso, di vasta cultura, esigente con se stesso e con gli altri. Docente, dirigente scolastico anche nel mio liceo classico ‘Cairoli’, impegnato in politica (fu anche consigliere comunale a Varese), fu grande amante della sua città, che ha studiato, descritto sia nel passato che nel presente e nel futuro. Era molto attivo in diverse associazioni, fra le quali la Famiglia Bosina, che è stato uno dei luoghi che mi ha permesso di conoscerlo. Prezioso collaboratore del Calandàri (e sono felice che sia presente un suo articolo anche nel prossimo numero, il 70, che uscirà a dicembre 2024), ricordo un paio di episodi che mi coinvolgono personalmente. Alla Festa dell’Unità alla Schiranna, molti anni fa, era in programma la presentazione di un mio libro. Scoppiò un temporale violentissimo proprio in concomitanza con quell’evento, telefonai agli organizzatori dicendo che non era il caso mi scomodassi a scendere sul lago: ebbene, il prof. Ghiringhelli era presente, puntuale, preciso, e chiese il perché della mia assenza. Dovetti riconoscere che era stato più bravo di me. Mi aiutò poi nella presentazione del mio libro ‘Valzer par Varés’, in Salone Estense, con una relazione molto ben preparata. Non era certo uno che improvvisava. Preso un impegno, lo manteneva sin nei dettagli. In verità devo anche sottolineare che una volta se la prese con me, perché – come coordinatore del Calandàri – avevo pubblicato in più puntate un suo lungo intervento sui giornali locali del passato. Ci rimase male, e io con lui: avrebbe preferito tutto l’articolo in un solo volume. Per molti anni fu anche nella Giuria del Poeta Bosina: amava particolarmente le bosinate, infatti in quegli anni vinse più volte Luisa Oprandi, proprio con poesie del genere ‘bosinata’, che ebbe in Speri della Chiesa Jemoli e Natale Gorini due veri fuoriclasse. Livio non era certo il tipo che amava mettersi in mostra, e lo conferma il volume che ho qui davanti, ‘Frammenti’ (Macchione editore) una raccolta di poesie del prof, che era anche ottimo poeta: non leggo una riga su di lui. Il 10 dicembre del 2007 presentò la sua raccolta poetica alla Palazzina della Cultura di Varese, e per quell’occasione scrissi poche righe sul quotidiano ‘La Prealpina’, che qui in parte ripropongo: ‘Dispiace una cosa: che la cara moglie del professor Livio Ghiringhelli, morta di recente, non abbia potuto assistere alla presentazione della raccolta di poesie del marito. Perché lei, quelle poesie nel cassetto, liriche scritte sin dagli anni giovanili dal docente di lettere e poi preside, le voleva raccolte in un libro, le considerava degne della pubblicazione. Ma lui, il professore, convinto che non fosse possibile unire nello stesso periodo le due arti (quella della docenza e quella poetica) mai s’era arrischiato. Ora il momento è giunto ed ecco Frammenti…Livio Ghiringhelli, che molti in città conoscono come insegnante e preside autorevole, come scrittore di saggi rigorosi, qui ha voluto regalarci ciò che per solito non si comunica e se ne va con noi. Lui l’ha fissato in pagine bianche, con le piccole, preziose macchie della sua interiorità.’

Livio era certamente un uomo di fede, ma il suo era soprattutto un desiderio irrisolto di Dio, come si evince dalla poesia che lascio alla fine di questo ricordo. Con la speranza che il Signore, vincitore della morte, sia stato al suo fianco, carezza e conforto nella sua solitudine, nel tempo spesso arduo della vecchiaia. Ciao Livio.

Solo brama di Te/che ti neghi al mio sguardo/all’inerzia accidiosa di giorni/senza futuro/al pretesto mendace dei dubbi irrisolti


                                                                                                                                              ph valentina zanzi

   


giovedì 18 luglio 2024

Pietro e Davide



 

Ieri, mercoledì 17 luglio, ultima sgambata per Pietro Arese sul tartan di Calcinate, prima di partire per le Olimpiadi di Parigi 2024, dove correrà i 1500. Per l'occasione ha voluto essere presente anche il nostro sindaco-runner Davide Galimberti. 

mercoledì 17 luglio 2024

Divertimento?

                                                                                  foto da fb
            

Ecco, quando i telecronisti Rai usano il termine 'divertimento'  per descrivere ciò che si prova davanti alle volate ad altissimo rischio di caduta, agli scatti in salita dei ciclisti, all'immensa fatica che devono sopportare, al caldo, alla sete, al freddo, ai disagi, alla pelle lacerata e sanguinante, ecco...sì, io non mi diverto affatto sentendo quel termine.

Ci si diverte quando la componente comica è preponderante, quando 'scappa da ridere'....ma nel ciclismo c'è poco da ridere. Casomai esulta chi vince. 

martedì 16 luglio 2024

Che stanno facendo?


 

Se c'è qualche esperto in materia fra i miei lettori, chiedo: 'Che insetto è?' E soprattutto: 'Che stanno facendo sulla vetrata di casa mia?'

lunedì 15 luglio 2024

Il miracolo dei Pizzoni


 

Ringrazio Alberto Palazzi, che ha ospitato questo mio racconto breve sulla rivista 'Menta e Rosmarino' numero 52.

I miracoli, a volte, avvengono. 


Il miracolo dei Pizzoni

di Carlo Zanzi

 

Stanno decidendo se lasciarmi morire qui, all’ospedale di Cittiglio, o portarmi nella mia casa, dentro il mio letto. Sono discorsi che non avrei mai voluto ascoltare di persona, ma mi toccano.  Fosse per me vorrei vivere in eterno, ma non ci è concesso.

La vita, questa vita che mi obbliga a sopportare certi ragionamenti, a dover fare i conti con il dolore e la mancanza, questa vita è veramente un supplizio. Ma non è stata sempre così. Anzi, già ieri era andata meglio, quando ascoltavo un dialogo qui vicino al mio letto, gente che non conosco. Una donna, una bella donna, raccontava che lì in quell’ospedale, a pochi metri dal mio letto di dolore, i balestrucci, con l’abito nuovo per onorare la primavera, volavano saettanti fra i sottotetti e il cielo di Cittiglio, intenti ad edificare nuovi nidi, a riassettare quelli vecchi. “Una meraviglia” raccontava lei. “Uno spettacolo. Non avrei mai detto che un luogo così triste come un ospedale potesse accogliere questo miracolo di vita.”

Ecco, già ieri era meglio. La vita non è sempre un dramma. E allora, come un cercatore di funghi (e io lo sono stato, con non poche soddisfazioni) vado a caccia degli attimi luminosi di questo mio cammino così breve. Una ricerca che mi permetta di accettare questo destino ingrato. Attimi che possano giustificare una simile miseria finale, un pover’uomo che non si riconosce più nel suo corpo martoriato.

Loro discutono dove alloggiare la mia carne malata, perché possa meno brutalmente avviarsi verso il riposo eterno. Io lascio fare (non potrei diversamente) e intanto ricordo.

Il primo bacio: quello Alessandra ed io l’avevamo già consumato, una notte quieta d’aprile, seduti su una panchina davanti al molo di Laveno, luci di battelli e di barche, chiacchiere alle nostre spalle, passanti con gelati in mano e bocche sporche di pizza, aliti alla birra e coppiette avvinghiate. Il primo bacio: Dio mio che dolcezza, che emozione, che piacere! Ma l’uomo (intendo maschio e femmina) ha il vizio di non accontentarsi. Volevo di più, ancora di più, come se fosse possibile salire un gradino oltre la felicità. Così le proposi di andare a vedere il tramonto ai Pizzoni di Laveno. Era maggio, il 17, e subito mi viene da dire che la superstizione non esiste; il 17 porta sfortuna? Ma quando mai? La invitai sulla mia Seicento bianca, targa VA104973, interni in similpelle amaranto, un odore sgradevole di plastica che cercavo di camuffare con i maldestri deodoranti dell’epoca. Aveva una gonna molto corta e subito pensai che avrebbe agevolato l’intraprendenza delle mie dita, di mani sudate e inesperte.

A Vararo lasciammo la vettura. Mi ero raccomandato: “Mettiti scarpe comode.” Mi aveva obbedito: scarpe da tennis Superga bianche, niente calze, due gambe perfette, la minigonna multicolore, biancheria intima che immaginavo con la golosità di un maniaco. Copriva i seni gonfi, giovani e tesi una maglietta bianca, in vita un maglione leggero, se ben ricordo giallo canarino. Il collo sottile era la corta colonna di un capitello capace di stordirmi tanto era ammirevole: quel viso rendeva impossibile l’esistenza del male, abbelliva nella grazia ogni stortura. Ed ero persino riuscito a baciare quelle labbra, a sfiorare quella lingua. Eppure non mi accontentavo, reso folle da tale femminea perfezione.

Ci incamminammo verso i Pizzoni: prima sull’asfalto, poi il sentiero sulla sinistra, il bosco fitto, la salita impegnativa, nessuno in giro ed io pensavo: ‘Siamo soli. Non posso desiderare altro.’

E lei? Sorrideva. Parlava poco. Una falsa timida, visto ciò che era successo davanti all’imbarcadero di Laveno, Nel lento procedere verso le rocce sommitali, fra respiri profondi, qualche sosta, mano nella mano, volevo farle intendere che non stavo pensando solo al sesso, quindi cominciai a parlarle di fiori, della differenza fra il giallo delle ginestre e quello dei maggiociondoli, confortando il mio dire con la verifica sul campo: “Ecco quella è la ginestra…Ecco il maggiociondolo...Come puoi notare c’è una bella differenza, ma qualche incompetente li confonde…Ecco il fior di sambuco, mio padre lo faceva seccare e ci faceva il pan meino….L’hai mai assaggiato?”

“No, non mi pare…”

“I milanesi lo gustano con la panna montata…”

Il bosco si diradò, il sole calante guadagnò spazi importanti bucando le fronde, arrivammo sulla cresta finale, prati ridotti e rocce acuminate. Io i Pizzoni li conoscevo bene, lei non ci era mai salita. Le presi la mano, l’aiutai nei tratti più ripidi, lei disse più volte: “Ma dove mi hai portato?”

“Non avere paura, vedrai che bello.”

“Mi fido di te.”

“E fai bene.”

Fu costretta a darmi ragione: il lago sotto di noi apparve come una visione paradisiaca. Era una lastra d’argento, riflessi d’oro, un prezioso metallo tirato a lucido e inciso dal procedere di un battello. Ai nostri piedi, oltre le rocce, gli alberi e il volo, una barca a vela galleggiava nella sera.

“E’ stupendo!” disse lei.

“Che ti dicevo?”

Ma io ero lì per altro. La natura, il sole al tramonto ma ancora alto nel cielo, le abitazioni delle sponde, le tonalità dei verdi e degli azzurri, le nuvole candide (più candide delle mie intenzioni) avrebbero dovuto esaurire la mia voglia di bello, ma i giovani sono insaziabili, e anche i vecchi.  

Puntavo ai seni. La bocca l’avevo già assaggiata. Ci sedemmo appoggiando le schiene al basamento della croce. Anticipai le sue mosse, adagiai la mia testa sulle sue cosce, in attesa delle sue carezze, dita a rovistare fra i miei capelli ondulati e lunghi. Non mi accarezzò, restò in silenzio lasciando spazio alla voce degli uccelli, al fruscìo delle foglie nuove mosse dal vento, all’aroma delle prealpi. Il suo profumo di giovane donna accompagnò l’evoluzione dei miei progetti su di lei. Avrei potuto osare di più, avvicinarmi con le labbra alle sue cosce e salire salire…No, avrei dovuto procedere dall’alto verso il basso, la bocca e giù, verso i suoi colli…Le baciai la gonna, era ruvida. Con la mano scivolai sotto la maglietta, lei rabbrividì: “Mi fai il solletico!” disse, con un tono di voce lievemente indispettito. Fermai la mano, temendo il peggio. E invece arrivò il miracolo, la mossa inattesa che mi permette, oggi, di tornare riconoscente su quella sera memorabile.

Alessandra sussurrò: “Aspetta” facendomi capire che dovevo sollevare il capo, perché era intenzionata ad alzarsi. E davvero si mise in piedi. I suoi capelli biondi coprivano il sole, che cercava le vette del Rosa. Incrociò le braccia e si sfilò la maglietta. “Dici che non passa nessuno?” 

“E chi vuoi che passi?” risposi inebetito.

Si sganciò il reggiseno.

Mi inginocchiai davanti a lei.

Non sono un buon cristiano: non lo sono ora (però prego incessantemente) e non lo ero allora. Ma guardai i suoi seni, la croce dei Pizzoni alla mia destra e chiesi al Padre di ogni bellezza che ci regalasse la solitudine assoluta. 

Il Dio misericordioso ascoltò la mia supplica, nessuno ci disturbò, ma Alessandra non è diventata mia moglie. Qualche mese dopo i Pizzoni suo padre fu trasferito per lavoro e la famiglia lo seguì. Anni fa, sperando che si potesse ritrovare il passato, mi diedi da fare per rintracciarla, ma invano. Alessandra è comunque presente in un modo speciale. Più presente di mia moglie? Una moglie deve anche risolvere questioni pratiche, ad esempio se farmi morire in casa oppure no. Alessandra può permettersi il lusso di mostrarsi ancora in tutto il suo splendore, ed io il lusso di ammirarla.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


Ferruccio secondo Gianni


 

Torno sui 100 anni dell'avvocato Ferruccio Zuccaro, con l'intervento in Salone Estense di Gianni Spartà, giornalista e scrittore: 


Ho chiesto a Ferruccio Zuccaro come si immagina Varese tra 50 anni. Mi ha risposto così: “Me la immagino città universitaria. Vedete, non fu facile difendere la nascita di un ateneo autonomo seppur gemellato con Como. Il territorio ha colmato con gli studi, la ricerca, la presenza di tanti giovani, vuoti lasciati dai primati perduti. Senza questa vocazione sopravvenuta, conquistata a fatica, consolidata negli anni, la Varese che vorrei fosse tramandata ai posteri per me risulterebbe privata di un abito che le dona”.

Si può partire da qui per parlare di due fatti: primo, dell’impegno che l’uomo di legge, di cultura, di raffinato gusto per l’arte e la scrittura ha messo nel promuovere il verbo universitario, contando sul suo carattere fermo, le sue relazioni di rango, la sua abilità persuasiva; secondo si deve parlare di questa creatura, l’università dell’Insubria, che per coincidenza non scevra di significati, è entrata nel panorama accademico italiano in una data fatale: il 14 luglio, l’anniversario della Presa della Bastiglia. Siamo a due giorni dal ventiseiesimo compleanno dell’atto fondativo (era il 1998), e trovarci qui due giorni prima a festeggiare Ferruccio Zuccaro è un altro felice gioco della sorte.  

Sì, fu una rivoluzione, anche se di velluto, la conquista di una università statale. Lo fu perché scontato e prevedibile non era che un territorio orgoglioso delle sue fortune economiche e paesaggistiche di punto in bianco prendesse a bramare ben altro: l’accademia, la formazione scientifica, sempre fabbriche sì, ma di lauree e dottorati. Poi vai ad approfondire e scopri che qui vicino in via Bizzozero c’è una targa sulla casa di Camillo Golgi, premio Nobel per la Medicina nel 1906 quando per la letteratura il solenne riconoscimento toccò a Giosuè Carducci. Era bresciano ma il rifugio dell’anima per le sue ricerche fu Varese. Scopri inoltre che molte strade della città sono intitolate a personaggi che hanno cambiato qualcosa nel pianeta della conoscenza: Luigi Sacco, Scipione Riva Rocci, Bizzozero, Ottorino Rossi, Rina Monti, Emilio Veratti. Per dire che lo studio e il pensiero hanno radici storiche profonde in questa fetta di nordovest e che quanti ci considerano terra di laghi, ma arida di impegno intellettuale, si sbagliano.

Zuccaro e l’università, binomio inscindibile dunque. Egli ha presieduto un’associazione pubblica e privata per promuovere gli insediamenti accademici che a Varese hanno un incipit preciso stampato nella memoria di un giovane cronista: è il 15 gennaio del 1973 quando in uno scantinato della vecchia Geriatria all’ospedale di Circolo si tiene la prima lezione dei corsi pareggiati del secondo triennio di Medicina e Chirurgia gemmati da un antico e prestigioso ateneo, quello di Pavia. In cattedra il professor Delfino Barbieri, materia patologia medica, sui banchi ragazzotti che oggi sono medici da tempo in pensione dopo belle carriere. Che cosa era successo? Lo definirei, a proposito di rivoluzione, l’audace colpo di reni di un pugno di pioniri: Mario Ossola, sindaco democristiano di Varese, tisiologo, ex partigiano bianco, Giovanni Valcavi, presidente dell’ospedale di Circolo, avvocato socialista accreditato nei salotti buoni dell’alta finanza, Fausto Franchi, imprenditore di Saronno, presidente della Provincia, Antonio Fornari, rettore dell’Università di Pavia, Mario Cherubino, preside della facoltà di Medicina. Sì, un colpo di reni o di mano, un accordo per decentrare a Varese, ritenuta terreno fertile, parti del patrimonio di studi tra i più prestigiosi del Paese.
C’entrava la politica? Ovvio, ma in una declinazione diversa da quella percepita oggi. C’entrava in vero una classe dirigente con le sue ambizioni e le sue capacità. Questo era il tratto caratteristico della politica non solo in Lombardia a tre anni dalla nascita delle Regioni. Questa la chiave di lettura storica.

Visionari quegli  uomini ? Certo visionari con spalle abbastanza larghe da poter sfidare le contrarietà che furono feroci. Se potessero parlare i muri di questo salone riferirebbero gli echi di parole grosse nei confr0nti di una creatura destinata, secondo alcuni, a soccombere tragicamente. Iniziava l’avventura universitaria in una città che con alcuni dei suoi leader aveva capito una cosa: si sbriciolavano i primati economici, tirava aria di trasferimenti altrove per centri decisionali di banche e grandi industrie, anche lo sport che aveva fatto sognare i varesini e richiamato inviati di grandi giornali per narrare le gesta di Morse e di Anastasi, fiutava un ridimensionamento. Non c’è ciclo della vita che non contempli salite, traguardi e poi discese. Ecco che l’università si poteva rivelare una nuova vocazione, fresca perché mobilitava le nuove generazioni.

E qui entra in gioco Ferruccio Zuccaro, torniamo a lui, che c’è quando si tratta di far crescere il progetto, di dare una sede al rettorato, di accogliere altre due facoltà, Biologia ed Economia ai quali bisogna trovare spazi. C’è quando bisogna aggirare con una bolina venti contrari, di resistere a pressioni, di finanziare l’associazione di sostegno, presieduta da lui, che nel 1990 arriva ad avere un bilancio di 900 milioni di lire.  “Sembra mite, ma è un determinato”, mi ha detto la figlia Giovanna. Aggiungo: un campione di garbo, nemico dell’ipocrisia.

Ho tanti ricordi, nel scelgo uno. Dopo 18 anni a Villa Ponti c’è un raduno  accademico, con ermellini in grande spolvero. Si festeggia la seconda facoltà di Medicina dell’università di Pavia con sede a Varese. Decreto de rettore Schmid, approvato dal ministro Ruberti. Zuccaro tiene un discorso e si rivolge con grinta alla città: bisogna arrivare all’autonomia dell’ateneo, intitoliamolo a Veratti o a Piero Chiara. Un mondo per gettare il cuore oltre l’ostacolo, in ogni caso per accelerare i tempi, rimuovere i ritardi. Ci vorranno altri otto anni per il colpo decisivo del ministro Luigi Berlinguer il quale ha capito che l’unico modo per fa nascere un nuovo ateneo statale autonomo nel Nordovest lombardo è il parto gemellare Varese-Como. Nessuna delle due città da sola avrebbe avuto quello che fieramente ha ricevuto in dote. E qui c’è la felice intuizione di Renzo Dionigi, che sarà il primo rettore. Chiamiamola Università dell’Insubria. Amen, così è.

Chiudo con una considerazione: come si entra nella storia. chi è Ferruccio Zuccaro? Io lo definisco un leader naturale cioè un personaggio che se dice qualcosa viene ascoltato in quanto portatore sano di autorevolezza, se promette un interessamento ottiene credito perché ritenuto capace e affidabile dalla gente. In virtù di un vissuto, non di una nomina.

Se siete d’accordo facciamogli un applauso. Grazie Ferruccio.

 

domenica 14 luglio 2024

Ciao, Paola

                                                                                             foto di enrico stocchetti
 

Sono vicino all'amico Enrico Stocchetti, e prego con lui per la morte della moglie Paola.

I funerali di Paola si svolgeranno martedì 16 luglio, ore 14, presso la chiesa parrocchiale di San Carlo. 

Limpida notte



 Complimenti all'amico Fausto Bonoldi, giornalista e scrittore ma anche grande appassionato di musica, per questa sua composizione: 'Limpida notte'.

52 volte Menta e Rosmarino


 





L'amico Alberto Palazzi come sempre fa le cose in grande. Per la presentazione del numero 52 della 'sua' rivista 'Menta e Rosmarino' ha trovato una località incantevole, il giardino dei fratelli Spertini, florovivaisti di Cittiglio. All'ombra del Sasso del Ferro, dei Pizzoni e del Cuvignone, oltre 250 persone hanno gustato una serata ricca di cultura, di musica (ottimo il cantante Gianni Crugnola, in foto) e di simpatia, quella regalata soprattutto da Cochi Ponzoni (sì, quello famoso di Cochi e Renato), intervistato dall'attrice Betty Colombo. Interventi della giovane sindaca di Cittiglio, Rossella Magnani (foto), del presidente della Comunità montana Valli del Verbano Simone Eligio Castoldi, del provveditore agli studi di Varese Giuseppe Carcano, infine brindisi e rinfresco al fresco delle nostre Prealpi.  
Hanno collaborato al n° 52 di MeR Giambattista Aricocchi, Dino Azzalin, Tam Daniela Baj, Sara Boldetti, Antonio Borgato, Felice Borsani, Stelio Carnevali, Gregorio Cerini, Mario Chiodetti, Silvano Colombo, Maria Grazia de Vecchi, Fulvio Fagiani, Maria Grazia Ferraris, Claudio Ferretti, Amerigo Giorgetti, Angela Lischetti, Maurizio Lucchi, Luciano Lucchina, Felice Magnani, Mauro Marchesotti, Annalisa Motta, Alberto Morandi, Alessandro Piatti, Gianni Picconi, Gianni Pozzi, Michele Presbitero, Giorgio Roncari, Marco Vergottini, Carlo Zanzi e, naturalmente, Alberto Palazzi.  


sabato 13 luglio 2024

Arte di qualità


 



Nel 1956 io nascevo e sempre in quell'anno l'Associazione Artisti indipendenti di Varese metteva in cantiere la sua prima mostra collettiva. Quasi settant'anni dopo l'arte a Varese non si ferma, ed ecco una nuova collettiva in Sala Veratti a Varese, che si potrà visitare sino al 25 agosto (sabato e domenica, 10-12 15-18). La qualità degli artisti è garantita, e i quattro esempi che qui propongo sono eloquenti. Olio su tela, a parte la foto in bianco e nero. Purtroppo, per mia imperizia, non ho appuntato i nomi degli artisti qui rappresentati, a parte (conoscendola da tempo) Carla Pugliano, la pittrice delle tre donne, prima foto in alto. 
Una mostra da non perdere.