lunedì 15 luglio 2024

Ferruccio secondo Gianni


 

Torno sui 100 anni dell'avvocato Ferruccio Zuccaro, con l'intervento in Salone Estense di Gianni Spartà, giornalista e scrittore: 


Ho chiesto a Ferruccio Zuccaro come si immagina Varese tra 50 anni. Mi ha risposto così: “Me la immagino città universitaria. Vedete, non fu facile difendere la nascita di un ateneo autonomo seppur gemellato con Como. Il territorio ha colmato con gli studi, la ricerca, la presenza di tanti giovani, vuoti lasciati dai primati perduti. Senza questa vocazione sopravvenuta, conquistata a fatica, consolidata negli anni, la Varese che vorrei fosse tramandata ai posteri per me risulterebbe privata di un abito che le dona”.

Si può partire da qui per parlare di due fatti: primo, dell’impegno che l’uomo di legge, di cultura, di raffinato gusto per l’arte e la scrittura ha messo nel promuovere il verbo universitario, contando sul suo carattere fermo, le sue relazioni di rango, la sua abilità persuasiva; secondo si deve parlare di questa creatura, l’università dell’Insubria, che per coincidenza non scevra di significati, è entrata nel panorama accademico italiano in una data fatale: il 14 luglio, l’anniversario della Presa della Bastiglia. Siamo a due giorni dal ventiseiesimo compleanno dell’atto fondativo (era il 1998), e trovarci qui due giorni prima a festeggiare Ferruccio Zuccaro è un altro felice gioco della sorte.  

Sì, fu una rivoluzione, anche se di velluto, la conquista di una università statale. Lo fu perché scontato e prevedibile non era che un territorio orgoglioso delle sue fortune economiche e paesaggistiche di punto in bianco prendesse a bramare ben altro: l’accademia, la formazione scientifica, sempre fabbriche sì, ma di lauree e dottorati. Poi vai ad approfondire e scopri che qui vicino in via Bizzozero c’è una targa sulla casa di Camillo Golgi, premio Nobel per la Medicina nel 1906 quando per la letteratura il solenne riconoscimento toccò a Giosuè Carducci. Era bresciano ma il rifugio dell’anima per le sue ricerche fu Varese. Scopri inoltre che molte strade della città sono intitolate a personaggi che hanno cambiato qualcosa nel pianeta della conoscenza: Luigi Sacco, Scipione Riva Rocci, Bizzozero, Ottorino Rossi, Rina Monti, Emilio Veratti. Per dire che lo studio e il pensiero hanno radici storiche profonde in questa fetta di nordovest e che quanti ci considerano terra di laghi, ma arida di impegno intellettuale, si sbagliano.

Zuccaro e l’università, binomio inscindibile dunque. Egli ha presieduto un’associazione pubblica e privata per promuovere gli insediamenti accademici che a Varese hanno un incipit preciso stampato nella memoria di un giovane cronista: è il 15 gennaio del 1973 quando in uno scantinato della vecchia Geriatria all’ospedale di Circolo si tiene la prima lezione dei corsi pareggiati del secondo triennio di Medicina e Chirurgia gemmati da un antico e prestigioso ateneo, quello di Pavia. In cattedra il professor Delfino Barbieri, materia patologia medica, sui banchi ragazzotti che oggi sono medici da tempo in pensione dopo belle carriere. Che cosa era successo? Lo definirei, a proposito di rivoluzione, l’audace colpo di reni di un pugno di pioniri: Mario Ossola, sindaco democristiano di Varese, tisiologo, ex partigiano bianco, Giovanni Valcavi, presidente dell’ospedale di Circolo, avvocato socialista accreditato nei salotti buoni dell’alta finanza, Fausto Franchi, imprenditore di Saronno, presidente della Provincia, Antonio Fornari, rettore dell’Università di Pavia, Mario Cherubino, preside della facoltà di Medicina. Sì, un colpo di reni o di mano, un accordo per decentrare a Varese, ritenuta terreno fertile, parti del patrimonio di studi tra i più prestigiosi del Paese.
C’entrava la politica? Ovvio, ma in una declinazione diversa da quella percepita oggi. C’entrava in vero una classe dirigente con le sue ambizioni e le sue capacità. Questo era il tratto caratteristico della politica non solo in Lombardia a tre anni dalla nascita delle Regioni. Questa la chiave di lettura storica.

Visionari quegli  uomini ? Certo visionari con spalle abbastanza larghe da poter sfidare le contrarietà che furono feroci. Se potessero parlare i muri di questo salone riferirebbero gli echi di parole grosse nei confr0nti di una creatura destinata, secondo alcuni, a soccombere tragicamente. Iniziava l’avventura universitaria in una città che con alcuni dei suoi leader aveva capito una cosa: si sbriciolavano i primati economici, tirava aria di trasferimenti altrove per centri decisionali di banche e grandi industrie, anche lo sport che aveva fatto sognare i varesini e richiamato inviati di grandi giornali per narrare le gesta di Morse e di Anastasi, fiutava un ridimensionamento. Non c’è ciclo della vita che non contempli salite, traguardi e poi discese. Ecco che l’università si poteva rivelare una nuova vocazione, fresca perché mobilitava le nuove generazioni.

E qui entra in gioco Ferruccio Zuccaro, torniamo a lui, che c’è quando si tratta di far crescere il progetto, di dare una sede al rettorato, di accogliere altre due facoltà, Biologia ed Economia ai quali bisogna trovare spazi. C’è quando bisogna aggirare con una bolina venti contrari, di resistere a pressioni, di finanziare l’associazione di sostegno, presieduta da lui, che nel 1990 arriva ad avere un bilancio di 900 milioni di lire.  “Sembra mite, ma è un determinato”, mi ha detto la figlia Giovanna. Aggiungo: un campione di garbo, nemico dell’ipocrisia.

Ho tanti ricordi, nel scelgo uno. Dopo 18 anni a Villa Ponti c’è un raduno  accademico, con ermellini in grande spolvero. Si festeggia la seconda facoltà di Medicina dell’università di Pavia con sede a Varese. Decreto de rettore Schmid, approvato dal ministro Ruberti. Zuccaro tiene un discorso e si rivolge con grinta alla città: bisogna arrivare all’autonomia dell’ateneo, intitoliamolo a Veratti o a Piero Chiara. Un mondo per gettare il cuore oltre l’ostacolo, in ogni caso per accelerare i tempi, rimuovere i ritardi. Ci vorranno altri otto anni per il colpo decisivo del ministro Luigi Berlinguer il quale ha capito che l’unico modo per fa nascere un nuovo ateneo statale autonomo nel Nordovest lombardo è il parto gemellare Varese-Como. Nessuna delle due città da sola avrebbe avuto quello che fieramente ha ricevuto in dote. E qui c’è la felice intuizione di Renzo Dionigi, che sarà il primo rettore. Chiamiamola Università dell’Insubria. Amen, così è.

Chiudo con una considerazione: come si entra nella storia. chi è Ferruccio Zuccaro? Io lo definisco un leader naturale cioè un personaggio che se dice qualcosa viene ascoltato in quanto portatore sano di autorevolezza, se promette un interessamento ottiene credito perché ritenuto capace e affidabile dalla gente. In virtù di un vissuto, non di una nomina.

Se siete d’accordo facciamogli un applauso. Grazie Ferruccio.

 

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