Torno sui 100 anni dell'avvocato Ferruccio Zuccaro, con l'intervento in Salone Estense di Gianni Spartà, giornalista e scrittore:
Ho chiesto a Ferruccio Zuccaro come si immagina Varese tra 50 anni. Mi ha
risposto così: “Me la immagino città universitaria. Vedete, non fu facile
difendere la nascita di un ateneo autonomo seppur gemellato con Como. Il
territorio ha colmato con gli studi, la ricerca, la presenza di tanti giovani,
vuoti lasciati dai primati perduti. Senza questa vocazione sopravvenuta,
conquistata a fatica, consolidata negli anni, la Varese che vorrei fosse
tramandata ai posteri per me risulterebbe privata di un abito che le dona”.
Si può partire da qui per parlare di due fatti: primo,
dell’impegno che l’uomo di legge, di cultura, di raffinato gusto per l’arte e
la scrittura ha messo nel promuovere il verbo universitario, contando sul suo
carattere fermo, le sue relazioni di rango, la sua abilità persuasiva; secondo si
deve parlare di questa creatura, l’università dell’Insubria, che per
coincidenza non scevra di significati, è entrata nel panorama accademico
italiano in una data fatale: il 14 luglio, l’anniversario della Presa della
Bastiglia. Siamo a due giorni dal ventiseiesimo compleanno dell’atto fondativo
(era il 1998), e trovarci qui due giorni prima a festeggiare Ferruccio Zuccaro
è un altro felice gioco della sorte.
Sì, fu una rivoluzione, anche se di velluto, la conquista di una università
statale. Lo fu perché scontato e prevedibile non era che un territorio
orgoglioso delle sue fortune economiche e paesaggistiche di punto in bianco
prendesse a bramare ben altro: l’accademia, la formazione scientifica, sempre
fabbriche sì, ma di lauree e dottorati. Poi vai ad approfondire e scopri che
qui vicino in via Bizzozero c’è una targa sulla casa di Camillo Golgi, premio
Nobel per la Medicina nel 1906 quando per la letteratura il solenne
riconoscimento toccò a Giosuè Carducci. Era bresciano ma il rifugio dell’anima
per le sue ricerche fu Varese. Scopri inoltre che molte strade della città sono
intitolate a personaggi che hanno cambiato qualcosa nel pianeta della
conoscenza: Luigi Sacco, Scipione Riva Rocci, Bizzozero, Ottorino Rossi, Rina
Monti, Emilio Veratti. Per dire che lo studio e il pensiero hanno radici
storiche profonde in questa fetta di nordovest e che quanti ci considerano
terra di laghi, ma arida di impegno intellettuale, si sbagliano.
Zuccaro e l’università, binomio inscindibile dunque. Egli ha presieduto
un’associazione pubblica e privata per promuovere gli insediamenti accademici
che a Varese hanno un incipit preciso stampato nella memoria di un giovane
cronista: è il 15 gennaio del 1973 quando in uno scantinato
della vecchia Geriatria all’ospedale di Circolo si tiene la prima lezione dei
corsi pareggiati del secondo triennio di Medicina e Chirurgia gemmati da un
antico e prestigioso ateneo, quello di Pavia. In cattedra il professor Delfino
Barbieri, materia patologia medica, sui banchi ragazzotti che oggi sono medici
da tempo in pensione dopo belle carriere. Che cosa era successo? Lo definirei,
a proposito di rivoluzione, l’audace colpo di reni di un pugno di
pioniri: Mario Ossola, sindaco democristiano di Varese, tisiologo,
ex partigiano bianco, Giovanni Valcavi, presidente dell’ospedale di
Circolo, avvocato socialista accreditato nei salotti buoni dell’alta
finanza, Fausto Franchi, imprenditore di Saronno, presidente della
Provincia, Antonio Fornari, rettore dell’Università di
Pavia, Mario Cherubino, preside della facoltà di Medicina. Sì,
un colpo di reni o di mano, un accordo per decentrare a Varese, ritenuta
terreno fertile, parti del patrimonio di studi tra i più prestigiosi del Paese.
C’entrava la politica? Ovvio, ma in una declinazione diversa da quella
percepita oggi. C’entrava in vero una classe dirigente con le sue ambizioni e
le sue capacità. Questo era il tratto caratteristico della politica non solo in
Lombardia a tre anni dalla nascita delle Regioni. Questa la chiave di lettura
storica.
Visionari quegli uomini ? Certo visionari con spalle abbastanza
larghe da poter sfidare le contrarietà che furono feroci. Se potessero parlare
i muri di questo salone riferirebbero gli echi di parole grosse nei
confr0nti di una creatura destinata, secondo alcuni, a soccombere tragicamente.
Iniziava l’avventura universitaria in una città che con alcuni dei suoi leader
aveva capito una cosa: si sbriciolavano i primati economici, tirava aria di
trasferimenti altrove per centri decisionali di banche e grandi industrie,
anche lo sport che aveva fatto sognare i varesini e richiamato inviati di
grandi giornali per narrare le gesta di Morse e di Anastasi, fiutava un
ridimensionamento. Non c’è ciclo della vita che non contempli salite, traguardi
e poi discese. Ecco che l’università si poteva rivelare una nuova vocazione,
fresca perché mobilitava le nuove generazioni.
E qui entra in gioco Ferruccio Zuccaro, torniamo a lui, che c’è quando si
tratta di far crescere il progetto, di dare una sede al rettorato, di
accogliere altre due facoltà, Biologia ed Economia ai quali bisogna trovare
spazi. C’è quando bisogna aggirare con una bolina venti contrari, di resistere
a pressioni, di finanziare l’associazione di sostegno, presieduta da lui, che
nel 1990 arriva ad avere un bilancio di 900 milioni di lire. “Sembra
mite, ma è un determinato”, mi ha detto la figlia Giovanna. Aggiungo: un
campione di garbo, nemico dell’ipocrisia.
Ho tanti ricordi, nel scelgo uno. Dopo 18 anni a Villa Ponti c’è un raduno
accademico, con ermellini in grande spolvero. Si festeggia la seconda
facoltà di Medicina dell’università di Pavia con sede a Varese. Decreto de
rettore Schmid, approvato dal ministro Ruberti. Zuccaro tiene un discorso e si
rivolge con grinta alla città: bisogna arrivare all’autonomia dell’ateneo,
intitoliamolo a Veratti o a Piero Chiara. Un mondo per gettare il cuore oltre
l’ostacolo, in ogni caso per accelerare i tempi, rimuovere i ritardi. Ci
vorranno altri otto anni per il colpo decisivo del ministro Luigi
Berlinguer il quale ha capito che l’unico modo per fa nascere un nuovo
ateneo statale autonomo nel Nordovest lombardo è il parto gemellare
Varese-Como. Nessuna delle due città da sola avrebbe avuto quello che
fieramente ha ricevuto in dote. E qui c’è la felice intuizione di Renzo
Dionigi, che sarà il primo rettore. Chiamiamola Università dell’Insubria. Amen,
così è.
Chiudo con una considerazione: come si entra nella storia. chi è Ferruccio
Zuccaro? Io lo definisco un leader naturale cioè un
personaggio che se dice qualcosa viene ascoltato in quanto portatore sano di
autorevolezza, se promette un interessamento ottiene credito perché ritenuto
capace e affidabile dalla gente. In virtù di un vissuto, non di una nomina.
Se siete d’accordo facciamogli un applauso. Grazie Ferruccio.
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