domenica 27 gennaio 2019

Il ricordo di Pier

                                                                                   ph da google immagini


Mio cugino Pierluigi Tamborini, varesino poi trasferitosi a Treviso come giornalista, è stato addetto stampa di Giuseppe Zamberletti durante l'emergenza del terremoto in Friuli. Ecco il suo ricordo:


IL RICORDO DI UN UOMO VERO

di Pierluigi Tamborini



Come dice il poeta “Ogni morte di uomo ci diminuisce”: se poi l’uomo lo conoscevi di persona questa frase assume un valore ancora maggiore. La mia frequentazione con Giuseppe Zamberletti risale a più di 40 anni fa quando, giovane collaboratore della Prealpina, fui mandato al suo seguito (lui allora era sottosegretario all’Interno) in una sua visita istituzionale a Bellinzona, in Svizzera. Pochi mesi dopo, nel 1976, io mi ero laureato alla Cattolica ed ero partito per il servizio militare. In una licenza andai a trovare gli amici del giornale e, ricordo che Pier Fausto Vedani mi disse che Zamberletti, impegnato da mesi come Commissario straordinario per il terremoto in Friuli, era alla ricerca di un addetto stampa e non riusciva a trovare nessuno. Con l’incoscienza della mia giovane età risposi subito di sì ed insieme ad un altro ragazzo nelle mie stesse condizioni prendemmo l’auto in direzione Udine. Passare da notizie di provincia a trattare con gli inviati di mezzo mondo (il primo fu addirittura un collega del Washington Post) poteva risultare traumatico oltre ogni dire invece andò tutto bene anche perché c’era lui che riusciva ad infondere calma a tutti.
Sono stato nove mesi a stretto contatto con Zamberletti ma voglio ricordare soltanto due episodi che forse contribuiscono a delinearne la personalità. Il Commissario si incontrava regolarmente con i parlamentari friulani riuniti in Prefettura. Con loro stabiliva strategie e come impostare il lavoro. Poi capitava che, la volta seguente, traendo un bilancio scopriva che alcune cose non erano state fatte. Era diventata quasi  un mantra la sua celebre frase: “Ma non si era detto di fare questo? E allora…facciamolo”.
La seconda cosa che mi resta nella mente è la standing ovation che ricevette nella piazza principale di Udine gremita di friulani alla fine della fase di emergenza.
Gente scolpita nella pietra, che lavorava invece di lamentarsi, la stessa filosofia pragmatica di un lombardo che la gente del posto sentiva uguale a loro. Quella volta Zamberletti faticò a frenare la commozione.
Oggi non so dove sia volato ma spero gli giunga forte il mio saluto.






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