lunedì 13 novembre 2023

Sara, la farmacista himalayana




 


Sara Bianchi, ex alunna Vidoletti, farmacista in una nota farmacia di Varese, tante passioni ma una su tutte: la montagna. E’ appena tornata da un’avventura himalayana, che l’ha condotta – con altri varesini – al campo base dell’Everest e ancora più su, sino a sfiorare i 6000 metri. Le ho chiesto un breve sunto di questo cammino ad alta quota. Gentilmente ha risposto, raccomandandosi di farlo precedere da un grazie, rivolto a tutti coloro che hanno condiviso l’avventura, una conquista di gruppo. E un grazie speciale al capo spedizione Ngima, della agenzia ‘Unlimited Sherpa Expedition’. Un’impresa sportiva ma anche solidale, perché il gruppo ha portato vestiti e materiale a supporto della popolazione locale, nell’ambito del progetto ‘Okhaldhunga Nine Hills Association’

 

Ecco le parole di Sara: “Definirlo “trekking” è riduttivo. È stata un’esperienza di vita unica ed emozionante. Siamo entrati in contatto con i nostri limiti e li abbiamo superati supportandoci a vicenda. Un gruppo magnifico di amanti della montagna che si sono uniti per affrontare un viaggio di scoperta. Più di 140 km nella natura inviolata della valle del Khumbu, con i campanacci degli yak a fare da sottofondo al rumore dei nostri passi e del nostro respiro. Alcuni di noi si conoscevano, con gli altri ci siamo raccontati durante le lunghe ore di cammino, fino a comprendere le ragioni che spingevano ognuno di noi verso la meta. Un ricordo indissolubile saranno gli abbracci al Campo Base e in vetta al Kalapathar, tra lacrime e risate (e tanto affanno). La mancanza di ossigeno mette a dura prova, soprattutto quando diventa difficile fare anche le cose più semplici come sdraiarsi a letto per dormire. Questo ha reso ancora più emozionante la conquista dell’obiettivo, il trovarsi alla base della Sacra Madre di tutte le montagne, l’Everest. Uno dei ricordi che porteró sempre con me sarà un ballo improvvisato con Gaia, Elisa e gli sherpa su una pietra al Campo Base, sprezzanti dei 5364 mt di altitudine. Un altro la commozione nel vedere l’alba sulle vette più alte del mondo dalla cima del Kalapathar (5644 mt).

E poi tanti piccoli momenti delle lunghe giornate. Le risate, gli scherzi, i “40 minuti” che Ngima prospettava per qualsiasi spostamento, la mano dello yeti, le partite a “uno” e i compleanni festeggiati nei lodge. Il mausoleo a cielo aperto dedicato a chi ha perso la vita su quelle montagne, il maestoso Ama Dablam che ci ha sorvegliati per quasi tutto il cammino. E sì, anche il volo aereo da Lukla, definito l’aeroporto più pericoloso al mondo (e ora sappiamo perché).

Naturalmente tutto questo è stato possibile grazie a Ngima Sherpa, che insieme a Dawa, Sange, Bal Kumar e a tutti i portatori ci hanno accompagnati e guidati in questo incredibile viaggio.”


Nessun commento:

Posta un commento