Alcune sezioni della mia
libreria sono dedicate ad autori varesini. Non poteva mancare la sezione
Spartà. Non ho tutti i suoi libri ma un buon numero, sufficiente per aver
assimilato lo ‘stile Spartà’, che si ripropone anche nel suo ultimo lavoro, che
verrà presentato mercoledì 7 maggio, ore 20.45, Sala ‘Ambrosoli’ a Villa
Recalcati, piazza Libertà, a Varese, nell’ambito della Primavera della
Cultura-Premio Chiara 2025. Si diceva dello ‘stile Spartà’: si tratta di una
scrittura originale, consolidata in una carriera giornalistica che proprio in
questo 2025 raggiunge il traguardo dei 50 anni di iscrizione all’Albo dei
giornalisti professionisti della Lombardia. Gianni Spartà, messinese di
nascita, varesino da sempre e una laurea in giurisprudenza, ha preferito lasciare
la pergamena nascosta nel cassetto, perché dal cassetto ha estratto storie su
storie, cronaca raccontata che è andata accumulandosi in faldoni impolverati,
un peso che una scaffalatura in legno non ha più retto, gettando in terra ciò
che reggeva. Evento reale o immaginato, per dare il la al nuovo libro? Poco
importa, come poco importa che i fatti raccontati non siano in ordine cronologico,
ma gettati in pagina col desiderio di confezionare un libro che è ‘un
giro sulle montagne russe della memoria: pensieri sparsi, salti in avanti e
passi indietro, il sotto prima del sopra con un occhio ai lati, a costo di sembrare
strabici.’ Questo si legge alla fine del testo in quarta di copertina del
libro che ha per titolo ‘Soggetti smarriti’ (Macchione editore). Il
sottotitolo (originale la copertina, pensata dalla figlia dell’autore,
Francesca) è: ‘Mille storie cadute dall’alto’. E così, dopo ‘Questa è la storia’,
‘Se lo dice lei’ e ‘Tutta un’altra storia’, la trilogia fa quattro con un altro
volume, arricchito dalla prefazione di Giangiacomo Schiavi, firma del Corriere
della Sera. Già, ma di che si parla? Nel solco tracciato dai tre precedenti
titoli, Spartà ci prende per mano in un ipotetico anno, da novembre a novembre
(più i titoli di coda), descrivendo personaggi locali, nazionali e
internazionali, eventi lieti o drammatici, congiunture epocali o incontri con
personaggi minori, maggiori nella loro unicità. Tenendo fede alla sinteticità
giornalistica (capitoli di poche pagine), sfrondando il suo scrivere da ogni
banale appesantimento, citando spesso frasi illuminanti di altri, l’autore ci
mette naturalmente del suo e quel volto riappare, quell’episodio si
materializza, badando bene di non dare giudizi affrettati, perché
evangelicamente la zizzania non va separata dal buon grano ma va fatta crescere insieme. Altro non aggiungo, invitando alla lettura delle oltre trecento pagine
del volume, arricchito dalle immagini a colori dell’Agenzia Blitz. Mi permetto
solo un paio di richiami, presi dal prologo e dall’epilogo. Il libro, dedicato
alla moglie di Gianni, Paola, definita ‘la mia bussola’, è alla memoria
di Ezio Motterle, un giornalista varesino che ho avuto anch’io l’onore di
conoscere e di apprezzare. Fra i ringraziamenti finali ecco il nome di Mario
Lodi, ‘il mio primo direttore che mi insegnò, da giovane cronista, a
conservare scritti, fotografie e a tenere diari.’ Un consiglio che Gianni Spartà
ha seguito alla lettera, tanto da mandare in pezzi uno scaffale di legno. Incidente
provvidenziale, perché l’obbligo a riparare il danno ha generato ricordi, e
soprattutto il desiderio di scrivere, affinché si concretizzi ciò che Spartà
spera, citando a pagina 11 lo scrittore Alessandro D’Avenia: ‘A te che
leggi, scambiamoci l’anima: a questo serve leggere. Magari qualcosa ti è
sfuggito.’
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