Ho scelto questa foto giovanile di Raffaella Carrà per rispettare il suo desiderio: lasciare nel suo pubblico un ricordo della Raffaella migliore, in perfetta forma, fissata per sempre nel suo caschetto biondo e nel suo sorriso generoso.
Dico subito che non ho mai seguito Raffaella negli anni del suo successo: avevo altri modelli, altre canzoni. Solo recentemente, osservando alcune immagini televisive, ho apprezzato la sua vivacità, la sua energia, i suoi talenti.
Qui voglio riflettere sulla scelta finale: nascondere la sua malattia, per lasciare nei suoi fan il ricordo della Raffaella vitale e bella. Una scelta rispettabile, e forse anche giusta, non so. La mia recente esperienza di malattia mi fa pensare che quando si sta male in genere si è portati a chiudersi in se stessi, a invidiare chi sta bene, affidandosi solo ai medici e alle persone davvero vicine. Al più a Dio, se uno ci crede, e pare che Raffaella pregasse molto. Quindi mi verrebbe da dire che Raffaella ha fatto bene, ha fatto ciò che è naturale: difendere un'immagine decorosa di sé, soprattutto quando la malattia ti deforma, ti svilisce, ti imbruttisce. Già di per sé la vecchiaia è malattia ostica da digerire. Abbiamo però esempi di personaggi pubblici (penso a Nadia Toffa) che hanno fatto una scelta opposta, ammettendo la propria debolezza malata, la propria fragilità, e mostrando al pubblico che si può vivere la malattia e la prospettiva della morte con coraggio, senza nascondersi. E anche questa scelta è molto apprezzata, umanamente comprensibile.
Due strade diverse per accostarsi al nostro comune destino, al nostro inevitabile epilogo.
Nessun commento:
Posta un commento