Era il mese di ottobre del 2016. Finalmente il mio amico Leo si era convinto a tentare l’ascesa al Sacro Monte. Io avevo la giacca a vento, lui in maglietta. Adagio adagio, sosta ad ogni cappella, arrivammo al Santuario. Camminava, parlava, spiegava, prendeva fiato, ci ringraziava per averlo invogliato al cammino, ci sgridava per averlo caricato di fatica ma lo faceva con i suoi modi da gentleman, sempre controllato, atarassico, distaccato eppure empatico e simpatico. Io avevo fretta (come sempre) e non lo attesi in discesa, tornai a casa velocemente, lui mi raccontò poi che la discesa era stata piacevole e meno faticosa della salita. Era stato in grado di controllare la forza di gravità (per lui particolarmente sfavorevole) con leggerezza. Del resto era noto a tutti, viveva il suo sovrappeso senza farsi troppo appesantire, lo accettava, era superiore.
Un signore d altri tempi. Infatti ultimamente a scuola ci stava male
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