Basta che utilizzi il termine morte nel titolo di un mio post, e le visualizzazioni si moltiplicano. E' giusto che sia così: noi esseri viventi siamo assai interessati alla morte.
A fine anno, il quotidiano online Varesenews pubblica l'elenco degli articoli più letti dell'anno morente, mese per mese, e regolarmente gli articoli più letti sono quelli che parlano di morte. Non è certo una gran scoperta.
Cosa facciamo quando, nei pressi di una chiesa, notiamo il cartello che annuncia un funerale? Ci avviciniamo per leggere chi è morto e per sapere quanti anni aveva. Chi fa questi annunci sa che interessa anche quella, l'età, per questo la inchiostra. E se il morto è più giovane di noi allora ecco la nostra prima reazione (bene...io sono ancora vivo) subito corretta e schiaffeggiata da una più o meno falsa mestizia. Perché abbiamo in corpo l'istinto di sopravvivenza, e finché siamo vivi noi va tutto bene. Se però muore un bimbo allora (e per fortuna) siamo giustamente scandalizzati e in lutto. Lo scandalo e il lutto è presente e sempre più intenso se siamo affezionati al morto, inenarrabile e feroce se addirittura ci muore un figlio, un fratello...
Dov'è, o morte, la tua vittoria? si domanda San Paolo nella Prima lettera ai Corinti. La morte vince sul fronte degli ascolti. E perde solo nell'illusoria, potentissima speranza della resurrezione.
in foto: Crocifisso in Val Gardena
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