20.15 - Arcobaleno a Villa Toeplitz
purtroppo la foto è con un pessimo cellulare e non con la mia Canon
20.15 - Arcobaleno a Villa Toeplitz
purtroppo la foto è con un pessimo cellulare e non con la mia Canon
Il
Circolo degli Artisti di Varese, in festa per i cento anni di vita, non poco
deve di questi tempi ad Antonio Bandirali (foto in alto), che dal 2016 è presidente del
Circolo, dopo 22 anni di presidenza di Ferruccio Zuccaro (ora presidente
onorario). Bandirali, classe 1946, nativo di Crema, una laurea in architettura
e una grande sensibilità verso i temi fondamentali della vita, ha scelto la
macchina fotografica come compagna privilegiata dei suoi giorni. Definito ‘cacciatore
di luce’ o ‘pittore’, utilizza lo strumento fotografico al posto di pennelli e
tavolozza, per rappresentare i colori e le sfumature del creato. Realizzatore
di mostre e libri importanti, con riconoscimenti in Italia e nel mondo, Bandirali
ha preso a cuore il futuro del Circolo varesino, impegnandosi in prima persona
con passione. “Sono le idee che contano” dice, e le idee non gli difettano, nuovi
progetti sono sempre in cantiere, dopo averne portati a buon fine già molti, ad
esempio (e siamo nel 2015) la bella mostra al Castello di Masnago, con elegante
catalogo Lativa, su ‘La Commedia Dantesca’ illustrata dal Circolo degli Artisti
di Varese. Ma concentriamoci sull’ultimo progetto, differito di un anno causa Covid.
Facciamo riferimento al prezioso volume ‘Cento anni di storia, arte e costume
attraverso il Circolo degli Artisti di Varese’, recentemente presentato in Salone
Estense, volume che sarà completato da una mostra a Villa Mirabello.
Il
26 giugno del 1920, a soli due anni dalla fine della Prima Guerra Mondiale, con
il desiderio di dare impulso alla cultura, nasceva a Varese la Società ‘Amici
dell’Arte’. Fra i soci fondatori il direttore de ‘La Prealpina’, Giovanni
Bagaini e un altro giornalista, Gino Bonfiglioli, vari avvocati fra i quali
Guido Belli, il notaio Giuseppe Bonazzola, Mons. Luigi Lanella e noti artisti,
fra i quali Giuseppe Montanari, Domenico De Bernardi. Enrico Butti, Lia
Ambrosoli e Innocente Salvini. Non è dato sapere quale fu il motivo del litigio,
fatto sta che dopo un anno la Società si sciolse ma rinacque subito, con nuova
denominazione (Cenacolo artistico) e nuovo presidente (Neddu Mineo), Nel 1927
il fascismo prese in mano la situazione, fece morire il Circolo, raggranellò i
soldi in possesso del sodalizio e diede vita alle sue associazioni culturali.
Poi venne nuovamente la guerra ma al suo epilogo, nel mese di giugno del 1945,
tornò la voglia di rinascita e di cultura, il desiderio del bello dell’arte e
nacque il ‘Circolo degli Artisti di Varese’, ancora una volta sostenuto
soprattutto da Giuseppe Montanari, Angelo Frattini e altri artisti, coadiuvati
dagli avvocati Lozito e Castelletti. Aldo Lozito restò in carica come
presidente per ben 22 anni, alimentando il rapporto fra gli artisti delle arti
figurative (anima del Circolo) con musicisti, scrittori, fotografi, poeti. Ecco
allora comparire nomi importanti: Guido Morselli, Piero Chiara, Dante Isella,
Luigi Ambrosoli, altri ancora. Nel 1977 Lozito passò il testimone ad Angelo
Coralli, poi fu la volta di Emilio Giudici, Silvano Colombo, Fabrizia Buzio
Negri e Ferruccio Zuccaro, che mantenne l’incarico sino al 2016, quando venne
il tempo di Antonio Bandirali, attuale presidente.
Il
volume, riccamente illustrato, presenta testi di Raphael De Vittori Reizel (Un
secolo di storia), Antonio Bandirali e Ferruccio Zuccaro (Storia del Circolo
degli Artisti di Varese), Francesco Spatola (A che serve la cultura a una
città?), Matteo Inzaghi (La vita in circolo), Robertino Ghiringhelli (Un
varesino doc: Giovanni Bagaini), Maurizio Lucchi (La Prealpina non è più solo
carta), Fausto Bonoldi (Gli aspetti storici della città di Varese), Franco
Prevosti (Il Circolo degli Artisti di Varese e la galleria Prevosti), Daniele
Cassinelli (Il Novecento varesino), Silvio Raffo (Varese città giardino della
letteratura), Mario Chiodetti (La ruggente Varese delle arti), Alberto Bertoni
(Flaminio Bertoni, createur de formes), Enrico Brugnoni (Luoghi della ceramica
nel varesotto…) e Chiara Ambrosoli (Società Storica varesina).
Seguono
poi le illustrazioni delle opere dei Maestri del Novecento, infine gli artisti
del Circolo di Varese, presentati con la loro biografia e un’opera. Il volume
si chiude con l’Epilogo del presidente Bandirali e un simpatico cruciverba.
Buon onomastico a tutti i Paolo, Pietro, Paola che conosco (e sono tanti) e in particolare a mio fratello Paolo.
Perché parlo qui della Scuola per l'Infanzia 'Camilla Riva Foscarini' e dell'asilo nido 'il Bozzolo'? Perché è frequentato dai miei nipotini e si trovano bene. "Andiamo all'asi, andiamo all'asi...." ripetono sgambettanti. E poi ho avuto modo anch'io di constatare la validità delle maestre, della struttura...Non mi dilungo, perché potrei apparire di parte quindi poche credibile. Il resto lo scopra chi è interessato.
Scuola materna e asilo nido sono a Cartabbia (via Stoppani 7). Tel 0332.240883 mail: scuolainfanziafoscarini@virgilio.it
La scuola ha anche una pagina facebook.
"Andiamo all'asi...andiamo all'asi...!"
In fondo siamo anche un po' patetici quando cerchiamo di valorizzare al massimo ciò che facciamo (soprattutto in ambito artistico) sapendo benissimo che tutto è già stato scritto, cantato, dipinto, recitato, scolpito, suonato...e tutto è già stato realizzato molto molto bene da altri. Eppure...Mettiamoci nei panni di uno scultore che non ama l'astrattismo: guarda la Pietà di Michelangelo e depone mestamente e subito lo scalpello, come fosse incandescente. Eppure...Eppure ci proviamo, a volte siamo felici...a volte persino ci esaltiamo. Taluni, dimentichi che esiste l'oggettività, si crogiolano dentro il più inverosimile dei deliri di onnipotenza, immaginando talenti che non hanno, successi che non meritano...eppure ci credono e vanno avanti. Del resto non abbiamo alternative: o l'autostima o la depressione.
La
canzone in dialetto bosino ‘Valzer par Varés’ è stata scritta (parole e musica)
da Carlo Zanzi nell’estate del 2007. E’ stata presentata la prima volta al
pubblico il 16 novembre di quell’anno, in occasione della ‘prima’ di Agenda
Varese 2008, in Salone Estense a Varese, cantata in abiti tradizionali da Lidia
Munaretti e Antonio Borgato, eseguita alla chitarra da Carlo e Guido Zanzi
(foto in alto). Il canto è stato poi riproposto varie volte, sempre cantato dai
coniugi Borgato, che lo hanno inserito in un loro cd di canti tradizionali in
dialetto varesino. Il primo video del brano è della primavera del 2010, durante
la Festa dei poeti al Caffè Zamberletti, sempre cantato da Antonio e Lidia, con
base musicale realizzata da Marco Zanzi. Intorno al 2015 il Gruppo Folk Bosino,
ad opera del Maestro fisarmonicista Stefano Capra, realizza una sua versione di
‘Valzer par Varés’, che viene eseguita più volte; si può trovare anche in un
video, datato maggio 2017, girato in occasione della festa per i 90 anni del
Gruppo Folk varesino. Nel mese di giugno del 2021 viene realizzato il video
ufficiale di ‘Valzer par Varés’, con la prima versione del canto, lievemente
modificata nel testo. Il video, opera della videomaker Valentina Zanzi, riporta
la versione cantata da Carlo Zanzi, alla chitarra Guido Zanzi, chitarra e basso
Umberto Bellodi, fisarmonica Giuliano Mangano. Il video si trova su youtube
carlo zanzi valzer par vares official video.
Ecco
il testo della versione dell’official video.
Valzer par
Varès
Ul Signùur l’eva bun,
ul Signùur l’eva in bona;
l’ha pensà: “Fo un belée”
e Varés e Varés l’eva in pè.
Ul munt Rosa l’è rosa al matin,
quand ul su ‘l bòfa cuntra ul sò
fiàa,
quand i niul fann l’inchìn al seren,
saltà föra dul lètt a l’è ‘l mèn.
La Madona dul Munt l’è ‘n diamant,
la lüsenta me l’or d’un tesor,
rampegà la rizzàva e i capèll
var püssèe che la fama e i giuièll.
Ul regiù di nost ter, Camp di Fiùur,
al sa fa carezà da l’arièta
pö, cuntent da vess lì, diss: “Mò
spècia”
e regala ai nost gent piant e fiùur. Ul Signùur….
La basilica e ‘l gran campanil,
la piazèta e ‘l so Garibaldin,
sòta i pòrtigh, da sira, d’estàa,
vegn da dì: “Var la pena campà”.
Ma Varès a l’è ‘l tràfich che spüza,
in i cà vegnì sü tutt un bòtt,
pü nissün sa ‘l dialètt di nost
vecc,
e la gent la g’ha prèssa, fa frécc. Ul Signùur…
Ul Signùur varda giò e sal dìis?
G’ha pazienza, perdona, capìss:
“Ai busìtt mi g’ho dai ‘n gran Varés,
un zichìn l’han trasà, ma rincréss,
ma che l’altar tuchèll resta bèll,
chela lì l’è la vùus ca cumànda,
porta föra da cà, la ta incanta,
ta ven voja da fa ‘l riturnèll”. Ul Signùur…2 volte
giugno 2021
Buona pensione, cara Carla.
Basta che utilizzi il termine morte nel titolo di un mio post, e le visualizzazioni si moltiplicano. E' giusto che sia così: noi esseri viventi siamo assai interessati alla morte.
A fine anno, il quotidiano online Varesenews pubblica l'elenco degli articoli più letti dell'anno morente, mese per mese, e regolarmente gli articoli più letti sono quelli che parlano di morte. Non è certo una gran scoperta.
Cosa facciamo quando, nei pressi di una chiesa, notiamo il cartello che annuncia un funerale? Ci avviciniamo per leggere chi è morto e per sapere quanti anni aveva. Chi fa questi annunci sa che interessa anche quella, l'età, per questo la inchiostra. E se il morto è più giovane di noi allora ecco la nostra prima reazione (bene...io sono ancora vivo) subito corretta e schiaffeggiata da una più o meno falsa mestizia. Perché abbiamo in corpo l'istinto di sopravvivenza, e finché siamo vivi noi va tutto bene. Se però muore un bimbo allora (e per fortuna) siamo giustamente scandalizzati e in lutto. Lo scandalo e il lutto è presente e sempre più intenso se siamo affezionati al morto, inenarrabile e feroce se addirittura ci muore un figlio, un fratello...
Dov'è, o morte, la tua vittoria? si domanda San Paolo nella Prima lettera ai Corinti. La morte vince sul fronte degli ascolti. E perde solo nell'illusoria, potentissima speranza della resurrezione.
in foto: Crocifisso in Val Gardena
E’
mia consolidata abitudine, dopo cena, nelle sere più luminose dell’anno, quando
il dì resiste a lungo prima di lasciare il passo alla notte, camminare lungo i
viali di Villa Toeplitz a Sant’Ambrogio Olona. Ho la fortuna di abitare a cento
metri dall’imponente cancello in ferro battuto. Cammino adagio, nel silenzio,
fra canti d’uccelli, gli ultimi cri cri dei grilli campagnoli e i primi,
zigzaganti voli dei pipistrelli: una preghiera rivolto al vicino camposanto,
uno sguardo ai giochi immaginando bimbi felici, la curva sulla sinistra, l’ampio
panorama verso Induno, il Monte Orsa, il Generoso, alla mia sinistra la Villa. Continuo
in salita, il castagneto, la piscina quadrata con le quattro rane dalla bocca
che sputa acqua, quindi il grande prato, i giochi d’acqua, la scalinata, la fontana
circolare, la collina che sale, abbracciata dal bosco. Mi siedo su una delle
panche vicino al campo da tennis, guardo il tramonto e penso. Immagini,
ricordi, pensieri distratti e un senso di riconoscenza per la pace, la
bellezza, la quiete. Oltre gli alberi davanti a me vedo i palazzi edificati
negli anni Sessanta, che da via Vico salgono in via Casluncio, alloggiati sopra
la collina dei Barù. La riconoscenza si fa vicinanza alle mie radici paterne.
Noi siamo Zanzi Barù, perché i miei avi venivano proprio da quella collina. Mio
padre Mario, negli anni Trenta, giocava su quelle balze cariche di alberi da
frutta, allungando la vista oltre il confine di Villa Toeplitz, sperando che la
bella proprietaria ancora una volta invitasse lui e tutta la sua classe della
scuola elementare ‘Canetta’ ad una merenda in villa. E con mio padre ecco mio
zio Francesco, suo fratello, che fu giardiniere dei Toeplitz ed era solito
ricordare, da fungiàtt sopraffino, la raccolta di meravigliosi porcini negli
angoli del parco che lui ben conosceva ma che non amava rivelare. Quindi,
quando anche l’abbondante chiarore estivo si rabbuia, mi alzo e torno a casa.
Dal
mese di maggio del duemilaventuno, cioè da quando è andato in stampa e ho avuto
la possibilità di leggerlo, ho uno strumento in più per amare villa Toeplitz e
il suo parco. Devo quindi riconoscenza a Bruno Belli, che ha raccolto il suo
sapere ‘toeplitziano’ nel volume ‘Villa Toeplitz di Varese’, edito da
Macchione. Centocinquanta pagine in carta patinata, arricchite da preziose foto
d’epoca e foto attuali di Eugenio Manghi.
Belli
non è certo uno che improvvisa, che fa le cose alla carlona, come diciamo noi lombardi.
Ama approfondire, documentarsi, scavare nel passato con una precisione
certosina. Il libro in questione è quindi un concentrato di dati e nomi, di
note critiche e di aneddoti per lo più sconosciuti. Si parte con brevi
considerazioni storiche sui soggiorni in villa a Varese dal XVII al principio
del XX secolo. Il secondo capitolo è dedicato a Jozef Leopold Toeplitz e alla
moglie Jadwiga Mrozowska: se il banchiere Toeplitz ha messo i soldi, la bella moglie
(attrice, esploratrice, scrittrice, donna dai molti interessi) ha immaginato e
realizzato i suoi sogni nella villa e soprattutto nel parco. Detto dei coniugi
Toeplitz, l’autore si sofferma con accuratezza nella descrizione della
proprietà: villa e parco. Quindi si va oltre i Toeplitz, con i nuovi
proprietari e infine l’acquisto da parte del Comune di Varese, il parco reso
pubblico e molto frequentato. Il capitolo quinto descrive il patrimonio arboreo
(davvero sorprendente) e la fauna. Infine (oltre alle già citate immagini) un’appendice
è dedicata al rapporto attuale fra la Villa e l’Università degli Studi dell’Insubria.
Si
legge in quarta di copertina: ‘Il complesso di Villa Toeplitz è uno dei
massimi esempi di eclettismo architettonico che si riflette adeguatamente nel
parco, considerato oggi uno dei dieci più belli d’Italia…Fu soprattutto Edvige
Toeplitz, donna di molteplici interessi, a disegnare il parco secondo la
propria sensibilità e le suggestioni in lei nate durante il viaggio in Kashmir…La
villa, acquistata dal banchiere Giuseppe Toeplitz nel 1914, fu ampliata e
disegnata secondo le esigenze dei proprietari, che ne allestirono così un
unicum in Italia…’
Il
volume può essere acquistato nelle librerie varesine o tramite il sito
www.macchionepietroeditore.it
Sono vicino con un abbraccio e la preghiera al mio amico Giulio De Palma, già Comandante dei Vigili del Fuoco a Varese, mio compagno di liceo al 'Cairoli', in lutto per la morte di suo papà Pietro.
Ho rivisto Giulio di recente (foto) e mi parlava di suo padre, molto malato. Lo ricordo negli anni Settanta, quando a comandare i pompieri di Varese era proprio il papà di Giulio e noi, suoi amici, avevamo libero accesso in caserma. Si studiava e si giocava a biliardo e a tennis tavolo.
Che afa fa. Oggi inizia l'estate ma da giorni è estate caldoumida...pensare che vivo in una zona di Varese fresca di natura. Però questo caldo mi riporta a 'Un dramma borghese' di Guido Morselli: la calura che abbassa le difese, che assopisce il corpo e l'anima. Gambe pesanti e mente piatta.
Da poco passata la mezzanotte di questa domenica 20 giugno mi arriva un messaggio al cellulare: mia figlia Caterina mi faceva gli auguri per la festa del papà. Ho faticato ad addormentarmi, pensando che mia figlia fosse fuori di testa, per confondersi il 19 marzo con il 20 giugno. Al mattino ho chiesto spiegazioni a Google e ho scoperto che nella maggior parte dei paesi del mondo (compresi gli Usa ma non l'Italia) la festa del papà si festeggia la terza domenica di giugno. Ho ringraziato quindi Caterina, perché un papà val bene due o tre feste!!!!!
Il effetti il 1959 è un anno davvero importante. Tralasciamo i nomi dei protagonisti e le innumerevoli riunioni occorse per addivenire all'acquisto del terreno. Basti sapere che il terreno destinato alla nuova chiesa fu di 10.000 mq, 6000 dei quali acquistati ad un privato con la spesa di lire 16 milioni, e i restanti 4000 di proprietà della parrocchia di Velate. In cambio la parrocchia vendette al Comune il terreno necessario alla nuova scuola di Avigno...Ma l'acquisto del terreno fu solo il primo passo; bisognava edificare la nuova chiesa. Don Luigi non lasciò certo che fossero altri a muoversi per primi. Spedì lettere al Cardinale Arcivescovo Montini, interessò quanti avrebbero potuto aiutarlo ma la Curia, come suo costume, si mosse con esasperante prudenza. Il 15 maggio 1961 è il Cardinale Giovan Battista Montini, in visita pastorale a Velate, a posare la Prima Pietra della nuova chiesa, che viene dedicata a San Giovanni Battista (don Luigi avrebbe preferito la dedica alla Madonna di Fatima)...
Oggi, sabato 19 giugno, alle ore 18.15, nella chiesa di Luvinate, verrà celebrata una Messa in ricordo di Francesco Andreotti detto Cecco, morto prematuramente anni fa. Eccolo sulla destra con l'amico Carletto Maroni, in tribuna ai Mondiali di ciclismo a Varese. settembre 2008. Entrambi ottimi ciclisti, Cecco era un infermiere professionale che in molti ricordano per la sua generosità e professionalità. Siamo cresciuti insieme all'oratorio di Biumo Inferiore. Lo chiamavano 'acciuga' per il suo fisico esile, che lo ha aiutato sulle molte salite della sua carriera ciclistica.
La sua raccolta di racconti 'Il commissario e la badante' (Guanda), che partecipava al Premio Chiara 2021 editi, ha vinto nella Sezione Segnalati, una sezione che intende promuovere un libro di racconti non giunto in finale, di un autore felice interprete del territorio insubre. E' la prima volta nella storia del Premio Chiara che un vincitore del Premio Chiara Giovani (era il 1998) viene poi segnalato fra gli Editi con una sua opera.
Questa sera, venerdì 18 giugno, alle ore 18, nella chiesa parrocchiale di Biumo Inferiore, verrà celebrata una Messa per Elena.
Mia figlia Valentina, fotografa, ben conosce il mio amore per le rondini, annuncio di primavera. E mi ha donato questa bellissima foto artistica, 65 rondini di Castelleone, quanti sono i miei anni.
Sono commosso.
Enea
Biumi è in fase di seconda giovinezza. Da sempre attivo nel mondo delle
lettere, anche quando era docente di italiano negli istituti superiori, era
però restio a dedicare troppo tempo alla scrittura, sia perché il lavoro era
costante, sia per un riguardo diciamo di tipo morale: in fondo la scrittura non
è un po’ una perdita di tempo? Per fare del bene all’umanità, può bastare
mettersi a tavolino ed inventare storie? La pensione ha liberato Enea da questi
riguardi e oggi la penna scivola veloce, sia in poesia che in prosa. Ora è il
tempo della prosa, ma già una raccolta di poesie ha un contratto firmato e fra
poco sarà in stampa. Stiamo all’oggi e alla raccolta di racconti ‘La maestrina
del Copacabana’ (Genesi editrice). Si tratta di cinque racconti, meritevoli del
premio ‘I Murazzi per l’inedito 2020’, premio già vinto nel 2018 con il romanzo
‘Rosa fresca aulentissima’. Cinque racconti, che richiamano alla mente pagine
di Piero Chiara, ma anche di Giovannino Guareschi ma soprattutto ci riportano l’Enea
Biumi che avevamo incontrato con il romanzo sopracitato. Lo ritroviamo come
suonatore di pianobar nel primo racconto, quello che dà il titolo alla
raccolta; lo rivediamo come professore nella seconda storia (Bocciofila Cartabbia);
ecco il suo amore per la poesia, soprattutto per Giuseppe Ungaretti, nel terzo
racconto (Una corolla di tenebre). E chi è ‘Aristide Giovanni Principe Turibbio’
se non l’autore, quindi ogni uomo, posto di fronte all’epilogo, al soffrire nel
disfacimento e nella perdita, che si affida ai ricordi delle bravate giovanili
per sopravvivere? Infine l’ultimo racconto, ‘Il Windsurf’, un fitto dialogo,
uno sparlare e parlare dei fatti altrui. Biumi non si affida all’originalità
stilistica, che nella ricerca del nuovo dimentica la leggibilità: punta ad
essere facilmente inteso soprattutto con dialoghi invitanti, frasi brevi,
periodi mai complicati, dove non manca il dialetto bosino ma anche il latino,
parole ricercate (e qui il professore ogni tanto prende la mano) ma nel
complesso la lettura scivola veloce nella discesa del piacere, che ogni lettore
ricerca. Una scrittura popolare e insieme raffinata, una trama mai banale ma
nemmeno indecifrabile. E sotto sotto c’è l’autore, con il suo antimoralismo, la
sua capacità di accontentarsi godendo del quotidiano, il suo sguardo distaccato
e insieme accogliente verso i peccati degli uomini, più disposto ad accettare
cadute incespicando nei sassi della passione, piuttosto che il peccato di
eccesso di giudizio e pregiudizio. Valga a completamento di questa mia
sintetica analisi la motivazione della giuria del premio ‘I Murazzi’: “…I
cinque racconti risultano ambientati nell’arco di anni che vanno dagli albori
del fascismo fino all’affermazione in Italia della civiltà dei consumi e del welfare,
ma mantenendo uno sguardo di particolare attenzione alle tradizioni del ceto
contadino e per lo più piccolo borghese…Lo stile narrativo è allo stesso tempo
facondo e schietto, con un timbro di astuzia popolare che mette a fuoco la
gioia di vivere, ma anche gli inciampi della malasorte e la tentazione ai
sotterfugi o agli inganni…”
Un
assaggio? Eccolo, preso dal primo racconto:
“Sì,
ma anche quel seno…” balbettò la preside.
“E’
una donna, del resto…figlia di sua madre” e nell’affermarlo, ella cercò di
mettere in risalto quello che ormai non c’era più: i suoi anni infatti stavano
mostrando tutta la loro esecranda malignità per aver fatto decadere la
prosperosità di un tempo…
Come
già scritto, Enea Biumi (pseudonimo di Giuliano Mangano), docente in pensione,
ama la narrativa, la poesia, la musica, il teatro. Da nomade interiore, ama
spaziare nei campi dell’arte e lungo le strade del mondo. Ha al suo attivo
svariate pubblicazioni in prosa e poesia, collaborazioni a riviste. Consiglio
di prendere visione del suo blog (il blog di Enea Biumi).
Il
libro è presente in alcune librerie varesine, lo si può ordinare online anche
alla casa editrice (genesi@genesi.org) o
direttamente all’autore, che ha una pagina facebook.
Il 16 giugno 2008 moriva Mario Rigoni Stern, scrittore. Qualche anno prima venne a Varese, vincitore del Premio Chiara alla carriera (foto). E' senz'altro uno dei miei scrittori di riferimento. Ricordo che allora, durante il pranzo al Palace, si lamentava per il mal di gambe. Ho recentemente visto alla tele un'intervista a Mario. Cosa mi piace di lui? Come scrittore la semplicità e correttezza della scrittura. E come uomo? Non so, non lo conosco bene, anche se molto di lui traspare dai suoi scritti. Mi piace certamente il suo amore per la natura, i silenzi, per le parole misurate. Anni fa sono stato sull'Altopiano di Asiago. Ho respirato il profumo di quei boschi.
Felice anniversario di battesimo a mia nipotina Sofia, battezzata il 16 giugno 2019 (foto). Io, indegnamente, sono il suo padrino.
Un bel regalo per il mio 65° compleanno. Ecco la prima foto del concorso (da me indetto) 'Fissa la rondine in volo'. Si tratta di una rondine di Castelleone (Cremona), fotografata da mia figlia Valentina. Poiché il regalo è un mio libro, e lei li ha già tutti, vedrò di ripagare in altro modo lo scatto. Il concorso continua e se arriveranno più di 5 immagini, la migliore (scelta da una giuria di un solo componente, io) avrà un ulteriore premio (vedremo cosa).
Inviare a carlo.zanzi@teletu.it
Lo so, non è facile fotografare una rondine in volo, ma visti i premi vale la pena provare!
Sono le 5 e 6 del mattino e sono 65...i miei anni. Tanti? Pochi? Dipende dalla salute fisica e mentale. Un anno fa non ringraziavo i miei genitori per il dono della vita e mi sentivo vecchio e insensato. Sofferente. Oggi li ringrazio e vivo in quell'illusorio stato di tranquilla attività, capace di farti dimenticare la morte e il suo potere. Condizione essenziale per vivere dignitosamente. E poiché sto bene, metto la firma a questo giorno: che duri a lungo.