Il grande cuore di Varese
di Gianni Spartà
Settemila donatori hanno consentito alla Fondazione Circolo della Bontà di acquistare e consegnare macchine salvavita a ospedali in affanno durante la pandemia. Un pianoforte e un murales simboli della splendida gara d’amore. Perché una fondazione che per il Covid, contro il Covid, ha donato agli ospedali del territorio macchine salvavita, respiratori, ecografi, camici, mascherine, tecnologie d’avanguardia per analizzare i tamponi, adesso ha commissionato un murale a un artista di strada? Perché sempre questa Fondazione mette un pianoforte nella Hall del Circolo, lo chiama MI FA SOL BENE e un giorno che un giovane medico lo suona dopo una giornata in Terapia intensiva - era distrutto - questa esibizione ripresa in maniera del tutto casuale, finisce sulle tv di mezzo mondo, niente meno che sulla Bbc in prima serata?
Beh
queste domande sono lecite: dobbiamo sostenere, aiutare, affiancare, ricreare
un ponte tra i cittadini e i loro ospedali, dobbiamo fare in modo che la loro
fiducia non venga meno. Vero. Verissimo. Ma se questa pandemia ci ha insegnato
qualcosa portandosi via una generazione, togliendoci il respiro; se ci ha
toccato l’anima, oltre ad aver devastato tanti corpi, beh ci sta cambiare il
punto di vista: gli ospedali non sono solo sale di rianimazione, camere
operatorie, regni della clinica, sono anche luoghi di civiltà. E ora o mai più
la civiltà, che poi significa esistere, esige condivisione, compassione, umanità,
attenzione per la bellezza.
Che
cosa più dell’arte cura questi valori: da qui il progetto CurArti della
Fondazione Circolo della Bontà.
A
Bergamo hanno piantato alberi per ricordare i loro morti, a Varese grazie
all’arte di Andrea Ravo, che è di queste parti ma ha sparso il suo talento in
mezzo mondo, abbiamo secolarizzato un San Sebastiano assistito da una vedova,
Irene, che l’ha portato a casa sua e si è preso cura di lui. Lui che insieme
con San Rocco è invocato a protezione delle peste.
La
scena di George de la Tour, pittore francese cinquecentesco, è notturna,
caravaggesca, con quella combinazione di linee e ombre. Ma sullo sfondo la luce
di una candela tiene vivo un bagliore. E’ la metafora di quanto è accaduto.
Fate
conto che Irene stia inoculando il vaccino salvifico nelle carni di San
Sebastiano. Adesso questo murales ricorderà ai posteri che le hanno dato voce i
cittadini attraverso una Fondazione.
E’ stato
bello vedere Andrea Ravo che pareva suonare un’arpa pizzicando muri con la sua
bomboletta. E’ stato bello sentirgli dire: ho lavorato accanto a musei
cattedrali palazzi del potere in mezzo mondo, sono stato ambasciatore
dell’inarrivabile cultura italiana, ma dipingere la parete di un ospedale della
mia terra, in questo momento, mi dà una forte emozione. Ma è stato bello sapere
che, grazie alla professoressa Anna Maria Ferrari, che con spirito di
solidarietà guida e partecipa al progetto CurArti, duecento studenti dei licei
hanno seguito a distanza (ci erano abituati) il lavoro di Ravo. Il quale ogni
tanto si fermava e gli spiegava la sua tecnica. E poi nelle aule virtuali
insegnanti entravano nei particolari con lezioni di storia dell’arte.
Bene,
San Sebastiano s’è affidato a qualcuno. Lo stesso hanno fatto migliaia di
benefattori, più di settemila per la precisione, sostenendo, attraverso le raccolte fondi del
Circolo della Bontà, la mano caritatevole di Irene. Per mesi negli ospedali di
Asst Sette Laghi hanno capito che mentre là dentro medici e infermieri curavano
e lo facevano con fatica qui fuori qualcuno si prendeva cura di loro.
Mettersi
al servizio di una comunità da un punto di osservazione che torna a essere
strategico: la sanità pubblica, cioè la salute di ciascuno. Riscoprire il ruolo
dei privati a beneficio di luoghi socialmente rilevanti: gli ospedali di Varese
e del Verbano. Con questi obiettivi è nata nel novembre del 2011 la Fondazione
“Il Circolo della bontà” (www.ilcircolodellabonta.it).
La gestisce un consiglio d’amministrazione composto da professionisti e
imprenditori, la sostengono le risorse iniziali di benefattori che hanno
accettato in chiave moderna una sfida antica, la pervade uno spirito
volontaristico e rigorosamente no profit che persegue una necessità riassumile
in uno slogan: prendersi cura. Perché
una Fondazione generalista destinata a dare valore aggiunto privato a un
servizio che è pubblico e che ci paghiamo con le tasse (evasori a parte,
sanguisughe di servizi rubati)? E perché chiamarla così, ‘Il Circolo della
Bontà’? Due risposte. La prima: la sanità ha conti precari, rossi come quelli
di tutti gli altri bilanci statali, aiutarla con responsabile civismo era
encomiabile facoltà, è diventato indispensabile bisogno. La seconda: bontà è un
valore che pare dimenticato in tempi di cinismo. Fa più effetto di solidarietà,
sussidiarietà, ma bontà è una parola universale. Un’indagine statistica,
seriamente condotta, segnala che in Italia circolano beni senza eredi per 105
miliardi di euro. E’ stato definito il “tesoro della solitudine” e da questa
realtà, verificata, siamo partiti per costituire questo tipo di Fondazione che
potremmo definire autenticamente civica. Il messaggio è stato subito raccolto
da una serie di soggetti: la Fondazione Cattaneo in persona di Achille e
Roberto Babini, Paola Bassani in ricordo del marito Giovanni Valcavi, che fu
presidente del Circolo, Ginetta Bianchi, personaggio conosciutissimo (ha
lasciato un immobile all’ospedale
impegnandolo a girarlo alla Fondazione), l’industriale Francesco Piero Macchiu,
I dipendenti degli ospedali, raccolti sotto il cappello del Cral, sono stati i
primi a dire: noi ci crediamo, ecco il nostro contributo. La porta è aperta a
tutti. Per il bene di tutti.
Nessun commento:
Posta un commento