tramonto sul Monviso
Non
chiedere all’autunno d’inventare
quelle
infinite sere ebbre di luce
quando
seduti, mano nella mano,
liberi
da fatiche e da segreti,
s’attendeva
che morisse il sole
per
ascoltare il vagito delle lucciole
e
la gioia gorgogliava pura e chiara,
il
dolore non era affare nostro
né
fastidi, e la lama di zanzara
era
innocua, innocente il calabrone.
Non
chiedere all’autunno di tradire,
dovrà
dire che c’è stato inganno,
favorendo
col buio il nostro sonno:
sarà
il dono più grande, il suo regalo.
E
siamo qui, senza più potere,
con
l’anello che cozza sull’anello,
fingendo
ancora che non esiste inverno,
tornando
a quell’estate, a quelle sere.
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