Pubblico delle grandi occasioni ieri sera in 'Sala Ambrosoli' di Villa Recalcati a Varese, convenuto per la presentazione del libro 'Quando il fascismo dettava la dieta' (People edizioni). Sottotitolo: La propaganda a tavola, tra sovranità alimentare e autarchia. Autore il prof. Enzo Laforgia, docente di scuola superiore e attuale assessore alla cultura del Comune di Varese. Con lui la giornalista di VareseNews Stefania Radman e il docente universitario Antonio Orecchia.
Il volume alterna momenti 'leggeri', più che digeribile, simpatici, soprattutto nella sezione dedicata alle ricette, ad altri piuttosto indigesti, ovviamente non per pesantezza di scrittura ma perché l'argomento si sofferma su un italico ventennio non proprio appetibile. Si tratta di una ricerca storica rigorosa e insieme assai leggibile, che affronta un aspetto di un tempo dove la politica, volta alla 'costruzione' di un nuovo modello di italiano, entrava in ogni settore della vita del cittadino, quindi anche in quello alimentare. E su tutti lui, Benito Mussolini, che affermava di mangiare parcamente (eppure non è che fosse magrissimo!), niente eccessi, niente tabacco, niente alcol, assolutamente bandita la pennica pomeridiana, indice di pigrizia, niente affatto consona al nuovo modello di virilità. Così dicasi per i carboidrati, per la pasta in particolare, e qui il futurismo imperante ci mise la sua parte: un italiano dinamico non poteva mostrarsi con la pancetta. E via con le indicazioni, le ricette, i consigli se non gli obblighi, il tutto condito però con le restrizioni di materia prima, portate dalle sanzioni (a seguito dell'avventura coloniale africana) e dal mito dell'autarchia: si faccia tutto a casa nostra. Ma il tutto divenne presto il poco, e poi il niente.
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