Si può sapere.
Il paese si trovava
a una certa distanza dal borgo grosso, e quando perse la propria indipendenza
entrando a far parte della sua amministrazione vi fu, fra gli abitanti, chi
salutò la cosa con gaudio, immaginando un futuro roseo.
Vi fu anche, però, chi diffidava, quasi prefigurando il fatto che i vari
personaggi che si sarebbero succeduti nel compito di amministrare avrebbero
consentito, e a volte determinato, il fatto che la distanza chilometrica del
vecchio paese nel corso degli anni sembrasse moltiplicata, invece che
diminuita.
L'uomo pensava a
queste cose, mentre nel traffico procedeva verso la casa dei suoi genitori; e
in effetti trovava naturale che i suoi ex compaesani nel definire loro stessi
preferissero l'aggettivo derivante dal nome del paese, a quello della città.
Facendo attenzione a
non perdersi il momento in cui, lungo il viale, in uno dei pochi spazi lasciati
liberi dalla furia costruttrice si poteva ancora godere della vista dei monti,
pensava alle cose che doveva fare. Ma era assillato anche da una preoccupazione,
da diverso tempo; si trovava in una di quelle crisi che ogni tanto gli
capitavano. Sentiva che le cose nella sua vita procedevano come stancamente,
come se non avessero un motivo, una ragione di essere. Si impegnava nel lavoro,
cercava di tenersi in forma, si dava da fare, ma gli sembrava che le cose
avessero perso il gusto.
Arrivato al
cancello, si trovo' davanti il prete, “in divisa e con gli arnesi”, come aveva
letto in un bel libro. “Ciao Don, è già
ora di benedizioni natalizie? Siamo solo in ottobre! Mi stai diventando come il supermercato che ha già in vendita
i panettoni?”
“Questa battuta me
l'hanno già detta in dodici, oggi. Se voglio girar tutte le case devo iniziare presto. Come
faccio a vederli tutti, i parrocchiani, altrimenti?”
“Ma sì, lo so; me
l'ha detto la mamma, che tu fai così: e sei anche l'ultimo parroco che ha una
parrocchia e non una mezza provincia...”
Entrarono, accolti
dalla coppia di anziani, contentissimi della visita, che fu velocissima.
“Aspetta Don, ti
accompagno. Sei stato un fulmine.”
“A volte basta poco,
ed è dalle piccole cose che nascono quelle grandi. I tuoi sapevano che sarei
arrivato, e hanno già fatto il presepe. Anche lì la statuina più importante è
quella più piccola.”
Uscirono.
“Questa casa è già
benedetta dalla presenza dei tuoi genitori, Lorenzo. Vengo a trovarli, appena
posso.”
Rientrato in casa,
osservo' per un lungo istante i suoi genitori, l'uno intento a leggere, l'altra
a lavorare a maglia.
“Ma si può sapere di
cosa siete contenti?”, chiese. Perché si vedeva, che erano contenti.
“E come si fa a non
essere contenti dopo la benedizione della casa?”, sua madre, prontamente.
Suo padre si alzò, e
gli disse “Vieni con me.”, e si spostarono nella camera da letto. Prese una
cartelletta dalla libreria, e da lì una matita, ormai corta. Uguale a quella
che usava per scrivere i suoi bigliettini per i figli, quando si alzava presto
per andare a lavorare; dando un compito per la giornata, oppure solo un
pensiero, a volte (almeno nelle intenzioni) divertente. Concludendo sempre con
un'esortazione a fare la cose per Bene. Maiuscolo.
“Vedi Lorenzo,
quello che ha detto il Don sulle cose piccole mi ha fatto venire in mente
questo: sai che è stato il primo regalo che mi ha fatto la mamma?”.
Non lo sapeva.
“Non eravamo ancora
fidanzati. Una cosa da poco, forse, con un biglietto che diceva che con questa
potevo scrivere quelle tremende battute che la facevano stare bene. Da lì ho
iniziato a capire che non le ero per niente indifferente. Da lì ho iniziato a capire
che forse ero chiamato a farle compagnia, perché questo rendeva tutto più
bello. E' così che per me ha più senso tutto, anche la fatica. Perfino il
dolore.”
Quella sera un uomo
ripercorse la stessa strada dell'andata, sorridendo, con una matita che
ballonzolava sul cruscotto.
Simone
Mambrini
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