venerdì 21 dicembre 2018

Natale anno domini 2012

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Natale anno domini 2012
di carlozanzi



E devo ammettere che quel tipo aveva ragione.
Ma andiamo con ordine.
Imudapagarelievedolenziaalventrefrettaincombenteocchionervosonessunospazioallacomprensionepazienzaevaporata: avvolto da questo parolone mi avvicinai un giorno del 2012, non lontano dal Natale, ad un Servizio Clienti di un supermercato. Dovevo svolgere una pratica per me inutile ma necessaria alla famiglia, avevo davanti a me tre persone.  Dopodiché avevo altri tre impegni, tutti noiosi, prima di poter accedere ad uno spazio rilassante della giornata, condizionato però dal tempo: potevo starci dentro ma potevo anche non starci dentro. Dipendeva anche da quei tre davanti a me.
Le persone in questione erano in apparenza elettrizzate da nervosismo prenatalizio, avevano premura, la data si avvicinava. Lo si capiva al volo, ma più di tutto si annusava lo stress montante della signorina deputata a svolgere quella mansione. Pensai che era davvero una brutta mattina per lei, e questo pensiero mi fece capire che conservavo dell’umanità, sotto sotto. Ma non volli mantenermi buono e guardai con astio una signora, avrà avuto settant’anni, brutta nonostante i ritocchi, che pretendeva la massima sollecitudine per alcuni peluche che avrebbe dovuto regalare al nipotino: non arrivavano, nonostante le promesse.  E insisteva e la signorina al bancone manteneva la calma e spiegava che non dipendeva da lei, le consegne erano in ritardo, tutta la città attendeva i pupazzetti felpati, nessuno si aspettava una tale febbre, i produttori erano in ritardo con la merce. Che si mettesse il cuore in pace. ‘Guardi, per Natale quasi certamente arriverà.’ Ma la signora attempata tergiversava.
Guardai l’orologio per non strozzarla. Fischiettai per non farla affogare nelle mie male parole. Se ne andò. Ne avevo davanti altri due. Di quel passo non avrei potuto permettermi il mio relax di fine mattina. Eppure dovevo star lì, per evitare guai peggiori. La gente, dietro di me, spingeva carrelli vuoti e li rispingeva verso l’uscita per lo più con merce in esubero, cibarie e altro che smentivano le dicerie su una crisi ormai purulenta, che aveva infettato la nazione, il continente, il mondo. Forse la gente stava imbandendo l’ultimo banchetto, prima della carestia? Riposi la domanda e guardai davanti a me. Incredibilmente il giovane aveva già portato a termine il suo compito. Restava un signore di mezza età, né bello né brutto, né elegante né sciatto, un aspetto indolente e meditativo. Si voltò verso di me, il viso era reso simpatico da un sorriso sfumato, ma il suo dire me lo rese degno di sospetto: “Ha fretta? Vuole che le lasci il posto?” 
“Si figuri” risposi. “Faccia pure, ho tempo.” Mentìì anche perché quella sua inattesa gentilezza mi era parsa ironica. Avevo dunque scritto in faccia la mia ansia? Poi avvenne questo: squillò il telefono e la signorina dell’Assistenza Clienti dovette rispondere, intanto stava completando un lavoro in arretrato con un altro signore, cioè pinzava alcuni fogli indicando dove doveva firmare quel tizio che era arrivato non so da dove,  cioè, riassumendo, parlava al telefono con proprietà di linguaggio e coerenza, seguiva il signore nelle operazioni di firma e si rivolse al tipo di mezza età davanti a me, facendogli intendere che avrebbe potuto dar retta anche a lui. Quello si meravigliò di tanta efficienza, che costava però alla giovane donna un viso colorito e teso, occhi inquieti, tanta stanchezza: ed erano le nove del mattino.
L’uomo davanti a me mi guardò, come per dire: ‘Tutto ciò è disumano.’ Attese che la signorina finisse la telefonata e raccogliesse tutte le firme (consenso ad utilizzare i dati, due firme per questo e tre per quell’altro) poi favorì l’incontro dello sguardo della donna con il suo e le disse, cortese: ‘Ma lo sa che lei ha degli occhi stupendi.’
Sentìì distintamente quel complimento, così sincero, così corrispondente al vero. Semplice e natalizio. Nel mentre notai un vociare d’allarme: un grasso Babbo Natale di polistirolo che pendeva dal soffitto si era staccato e volteggiava verso terra. Andò a finire sulla testa dell’antipatica signora settantenne, che si era fermata a parlare con una coetanea.
“Non è nulla” disse il signore cortese alla bella signorina. “Il polistirolo è leggero…non si preoccupi…mi regali ancora un poco i suoi occhi.”




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