lunedì 3 dicembre 2018

Pablito mon amour




Davide Golin, traduttore freelance, collaboratore al Gazzettino, componente del gruppo rock dei Diva, ha scritto un romanzo  che farà piacere ai tifosi di Paolo Rossi, a chi ama lo stile Ammaniti, a chi ama il  calcio e più in generale la vita della provincia veneta, che è simile alla vita di tante province italiane, a chi ama gli anni Ottanta e vuole leggersi una storia veloce, graffiante e comica, seria e telegrafica, metà vera e metà inventata, anche se la metà inventata in realtà non lo è.
Se uno legge il titolo (Pablito mon amour, edizioni NoReplay, 12 euro) pensa alla biografia di Paolo Rossi, Rossigol, Pablito, e così è in effetti: il suo disgraziato esordio da giovane, con tre operazioni ai menischi prima dei 18 anni, poi l’incredibile resurrezione di Vicenza, con quell’annata 1977/78, Lanerossi secondo in classifica, Rossigol capocannoniere….poi la spropositata supervalutazione (più di 5 miliardi), Vicenza che si coccola il suo goldenboy ma squadra che finisce subito in B, Rossi che non può andare alla Juve, rifiuta il Napoli, Inter e Milan non lo vogliono e così per stare in A eccolo a Perugia, poi il brutto episodio del calcioscommesse, la squalifica, il purgatorio, Rossi che ingrassa, lo vede Bearzot e nonostante i chili di troppo e l’assenza dai campi in partite regolari lo porta in Spagna, Mondiali 1982…e nuova resurrezione, tre gol al Brasile (da allora lì lo odiano), campione del Mondo, quindi il declino rapido nella Juve, nel Milan, a Verona. 31 anni e Pablito è già un mito senza prato sotto i tacchetti. Questo per ciò che riguarda l’attaccante italiano più noto al mondo, il ragazzo mingherlino, posato, modesto, essenziale nel tocco e micidiale nella sostanza, cioè nel gol. Poi abbiamo la storia personale dell’autore, quei suoi fine anni Settanta-inizi Ottanta, che si mescola con abilità alla storia d’Italia: un personaggio di provincia, un fatto clamoroso che ha sconvolto il Bel Paese, una data, e nel mezzo, in corsivo, le dichiarazioni del calciatore.
Per chi ama il genere ecco un romanzo senza difetti, a parte il corpo del carattere troppo piccolo, che obbliga uno come me, classe ’56 come Pablito, a mettere gli occhiali.
Sì, Paolo Rossi è mio coetaneo, ho scoperto che si è sposato nell’81 come me, poi però 8 anni fa ha cambiato compagna, alto quasi come me, stesso peso quando giocava a calcio, oggi si è inciccito, ha scritto due biografie, agli esordi da non calciatore ha tentato l’avventura commerciale con un mio mito, Gustav Thoeni. Pablito non è mai stato un mio mito perché non ha mai giocato nell’Inter. E poi davvero curiosa è la dedica del romanzo: ‘Dedicato al palo della tribuna del Menti, che oscurava la vista a Novantesimo minuto’.
Bravo Davide.



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