Mi
scuserà l’amico poeta-narratore Dino Azzalin, ma benché mi sforzi (e il fatto
che debba sforzarmi già non va bene) la sua poesia non riesco a capirla. Non la
comprendo e non mi emoziona. Non è certo colpa sua…né colpa mia….qui non è
questione di colpe ma di sintonia poetica. Una qualche mia colpa ci deve però
pur essere perché Dino è pubblicato da Crocetti (uno degli editori più
qualificati in fatto di poesia), ha giudizi critici positivi di poeti
autorevoli (e fra questi Zanzotto), quindi sono io che non sono all’altezza
della poesia contemporanea. Ciò è evidente. Faccio mea culpa.
Mi
dirà l’amico Dino: -Caro Carlo, ma se non ti è piaciuta, se non ti aggrada
perché scriverne? Perché pugnalarmi alle spalle? Meglio tacerne. –
Ma
qui non si tratta di stroncare un libro (sto parlando de ‘Il pensiero della
semina’, l’ultima raccolta poetica di Azzalin), per carità, e poi non sono un
critico, qui si tratta di condividere pareri. A uno piace il dolce, a un altro
no..preferisce il risotto. So che Dino non se la prenderà. E poi chissà, la
poesia che ora metterò ad esempio sarà illuminante per altri, che si
incuriosiranno. Ecco, ne scelgo una a casa (sono circa a metà libro):
p
29
L’assenza è quasi
sempre una scelta precisa.
Misura la distanza del
ritorno, l’assoluta stasi
di una parola o di un
niente che tace.
Matura un cielo da
preda o una radice
più fertile del nostro
fragile esistere,
e ci nutre con la sua
ombra, che ci aiuta
a sopportare l’attesa
di una stella dal mare
Si
dirà che io sono di bocca buona, che cerco la facile commozione, che la mia
semplicità viaggia pericolosamente sul limitare del baratro della banalità, ma
io questa poesia non la comprendo. Né chiedo a Dino di spiegarmela, perché lui
pronto mi risponderebbe: ‘Una poesia non si spiega, caro Carlo.’
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