martedì 15 dicembre 2020

Ri-ciclabile


 


Ri-ciclabile

di Paolo Zanzi


Come ho scritto ieri, è uscito il Calandàri dra Famiglia Bosina par ur 2021. Per dare un'idea dei contenuti del libro, ecco un pezzo della sezione ATTUALITA'.




“Non sei mai troppo piccolo per fare la differenza.” (Greta Thunberg)

Ebbene sì!

Tutti dobbiamo fare la differenza se vogliamo avere un futuro. E di questo ci stiamo convincendo, almeno un po’.

A ognuno di noi risulta però evidente (e per questo a volte ci impegniamo poco!) che la capacità di “fare la differenza” dipende dalle leve che abbiamo a disposizione: un conto è smaltire correttamente l’umido, che non richiede responsabilità o competenze avanzate, un conto è riuscire a trasformare una città per renderla sostenibile e dotata di una visione che prospetti un futuro comprensibile, comunicabile e attuabile.

Effettivamente, non è da tutti. E per questo, periodicamente, deleghiamo queste tipologie di decisioni a nostri pari che si sentono chiamati (da chi?) a “fare la differenza”.

Vivendo a Varese, ho cercato di riflettere su questo tema calandolo nella cosiddetta realtà locale e sono giunto a una conclusione in merito alla strategia trasformativa della mia città: Varese è la citta del riciclo.

Sì, perché negli ultimi anni ho osservato una certa serie di iniziative tese a favorire una vera trasformazione cittadina attraverso il riciclo.

Il primo riciclo strategico è quello della “mitica” Caserma Garibaldi che, per persone come me, più vicine ai sessanta che ai cinquanta, è un monolite statico nei decenni, inamovibile ed apparentemente immutabile. Ricordo a questo proposito lo sgomento che ho provato durante una vacanza del 1982 quando un ristoratore campano, avendo saputo della nostra provenienza, ci ha confidato di aver fatto il militare a Varese! Non me lo sarei mai aspettato.

Ma veniamo al riciclo: qualcuno ha capito cosa succederà? Quando? Con quale obiettivo? Con quali soldi? Mi informo poco, evidentemente, ma l’unico cambiamento visibile che ho colto negli anni è un bel cartello con scritto: “Varese è ripartita” (piace decisamente il prefisso “ri” ai nostri amministratori). Scusate: Varese si era fermata? Non mi ero accorto. Ripartita per andare dove? Inoltre, il verbo al presente fornisce questo senso di “pronti, via!” onestamente distante dalla realtà.

Veniamo a un altro esempio: abbiamo riciclato il bianco con il blu. Ovviamente faccio riferimento alla strategia cittadina del “portare fuori le auto dal centro” (ricordiamoci che questo era l’obiettivo), il cui successo può essere tangibilmente toccato da ognuno di noi: mai viste così tante auto in centro!

Vivendo in una ex-zona con parcheggi a strisce bianche (non a pagamento), ho visto la trasformazione “real-time”, perplesso, cercandone di capire il senso, inclusi i costi dell’operazione, e con grandi aspettative: “finalmente meno macchine in giro”. Cercando di essere oggettivo, ho cercato qualche dato a sostegno della strategia, ad esempio sul sito del Comune. Nulla da fare. Ai tempi, avevo letto con cura la bella pagina che illustrava la strategia del “portar fuori le auto dal centro” (che non trovo più) e avevo preventivato potenziali rischi di insuccesso, in particolare per la somma esagerata di obiettivi che si poneva l’iniziativa e per l’alto livello di complessità delle regole attuative.

Passiamo a un terzo riciclo, piccolo, ma ben visibile, nel contesto del più grande progetto in zona stazioni. Faccio riferimento al riciclo di una falegnameria dismessa trasformata in parcheggio, zona Biumo inferiore. Quando ero bambino, andavo in questa falegnameria a prendere la segatura per quella che oggi chiameremmo la lettiera dei gatti (non ricordo esistesse la sepiolite). Ma a parte questo, erano decenni che la falegnameria rappresentava una delle tante realtà imprenditoriali dismesse in citta. Con soddisfazione ho colto la proposta di trasformarla in parcheggio, non perché ne abbia utilità, abitando in zona, ma perché ritengo che Varese abbia una politica dei parcheggi distante dalla realtà, soprattutto se confrontata con quanto ha fatto negli anni Milano. Veniamo al risultato. I veneti direbbero: Xe pèso el tacòn del buso (È peggio la toppa del buco). Abbiamo realizzato un parcheggio (con relativo pagamento della tariffa) che indubbiamente non stonerebbe nelle zone baraccopoli delle grandi metropoli dei paesi in crescita demografica, ma che trovo personalmente scandaloso in una zona centrale di Varese: terra vagamente battuta, piena di sassi e rischio buche, pezzi in muratura, residuo dall’abbattimento del precedente edificio, erbacce, jersey in plastica bianca e rossa (forse per richiamare lo stemma cittadino) disposti in modo apparentemente casuale. Un bel biglietto da visita!

Ho sentito parlare del possibile riciclo dell’adiacente ex-industria siderurgica e comincio seriamente a preoccuparmi. Cosa faranno? Inoltre, pavento numerosi ostacoli, considerando la vetustà dell’edificio, che potrebbe attrarre le belle arti, considerando la mastodontica cancellata, ma soprattutto il numero civico (mi sembra il 4) ancora campeggiante in ardito stile fascista.

Devo ora rapidamente giungere alle conclusioni per non tediarvi con troppi esempi di riciclo, di cui alcuni di successo, come il riciclo di un Sindaco in un Governatore (in effetti non sappiamo se sarà un successo). Ma permettetemi di citare un ultimo riciclo, quello che apprezzo di più: riciclare parti di strade e marciapiedi cittadini in piste ciclabili, o meglio ri-ciclabili.

Già molto si è scritto sul senso o meno della creazione di piste ciclabili nella città di Varese (in particolare sul caso direi clamoroso di Via XXV Aprile). Personalmente sono favorevole a un completo ripensamento del concetto di mobilità, non necessariamente basato per Varese sulle ciclabili, ma su altre leve. Detto questo, però non posso esimermi dal segnalare quella che a mio avviso è la perla delle ri-ciclabili, proprio sotto i miei occhi, quotidianamente, zona Biumo-Belforte, opera realizzata nel contesto del “riciclo” del ex-Enel. Mi immagino sia stata realizzata per usufruire di qualche incentivo pubblico, ma fosse anche così, questo non giustifica la progettazione di un percorso senza alcun senso pratico, almeno per quanto mi è dato di vedere, avendo vissuto tutta la mia vita in questa zona. Si tratta di 2-300 metri di ciclabile che partono dal nulla e arrivano al nulla, creazione di un marciapiede degno del lungomare di Rimini, anche se qui le onde sono quelle di calore che arrivano dall’asfalto, d’estate, o quelle degli spruzzi delle auto in caso di pioggia, un percorso peraltro che trovo pericoloso soprattutto per la condivisione coi pedoni. Ricordo che gli abitanti della zona che vogliono andare in bicicletta in centro, non avrebbero alcun incentivo a fare quel tratto di ciclabile, avendo alternative decisamente più valide.

Conclusione: tra non molto saremo ri-chiamati a dare ad altri pari la nostra delega per ri-confermare o ri-cambiare le strategie e la visione cittadina. Chissà che questa operazione non si trasformi nel riciclo della strategia di riciclo attuale: già mi vedo futuri amministratori che ri-penseranno le attuali ciclabili, magari proporranno un ri-torno alle strisce bianche o un ri-pensamento sulla caserma Garibaldi.

Non ho la pretesa di giudicare alcuno o alcunché, ben conscio che non esiste azione più complessa che produrre un cambiamento. Quindi chiedo scusa se quanto scritto viene percepito da qualcuno come vana polemica senza valore costruttivo. Non è lo scopo. Per questo offro un suggerimento: abbandoniamo il “ri”. Abbiamo bisogno di progettare e non ri-progettare, di pensare e non ri-pensare, ma soprattutto di sognare e non ri-sognare come era una volta Varese.


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