Ri-ciclabile
di Paolo Zanzi
Come ho scritto ieri, è uscito il Calandàri dra Famiglia Bosina par ur 2021. Per dare un'idea dei contenuti del libro, ecco un pezzo della sezione ATTUALITA'.
“Non
sei mai troppo piccolo per fare la differenza.” (Greta Thunberg)
Ebbene sì!
Tutti dobbiamo fare la differenza se vogliamo avere un
futuro. E di questo ci stiamo convincendo, almeno un po’.
A ognuno di noi risulta però evidente (e per questo a
volte ci impegniamo poco!) che la capacità di “fare la differenza” dipende
dalle leve che abbiamo a disposizione: un conto è smaltire correttamente
l’umido, che non richiede responsabilità o competenze avanzate, un conto è
riuscire a trasformare una città per renderla sostenibile e dotata di una
visione che prospetti un futuro comprensibile, comunicabile e attuabile.
Effettivamente, non è da tutti. E per questo,
periodicamente, deleghiamo queste tipologie di decisioni a nostri pari che si
sentono chiamati (da chi?) a “fare la differenza”.
Vivendo a Varese, ho cercato di riflettere su questo tema
calandolo nella cosiddetta realtà locale e sono giunto a una conclusione in
merito alla strategia trasformativa della mia città: Varese è la citta del
riciclo.
Sì, perché negli ultimi anni ho osservato una certa serie
di iniziative tese a favorire una vera trasformazione cittadina attraverso il
riciclo.
Il primo riciclo strategico è quello della “mitica”
Caserma Garibaldi che, per persone come me, più vicine ai sessanta che ai
cinquanta, è un monolite statico nei decenni, inamovibile ed apparentemente immutabile.
Ricordo a questo proposito lo sgomento che ho provato durante una vacanza del
1982 quando un ristoratore campano, avendo saputo della nostra provenienza, ci
ha confidato di aver fatto il militare a Varese! Non me lo sarei mai aspettato.
Ma veniamo al riciclo: qualcuno ha capito cosa succederà?
Quando? Con quale obiettivo? Con quali soldi? Mi informo poco, evidentemente,
ma l’unico cambiamento visibile che ho colto negli anni è un bel cartello con scritto:
“Varese è ripartita” (piace decisamente il prefisso “ri” ai nostri
amministratori). Scusate: Varese si era fermata? Non mi ero accorto. Ripartita
per andare dove? Inoltre, il verbo al presente fornisce questo senso di
“pronti, via!” onestamente distante dalla realtà.
Veniamo a un altro esempio: abbiamo riciclato il bianco
con il blu. Ovviamente faccio riferimento alla strategia cittadina del “portare
fuori le auto dal centro” (ricordiamoci che questo era l’obiettivo), il cui
successo può essere tangibilmente toccato da ognuno di noi: mai viste così
tante auto in centro!
Vivendo in una ex-zona con parcheggi a strisce bianche
(non a pagamento), ho visto la trasformazione “real-time”, perplesso,
cercandone di capire il senso, inclusi i costi dell’operazione, e con grandi aspettative:
“finalmente meno macchine in giro”. Cercando di essere oggettivo, ho cercato
qualche dato a sostegno della strategia, ad esempio sul sito del Comune. Nulla
da fare. Ai tempi, avevo letto con cura la bella pagina che illustrava la
strategia del “portar fuori le auto dal centro” (che non trovo più) e avevo
preventivato potenziali rischi di insuccesso, in particolare per la somma
esagerata di obiettivi che si poneva l’iniziativa e per l’alto livello di
complessità delle regole attuative.
Passiamo a un terzo riciclo, piccolo, ma ben visibile,
nel contesto del più grande progetto in zona stazioni. Faccio riferimento al
riciclo di una falegnameria dismessa trasformata in parcheggio, zona Biumo
inferiore. Quando ero bambino, andavo in questa falegnameria a prendere la
segatura per quella che oggi chiameremmo la lettiera dei gatti (non ricordo
esistesse la sepiolite). Ma a parte questo, erano decenni che la falegnameria
rappresentava una delle tante realtà imprenditoriali dismesse in citta. Con
soddisfazione ho colto la proposta di trasformarla in parcheggio, non perché ne
abbia utilità, abitando in zona, ma perché ritengo che Varese abbia una
politica dei parcheggi distante dalla realtà, soprattutto se confrontata con
quanto ha fatto negli anni Milano. Veniamo al risultato. I veneti direbbero: Xe
pèso el tacòn del buso (È peggio la toppa del buco). Abbiamo realizzato un
parcheggio (con relativo pagamento della tariffa) che indubbiamente non
stonerebbe nelle zone baraccopoli delle grandi metropoli dei paesi in crescita
demografica, ma che trovo personalmente scandaloso in una zona centrale di
Varese: terra vagamente battuta, piena di sassi e rischio buche, pezzi in
muratura, residuo dall’abbattimento del precedente edificio, erbacce, jersey in
plastica bianca e rossa (forse per richiamare lo stemma cittadino) disposti in
modo apparentemente casuale. Un bel biglietto da visita!
Ho sentito parlare del possibile riciclo dell’adiacente
ex-industria siderurgica e comincio seriamente a preoccuparmi. Cosa faranno?
Inoltre, pavento numerosi ostacoli, considerando la vetustà dell’edificio, che
potrebbe attrarre le belle arti, considerando la mastodontica cancellata, ma
soprattutto il numero civico (mi sembra il 4) ancora campeggiante in ardito
stile fascista.
Devo ora rapidamente giungere alle conclusioni per non
tediarvi con troppi esempi di riciclo, di cui alcuni di successo, come il
riciclo di un Sindaco in un Governatore (in effetti non sappiamo se sarà un
successo). Ma permettetemi di citare un ultimo riciclo, quello che apprezzo di
più: riciclare parti di strade e marciapiedi cittadini in piste ciclabili, o
meglio ri-ciclabili.
Già molto si è scritto sul senso o meno della creazione
di piste ciclabili nella città di Varese (in particolare sul caso direi
clamoroso di Via XXV Aprile). Personalmente sono favorevole a un completo
ripensamento del concetto di mobilità, non necessariamente basato per Varese
sulle ciclabili, ma su altre leve. Detto questo, però non posso esimermi dal
segnalare quella che a mio avviso è la perla delle ri-ciclabili, proprio sotto
i miei occhi, quotidianamente, zona Biumo-Belforte, opera realizzata nel
contesto del “riciclo” del ex-Enel. Mi immagino sia stata realizzata per
usufruire di qualche incentivo pubblico, ma fosse anche così, questo non
giustifica la progettazione di un percorso senza alcun senso pratico, almeno
per quanto mi è dato di vedere, avendo vissuto tutta la mia vita in questa
zona. Si tratta di 2-300 metri di ciclabile che partono dal nulla e arrivano al
nulla, creazione di un marciapiede degno del lungomare di Rimini, anche se qui
le onde sono quelle di calore che arrivano dall’asfalto, d’estate, o quelle
degli spruzzi delle auto in caso di pioggia, un percorso peraltro che trovo pericoloso
soprattutto per la condivisione coi pedoni. Ricordo che gli abitanti della zona
che vogliono andare in bicicletta in centro, non avrebbero alcun incentivo a
fare quel tratto di ciclabile, avendo alternative decisamente più valide.
Conclusione: tra non molto saremo ri-chiamati a dare ad
altri pari la nostra delega per ri-confermare o ri-cambiare le strategie e la
visione cittadina. Chissà che questa operazione non si trasformi nel riciclo
della strategia di riciclo attuale: già mi vedo futuri amministratori che ri-penseranno
le attuali ciclabili, magari proporranno un ri-torno alle strisce bianche o un ri-pensamento
sulla caserma Garibaldi.
Non ho la pretesa di giudicare alcuno o alcunché, ben
conscio che non esiste azione più complessa che produrre un cambiamento. Quindi
chiedo scusa se quanto scritto viene percepito da qualcuno come vana polemica
senza valore costruttivo. Non è lo scopo. Per questo offro un suggerimento:
abbandoniamo il “ri”. Abbiamo bisogno di progettare e non ri-progettare, di
pensare e non ri-pensare, ma soprattutto di sognare e non ri-sognare come era
una volta Varese.
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