CORRO
AFFONDANDO
di carlozanzi
Corro
affondando nel bagnasciuga fatto di sabbia intrisa di mare, sassi minuti e
tondi, avanzi di alghe e frammenti di conchiglie. Corro verso sud guardando ad
occidente, dove il sole cala e fra poco annegherà.
Corro,
incespico, scivolo, recupero a fatica i piedi che sprofondano. Una corsa
precaria negli equilibri, aspra. Corro come si vive, traballando e sperando di
non cadere.
Incontro
la varietà dell’esistenza: pescatori ai quali abbocca solo l’illusione di un
pesce, una donna non più giovane che fa yoga guardando il sole sempre più
basso, uomini e cani a passeggio, uomini e donne che corrono per stare bene e
trascurano il tramonto, innamorati che scattano foto cercando di farci stare
dentro tutto il loro amore ostentato e l’astro che muta colore, che si prepara
al tuffo. Una giovane davvero ben fatta ruba l’ultima occasione d’abbronzatura:
è sola, la osservo, ho emozioni di gioventù, vorrei stare con lei. La sua bella
giovinezza mi attrae: con lei sarebbe più facile dimenticare.
Ma
il mio pensiero torna a lui, che non dimentico.
Guardo
verso l’entroterra, le colline, i campi d’avena, gli ulivi, il lungo viale di
cipressi che porta a San Guido, risento il maestro che declamava ‘i cipressi
che a Bòlgheri, alti e schietti, van da San Guido in duplice filar…’ e lui è
stato qui, lui, i suoi amici e la sua musica, ha percorso questo viale, ha
visto questo tramonto. L’ha gustato?
E
il sole scivola verso il mare.
Si
fa silenzio. Parrebbe un tempo fatto apposta per Dio. Ma io mi domando: “Dov’è
la tua giustizia, mio Signore?”
Dove
tutto si conclude, dove la stella è risucchiata perché faccia luce in altri
mondi mi fermo. Sono stanco abbastanza. Le gambe hanno bisogno di una tregua. Cerco riposo, sonno, dimenticanza.
L’inesausto
andirivieni delle onde è la mia sola canzone. Il mio cuore insiste nel vivere.
Non vuole morire.
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