lunedì 6 settembre 2021

Alberto e la signorina della Standa


                                                                                          ph carlo meazza


Oggi abbiamo salutato Alberto Zuffi. Un saluto laico, niente funerale religioso, per sua volontà. Tanti i presenti nella Sala Commiato di via Mulini Grassi, a Sant’Ambrogio Olona. Anche Carlo Meazza, è sua la foto che ho scelto qui, si trova sul bel libro ‘Varese – Cinquanta modi di descrivere la città’, uscito nel 2000, che raccoglie fra le altre una testimonianza scritta da Alberto. E da lì apprendiamo che coi preti è iniziata male sin dall’inizio. Frequentò le scuole medie all’Istituto Salesiano, che destinava una quota minoritaria di posti a ragazzi che non potevano permettersi la retta. Ma tali alunni – stando alle parole di Alberto – erano piuttosto emarginati, costretti a brillanti risultati per mantenere il favore, fatto sta che il piccolo Zuffi lasciò quella scuola, continuando poi alle serali ed entrando alla Macchi a soli 15 anni, grazie però alla raccomandazione del parroco di Masnago: quindi coi preti siamo 1 a 1. Sempre dal libro di Meazza scopriamo l’amore di Alberto per la montagna, la sua presenza fissa al CAI, le sue imprese alpinistiche. Dell’amore per lo sci da fondo già si è detto. Partecipò alla prima Marcialonga, 7 febbraio 1971 (aveva 34 anni, essendo del ’37) e ne fece altre 24 di fila, per fermarsi solo a causa di un infortunio. Fra i presenti oggi anche Carla Tavelli, grande amica della moglie di Alberto. Erano insieme commesse alla neonata Standa di piazza Monte Grappa, il primo supermercato varesino. Ebbene, i baldi giovani del CAI erano soliti recarsi la sera, dopo il lavoro, in un bar nei pressi della Standa, in attesa che le signorine terminassero il loro turno di lavoro. Lì nacque l’amore.

Alberto restò 35 anni alla Macchi, fu attento alle rivendicazioni sindacali, si impegnò anche in quel campo ma appena poteva partiva per i monti, per le rocce, per la neve.  


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