ph carlo meazza
Oggi
abbiamo salutato Alberto Zuffi. Un saluto laico, niente funerale religioso, per
sua volontà. Tanti i presenti nella Sala Commiato di via Mulini Grassi, a Sant’Ambrogio
Olona. Anche Carlo Meazza, è sua la foto che ho scelto qui, si trova sul bel
libro ‘Varese – Cinquanta modi di descrivere la città’, uscito nel 2000, che
raccoglie fra le altre una testimonianza scritta da Alberto. E da lì
apprendiamo che coi preti è iniziata male sin dall’inizio. Frequentò le scuole medie
all’Istituto Salesiano, che destinava una quota minoritaria di posti a ragazzi
che non potevano permettersi la retta. Ma tali alunni – stando alle parole di
Alberto – erano piuttosto emarginati, costretti a brillanti risultati per
mantenere il favore, fatto sta che il piccolo Zuffi lasciò quella scuola, continuando
poi alle serali ed entrando alla Macchi a soli 15 anni, grazie però alla
raccomandazione del parroco di Masnago: quindi coi preti siamo 1 a 1. Sempre
dal libro di Meazza scopriamo l’amore di Alberto per la montagna, la sua
presenza fissa al CAI, le sue imprese alpinistiche. Dell’amore per lo sci da
fondo già si è detto. Partecipò alla prima Marcialonga, 7 febbraio 1971 (aveva
34 anni, essendo del ’37) e ne fece altre 24 di fila, per fermarsi solo a causa
di un infortunio. Fra i presenti oggi anche Carla Tavelli, grande amica della
moglie di Alberto. Erano insieme commesse alla neonata Standa di piazza Monte
Grappa, il primo supermercato varesino. Ebbene, i baldi giovani del CAI erano
soliti recarsi la sera, dopo il lavoro, in un bar nei pressi della Standa, in
attesa che le signorine terminassero il loro turno di lavoro. Lì nacque l’amore.
Alberto
restò 35 anni alla Macchi, fu attento alle rivendicazioni sindacali, si impegnò
anche in quel campo ma appena poteva partiva per i monti, per le rocce, per la
neve.
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