A mio avviso Pierfausto Vedani sapeva valorizzare le persone, soprattutto i
giovani. Non aveva avuto figli, trovava tanti ‘figli’ nei lettori ma anche in
chi amava scrivere, sognava di fare il giornalista e in qualche modo si trovava
ad incontrarlo. Probabilmente (nel mio caso credo sia stato così) valutava più
l’entusiasmo che i talenti, più la passione che l’abilità, e comunque dava una
mano, metteva in contatto, incoraggiava, consigliava.
Il nostro incontro agli inizi degli anni Novanta. Lo vedevo spesso a
Villa Cagnola, avevamo un amico in comune, Mons. Adriano Caprioli. Era il mio
direttore spirituale, forse anche il suo. Pier era fra gli organizzatori di una
serie di incontri sulle professioni. Venni a sapere che si trattava di uno fra
i decani dei giornalisti varesini. Poi vennero le elezioni amministrative, dopo
tangentopoli. Lo aveva chiamato la Dc per aiutare a realizzare uno stampato,
capace di trovare parole e immagini convincenti, dopo il disastro dello
scandalo. Lì ci incontrammo e notai la sua abilità nel mestiere. Seppi che era
già in pensione ma che non aveva certo deposto la penna. E infatti lo ritrovai
al settimanale ‘Luce’, dove teneva una rubrica, ‘Cara Varese’. Capitò che
quella rubrica fosse nel taglio alto della pagina che anch’io occupavo,
seguendo il Consiglio comunale. Lui il tetto, io stavo nel locale sottostante.
Quando venne eletto il sindaco della Lega Raimondo Fassa si fece il suo nome
come assessore alla cultura, non seppi perché non venne scelto, forse non era
gradito al Carroccio. Comunque lo vedevo, oltre che al Luce, anche a Rete55,
dove collaborava tenendo fra l’altro la rassegna stampa. Più volte ebbe parole
incoraggianti rispetto alla mia cronaca da Palazzo Estense. Quando pensai di
scrivere un libro su Roberto Maroni andai subito da lui per un parere, e lui mi
disse che facevo bene. Molti anni dopo disse che fu un mio peccato di gioventù!
Grazie a lui, che insieme a Max Lodi aveva fatto nascere il Premio Chiara,
entrai in contatto con Gino Montesanto, che con lui era nella giuria del
Chiara. E se Vedani tenne a battesimo e gratificò i miei primi passi da
giornalista, Montesanto non mi tagliò le gambe come narratore. Nel 1994 venne a
presentare la mia raccolta di racconti ‘L’ultimo nemico’. Eccolo nella foto,
con Dino Azzalin, Luciano Frigerio e Annalina Molteni. In quegli anni andavo
spesso a trovarlo nel suo appartamento di via Vela, conobbi la dolcissima
moglie Maria Concetta. Un giorno (finivano gli anni Novanta), notando che avevo
cominciato a collaborare con La Prealpina, mi disse: “Se ti propongono
un’assunzione, accetta subito!” La proposta non venne mai, non credo avrei
accettato, amavo troppo il mio lavoro di prof. di ginnastica, ma comunque mi avrebbe
fatto piacere. Apprezzavo molto la sua vitalità, la sua voglia di scrivere
nonostante il correre degli anni e la salute non sempre ottimale. Seguii la sua
generosa collaborazione a VareseNews, eccolo in foto con il direttore Marco
Giovannelli; anche lì ebbe modo di incoraggiare più di un giornalista, era
aperto alle novità, disposto al dialogo. Sincero e generoso. Grazie a lui
conobbi il suo caro amico Gaspare Morgione, che collaborò con la ‘mia’ Agenda
Varese. E fu firma autorevole anche del Calandàri dra Famiglia Bosina, e
proprio come coordinatore di questo annuario ebbi modo di sentirlo le ultime
volte. Ha scritto sul Calandàri sino a pochi anni fa. Lo sentivo al telefono,
il fiato sempre più corto, ma non così corto da non salutarmi con il suo classico
‘Ciao, pirata!’ Sì, lo diceva anche a me come a molti altri, sebbene non avessi
alcuna caratteristica del pirata. L’ho sempre considerato un complimento, non
so perché: di per sé un pirata non è propriamente un galantuomo.
Pur non essendo un varesino, si deve a lui la proposta, avanzata a
Natale Gorini, di riportare in auge la figura di Re Bosino. Amava il nostro
dialetto.
Che dire? Probabilmente la recente morte della cara consorte ha dato il
colpo di grazia ad un uomo che si è trovato solo. E forse per lui è stata una
grazia chiudere gli occhi per sempre: 90 anni sono una bella età, e lui
certamente la vita l’ha vissuta a pieno. La fede in Dio certamente lo ha
aiutato, e spero che aiuti anche me ad accettare la morte inevitabile di tanti
miei amici più anziani. Mi ha aiutato ad avere fiducia in me stesso:
grazie Pier.
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