sabato 6 gennaio 2018

Il Pippo delle nevi


                                     Il Pippo spalatore e poi, da sinistra, Luciano Genovese, Pippo Gazzotti, Umberto Palmiero e Mauro Piccinelli  (ph carlozanzi)


IL PIPPO DELLE NEVI
Incontro Giuseppe Gazzotti detto Pippo, mentre spala neve sulla pista di sci nordico del Brinzio, neve che ama e che conserva gelosamente. Sua moglie Marina, già ottima ciclista, dopo due anni di digiuno sta sciando, godendosi il piacere di una scivolata nella natura. Da tempo vorrei che l’amico e collega Pippo si confidasse un po’, ma lui è un tipo riservato. Certi ricordi preferisce tenerseli per sé. Ma insisto e qualcosa viene fuori.
“Devo ringraziare il prof e se dico il prof sai che parlo di Gianni Bellorini. E’ lui che mi ha trasmesso la passione per lo sport e in particolare per lo sci da fondo. E devo ringraziare mio fratello Emilio, che mi ha regalato i primi sci da fondo, comprati da Grizzetti sport. Poi tante tombole e chiappe pelate sulle nevi del Brinzio.”
A metà anni Settanta, quando si diploma geometra e decide di iscriversi all’Isef, Gazzotti è fra i pochi che insieme al prof decidono di investire sui prati del Brinzio energie e denari, per creare una pista da fondo. “La pista si batteva con i piedi e gli sci” ricorda Pippo.
Giuseppe Gazzotti in quegli anni è un ottimo sportivo praticante, un atleta che si distingue nell’atletica leggera e che ama sempre di più, in inverno, sciare sopra gli sci sottili. Atleta dello Sci Nordico Varese, gira le scuole della provincia come docente di educazione fisica sino alla fine del 1985, quando gli fanno la proposta di tentare la carriera come preparazione atletico delle squadre nazionali di sci da fondo. E in questo mondo bianco, fatto di fatica e di tecnica sopraffina, di esaltazioni e di rabbie, Pippo resterà sino al 2006, cioè alle Olimpiadi invernali di Torino.
Stanco di sbadilare, Gazzotti prende fiato. Arriva la moglie Marina, dice: “E’ due anni che non scio..che fatica!”
“Aspettami” dice Gazzotti. “Vengo anch’io.” E così ora siamo in tre a scivolare sulla neve ghiacciata. Pippo preferisce la tecnica classica. E la storia continua:   “Ne ho viste di cotte e di crude nel mondo agonistico di alto livello. Basti pensare a ciò che allora eravamo: De Zolt, Albarello,Vanzetta, Manuela Di Centa, la allora junior Belmondo che con me vinse a Vang in Norvegia un mondiale.”
Ha visto il bello e il meno bello, l’amico Giuseppe. E oggi non lo nasconde:  “Ho visto l'arrivo irruento e spropositato della biologia e fisiologia nelle metodiche allenanti: Conconi, Ferrari... Ho visto il cambio della tecnica sacra: dal binario al fuori binario.”
Gazzotti è un po’ giù d’allenamento. Ora ci fermiamo, prende fiato. Scivolano veloci di fianco a noi le promesse dello Sci Nordico Varese, ragazzini scattanti, pieni di vita, allenati da Fabio Piccinelli, Luciano Genovese, Matteo Zen e, naturalmente, da Gazzotti. “Ecco, loro mi tengono in forma. Che fatica stare al loro passo” ammette Pippo.
“Parliamo del pattinato, di questa rivoluzione nello sci nordico.”
“L’ho visto per la prima volta in Val di Sole con il canadese Harvey. Ho  visto gli italiani più bravi di tutti gli altri interpretare questa tecnica ed essere i migliori al mondo. Ho visto e allenato un Silvio Fauner: da aspirante ha fatto un punto in Coppa del mondo all'Alpe di Siusi. E poi la Follis, Santus, la Longa, Zorzi, Valbusa, Piller, Giorgio Di Centa, con me sono stati da juniores sino a Torino.”
Nomi altisonanti. C’è da esserne fieri. Gazzotti non nasconde la sua soddisfazione, ora ricorda con piacere quegli anni intensi: “Ne ho viste di tutti i colori con le scioline e le paraffine. Ho visto nascere la cera F che ci diede la Marina Militare, la utilizzava per diminuire il coefficiente di penetrazione dell'acqua dei sommergibili. Ho potuto condividere lo studio delle trecento tipologie di cristalli della neve. Ho avuto proposte lavorative all'estero e nel mondo del privato con ditte importanti. Ricordi indelebili? Ventitré medaglie nei vari mondiali juniores, i miei quattro  della staffetta a Torino e la 50 con Di Centa sono ciò che porterò sempre dentro. Io solo so cosa i ragazzi hanno fatto e so quello che ancora oggi mi dicono. Compresa quella neve di Pragelato, che ci siamo fatti noi.”
E poi? Dopo le Olimpiadi di Torino? Cosa è successo?
Ci fermiamo alle casette di legno dell’arrivo. Nel piccolo spiazzo Silvia Bossi (mia maestra in un lontano corso sci al Palù di Chiesa Val Malenco) allena i piccolini.  Il tè caldo del Brinzio è fra i più desiderabili, altro che il tè di Londra. Lo serve Albertone Zuffi, senatore delle Marcialonghe; da tempo non può più sciare, ma gode per la gioia altrui. Siede su una motoslitta il primo gattista della pista, Carlo Moruzzi detto Momo. Sul gatto delle nevi si godono il sole Mauro Piccinelli e Alberto Ponzi, il nuovo e il vecchio del Centro fondo.  La pista va riempiendosi di varesini. Il gruppo del quale faccio parte mi indica lui, il presidentissimo dello Sci Nordico: Alfredo Bianchetti, a dispetto degli ottant’anni suonati, ancora è padrone degli sci.
Mentre gustiamo il tè bollente, il prof. Gazzotti descrive l’ultimo capitolo: “Poi? Poi, caro collega, lo sport di alto livello mi ha stancato, nauseato. Lo sport di alto livello non fa bene alla salute. Non tornerei indietro nemmeno davanti a un carro d'oro. Non mi manca. Mi manca però il profumo di uno dei trecento cristalli di neve: chissa qual è? Mi manca la tenerezza della grande fatica degli atleti e la gioia enorme di essere davanti a tutti.”
E qui Pippo si ferma. E conclude: “ Ogni tanto è bello essere gelosi di cose sperimentate, provate, vissute, piante e orgogliosamente sentite con l'inno di Mameli. Anch’io ho fatto qualche cosa…e mi raccomando, stasera arriva la Befana sulla slitta, ti aspetto. ”
Ci sarò, caro Pippo…ci sarò.





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