Sono
sicuro che qualcuno, domani pomeriggio, mi farà i complimenti per il libro. Saranno
strette di mano più o meno sincere, alcune forse di maniera. Ma credo che
qualcuno non verrà, o se ne starà in disparte, pensando: ‘Insomma, questi Zanzi
sempre in prima fila…sempre sul palco…era necessario scrivere un libro? Che
avrà fatto Marco di così speciale?’ Oppure, più probabilmente, qualcuno penserà
che la mia manìa di pubblicare libri mi ha indotto a ‘sfruttare’ la dolorosa storia
di Marco, una nuova occasione per una copertina e il mio nome sopra. Quindi un
libro scritto più per me che per Mock. Oppure il libro nasce dal mio bisogno di
sentirmi un bravo fratello, di sentirmelo dire.
Tranquilli…non
sono proprio ‘pensieri stupendi’ (direbbe Patti Pravo) ma ci stanno. Non mi
scandalizzo io, e non deve scandalizzarsi chi li autoproduce. Del resto io stesso,
che sono l’autore del libro, non metto la mano sul fuoco rispetto alla purezza
delle mie intenzioni. Perché non siamo bianchi o neri, siamo piuttosto un
arcobaleno di colori, molte tonalità di grigio, spesso indecifrabili persino a
noi stessi. E certi ‘retropensieri’ non vanno bruciati come carta straccia,
negati come monnezza. Vanno accolti, gestiti, compresi, a volte compatiti.
Fanno parte della nostra limitata completezza.
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