Davide
Golin, traduttore freelance, collaboratore
al Gazzettino, componente del gruppo rock dei Diva, ha scritto un romanzo che farà piacere ai tifosi di Paolo Rossi, a
chi ama lo stile Ammaniti, a chi ama il
calcio e più in generale la vita della provincia veneta, che è simile
alla vita di tante province italiane, a chi ama gli anni Ottanta e vuole
leggersi una storia veloce, graffiante e comica, seria e telegrafica, metà vera
e metà inventata, anche se la metà inventata in realtà non lo è.
Se
uno legge il titolo (Pablito mon amour, edizioni NoReplay, 12 euro) pensa alla
biografia di Paolo Rossi, Rossigol, Pablito, e così è in effetti: il suo
disgraziato esordio da giovane, con tre operazioni ai menischi prima dei 18
anni, poi l’incredibile resurrezione di Vicenza, con quell’annata 1977/78, Lanerossi
secondo in classifica, Rossigol capocannoniere….poi la spropositata supervalutazione
(più di 5 miliardi), Vicenza che si coccola il suo goldenboy ma squadra che finisce
subito in B, Rossi che non può andare alla Juve, rifiuta il Napoli, Inter e Milan
non lo vogliono e così per stare in A eccolo a Perugia, poi il brutto episodio
del calcioscommesse, la squalifica, il purgatorio, Rossi che ingrassa, lo vede
Bearzot e nonostante i chili di troppo e l’assenza dai campi in partite
regolari lo porta in Spagna, Mondiali 1982…e nuova resurrezione, tre gol al
Brasile (da allora lì lo odiano), campione del Mondo, quindi il declino rapido
nella Juve, nel Milan, a Verona. 31 anni e Pablito è già un mito senza prato
sotto i tacchetti. Questo per ciò che riguarda l’attaccante italiano più noto
al mondo, il ragazzo mingherlino, posato, modesto, essenziale nel tocco e
micidiale nella sostanza, cioè nel gol. Poi abbiamo la storia personale dell’autore,
quei suoi fine anni Settanta-inizi Ottanta, che si mescola con abilità alla
storia d’Italia: un personaggio di provincia, un fatto clamoroso che ha
sconvolto il Bel Paese, una data, e nel mezzo, in corsivo, le dichiarazioni del
calciatore.
Per
chi ama il genere ecco un romanzo senza difetti, a parte il corpo del carattere
troppo piccolo, che obbliga uno come me, classe ’56 come Pablito, a mettere gli
occhiali.
Sì,
Paolo Rossi è mio coetaneo, ho scoperto che si è sposato nell’81 come me, poi
però 8 anni fa ha cambiato compagna, alto quasi come me, stesso peso quando
giocava a calcio, oggi si è inciccito, ha scritto due biografie, agli esordi da
non calciatore ha tentato l’avventura commerciale con un mio mito, Gustav Thoeni.
Pablito non è mai stato un mio mito perché non ha mai giocato nell’Inter. E poi
davvero curiosa è la dedica del romanzo: ‘Dedicato al palo della tribuna del
Menti, che oscurava la vista a Novantesimo minuto’.
Bravo
Davide.
Nessun commento:
Posta un commento