Sette
anni fa moriva Luigi Zanzi, avvocato, docente universitario, scrittore,
camminatore di mente e di gambe, amante della montagna e tanto altro ancora.
Aveva 77 anni. Un doveroso e gradito ricordo è arrivato ieri dalla sua amata
Varese grazie al Premio Chiara, che ha voluto onorare il cittadino illustre con
un pomeriggio davvero intenso, uno spazio nella Primavera della Cultura
fortemente voluto da Romano Oldrini e Bambi Lazzati. A ricordare Luigi erano
presenti in sala ‘Ambrosoli’ a Villa Recalcati la figlia Barbara Zanzi (foto), la
nipote Laura Caterina Corsi (foto), il già rettore dell’Università dell’Insubria Renzo
Dionigi, l’architetto Riccardo Blumer e il fotografo Carlo Meazza, oltre a
Bambi Lazzati, all’assessore alla Cultura del Comune di Varese Enzo Laforgia e
all’Assessore alla Cultura della nostra Provincia, Emanuela Quintiglio. Partecipazione molto nutrita di pubblico, in prima fila il fratello di Luigi, Paolo.
Il
ricordo è stato introdotto da un filmato, in anteprima assoluta, girato subito
dopo la morte dello Zanzi, voluto dalla famiglia per ricordarlo nei luoghi
della sua vita (la casa sul Colle Campigli, lo studio da avvocato in via San
Martino e la sua abitazione a Macugnaga, al cospetto della parete est del Monte
Rosa), così come erano al momento della sua morte. Un video commovente, la voce
di Luigi e la lettura di alcune sue lettere, indirizzate soprattutto alla
figlia e alla nipote.
Mi
soffermerò qui più in dettaglio soprattutto sull’intervento della figlia
Barbara, che mi ha permesso (insieme al filmato) di conoscere un personaggio
varesino che avevo incontrato raramente, in occasione di alcuni suoi
interventi, dai quali avevo ricavato la seguente impressione: un uomo dalla grande
cultura, probabilmente troppo vasta e articolata per il mio livello, tanto da
giudicare le sue relazioni lunghe e per un uditorio erudito.
Barbara
Zanzi, nel ringraziare il destino che le ha permesso di avere Luigi come padre,
si è soffermata su alcune sue priorità: l’amore per la libertà, mai disgiunta
dalla responsabilità che la libertà porta con sé. “Mio padre era solito
ripetere che la libertà è un dono che ci è dato all’atto della nascita, non è
un diritto da conquistare” ha detto Barbara. Altra sua caratteristica era l’umiltà,
unita alla generosità, doti accompagnate da un irrefrenabile entusiasmo vitale.
Altri
hanno raccontato di come era strutturata l’intensissima giornata di Luigi Zanzi:
arrivava nel suo studio in via San Martino sul tardi, verso le 10, non a seguito
di una levata da fannullone ma perché le prime ore del mattino erano dedicate allo studio, alla scrittura. Arrivava con una brusca frenata d’auto,
entrava in ufficio e cominciava a dettare, a organizzare, a lavorare su più
fronti. Del resto dalla nonna aveva ereditato il seguente messaggio: “Se vuoi
essere veramente libero, devi esercitare almeno due professioni e parlare
almeno due lingue.” Le serate erano spesso occupate da incontri pubblici,
convegni, cene al Rotary, momenti conviviali durante i quali Zanzi era solito
esporre il suo pensiero, rispettando però sempre le opinioni altrui. Era un
uomo che sapeva gestire la solitudine, che la ricercava, ma non era una
solitudine fine a se stessa, era uno spazio che serviva poi ad alimentare i rapporti
d’amicizia, d’amore. Scriveva moltissimo, anche innumerevoli lettere ai
familiari, toccando ogni argomento. Si rammaricava di non riuscire a dedicare un
tempo più congruo alla sua famiglia, era sempre portato altrove, spesso in
cammino sulle sue amate montagne.
Nessun commento:
Posta un commento