giovedì 2 novembre 2017

Una morte trasgressiva


Non ho certo bisogno del 2 novembre per pensare alla morte e ai morti. Vivo intensamente perché intensamente penso alla morte. Tutti i giorni. E tutti i giorni sono con i miei morti, in modo particolare con mamma Ines e Mock. A volte penso alla morte come il massimo della trasgressività, e allora per cercare di capirla considero l'essere trasgressivi quasi un nostro diritto. Ieri pensando a mia madre ho rivisto quella sua continua raccomandazione, quando eravamo piccoli: "La canottiera va infilata nelle mutande, così la pancia sta al caldo!" Ho come sentito le mani di mia madre che mi vestivano, io ancora incapace di quel gesto elementare. E ho avvertito forte il desiderio di farmi rivestire da lei, di rincontrarla, e la morte mi è apparsa non (come di solito) una nemica invincibile, un assurdo ma uno spazio di consolazione, una porta aperta verso una nuova vita. E del resto mio fratello Marco, pochi giorni prima di morire, questo mi aveva confidato: "In fondo, se ci crediamo, vado a trovare la mamma." 

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