martedì 27 settembre 2016

La Casa di Varese: 1966-2016


Presentazione ieri delle iniziative per festeggiare i 50 anni di vita della Fondazione La Casa di Varese onlus. Fra queste, la pubblicazione di un libro. Come si noterà da ciò che è scritto sotto, ho molti legami con 'La Casa di Varese', compresa l'amicizia con don Pino Gamalero (in foto). 
Buon anniversario!

Ricordi personali
Vorrei concludere queste pagine con alcuni ricordi personali, immagini di chi non ha mai operato come collaboratore all’interno della Casa ma gli è stato accanto, l’ha conosciuta indirettamente, ha preso parte ad alcuni momenti della sua storia. E mi piace partire dalla piccola chiesa, da quell’ampio locale reso luogo di preghiera. Spesso ci sono salito, durante attimi di pausa del mio lavoro al settimanale Luce, stesso edificio, un paio di piani sotto. Cappella che mi ha visto presente anche alle numerose Sante Messe per Natale e per Pasqua, con i vari prevosti varesini, con il decano don Pino Tagliaferri, con don Gianmario Mariani, con don Marco Casale, ultimo arrivato. Mi piace qui ricordare don Gilberto Donnini, perché mio direttore al Luce, poi prevosto di Varese. E se penso alla piccola chiesa domestica, non posso non rivedere lei, Luciana Pajetta, che quelle celebrazioni contribuiva ad organizzare e a condurre nei canti. Oggi abbiamo il maestro Francesco, sua moglie Roberta e altri cantoni sopraffini.
Sono fra i pochi varesini di area cattolica che non ha preso parte ai Corsi Prematrimoniali a La Casa. Ci sono stati anni nei quali l’Istituto era identificato come il luogo dei Corsi Prematrimoniali. Io e Carla li saltammo, perché dopo anni di gavetta nella Comuntà Shalom don Angelo Morelli garantiva per noi.
Don Pino Gamalero lo lascerei per ultimo, ma no, forse è il caso di parlarne subito. Quando ci siamo conosciuti? Ho lontani ricordi di don Emilio Mauri, qualche immagine, e così don Franco Cardani, un sacerdote che ascoltavo volentieri. Sono troppo giovane per aver conosciuto Monsignor Enrico Manfredini, ma ricordo che ne parlava assai bene mio zio –suo amico- l’architetto Bruno Ravasi, che con il prevosto (poi arcivescovo) contribuì ad abbellire Varese. E don Pino? Forse ci siamo conosciuti grazie al Luce e a una intervista, ma non sono certo. Sono certo invece che mi è parso da subito un sacerdote coraggioso, un prete di frontiera, un po’ ribelle. Chissà perché pensando a lui mi viene in mente don Giuseppe Noli, in quegli anni responsabile della Pastorale del lavoro, oggi in missione. Un prete di quel genere, non facile da incasellare nei ranghi della gerarchia ecclesiale, pedagogista, insegnante, una vocazione adulta, attento alla cultura. Anche a quella locale, non d’alto profilo, tanto che generosamente mi accolse nella sala della Casa, quando agli inizi degli anni Novanta lo contattai per la presentazione di un mio libro di racconti. Non solo fu accogliente ma si dimostrò attento alla mia narrativa, alla mia scrittura, forse perché il mio primo libro si intitolava ‘Papà a tempo pieno’, un argomento a lui gradito. Don Pino: un buon camminatore, ricordo una passeggiata in montagna, al Pian Cavallone. E quel convegno a Borca di Cadore, nel 2006. Venivo come accompagnatore di mia moglie Carla, anche se in verità ne approfittai per andare in bici, con Cris (marito di Simona) al Passo Giau. E poi lui, il presidente, Luigi Mombelli. Ricordo i nostri dialoghi quasi sempre intorno a un tavolo, con un piatto, pane e companatico davanti: perché Luigi, uomo generoso, offriva spesso pranzi e cene ai collaboratori del Consultorio, parenti compresi. E in genere mi aggregavo. Ricordo in particolare una cena per pochi intimi, osteria Al Mattarello di via Del Cairo, cuore di quella Varese che Luigi conosceva bene, nelle persone e negli eventi. Soprattutto la Varese delle banche e quella ecclesiale. Al Mattarello Luigi fu particolarmente ricco sul fronte delle confidenze, mi regalò aneddoti sulla città. C’era anche il fratello Paolo, che oggi ha ereditato il mandato lasciato da Luigi. Per mia fortuna, della Casa ho soprattutto un ‘dolce’ (e salato) ricordo, perché al di là dei momenti di preghiera, solitamente ero invitato al panettone natalizio, alla colomba pasquale e alla cena di inizio estate, quella dove ognuno portava qualcosa da condividere. In quelle occasioni dialogavo soprattutto con il mitico Rino Pajetta, inossidabile, con i coniugi Pevarello, con il dinamico e sempre sorridente Enrico Pellegrini, prof di ginnastica come me, con i Chirillo (lui l’avevo conosciuto in Consiglio comunale), con il già citato presidente Luigi e con il fratello Paolo, con i sacerdoti (compresi i Vicari episcopali) e con don Pino. Fra le immagini, eccoci al mese di giugno del 2008, festa per i 50 anni di Messa di don Pino: una celebrazione nella chiesetta dell’Immacolata Concezione, al prologo del viale delle Cappelle, e una cena al ristorante Prima Cappella: doni al don e al presidentissimo. Ricordo un tramonto spettacolare a Villa Cagnola, durante una Messa e cena nel mese di giugno del 2013: scattai una delle ultime foto, che ritraggono insieme Luciana e Rino. Ma soprattutto vorrei rimarcare ciò che dell’attuale Fondazione conta di più, che valorizza la sua storia, che rende ragione di una festa per i 50 anni. Dovessi sintetizzare le mie impressioni, direi questo: La Casa è un luogo ‘pulito’, negli ambienti (assai curati) e nella idealità, è un luogo di generosità e di competenza, di alta professionalità, un luogo senz’altro al passo coi tempi, capace di rispondere alla sofferenza con la cura adatta, una famiglia allargata, che cerca nella fede in Dio e nella scienza degli uomini risposte e consolazione.   


    

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